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Psr Sicilia
Valorizzare le colture biologiche e tradizionali, ecco il progetto Clean Pistachio

di Agata Imbrogiano

Il progetto Clean Pistachio è stato finanziato dalla Sottomisura 16.1 “Sostegno per la costituzione e la gestione dei gruppi operativi del PEI in materia di produttività e sostenibilità dell’agricoltura” e ha l’obiettivo di valorizzare le colture del pistacchio – biologiche, convenzionali e DOP- e i prodotti trasformati. “Uno dei progetti più interessanti tra quelli finanziati con la Sottomisura 16.1 – ha commentato Antonino Drago, Dirigente dell’Area 3 del Dipartimento Regionale Agricoltura – che ci consentirà di raggiungere l’eccellenza nel panorama internazionale, poiché interviene nel miglioramento della qualità e della salubrità del prodotto, ma anche nella sostenibilità ambientale, precondizioni che permetteranno di stare nei mercati sui segmenti di altissima qualità e garantire livelli di reddito importanti per questo territorio. La Regione Siciliana, con la Sottomisura 16.1, ha finanziato oltre 80 progetti, credendo e investendo molto nella ricerca e nell’innovazione, in quanto strategie vincenti per la Sicilia”.

I partner del progetto sono 9: il Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente dell’Università degli Studi di Catania; l’ente capofila “Cooperativa Produttori Pistacchio Smeraldo Bronte”, 6 aziende agricole siciliane e l’Istituto di Istruzione Superiore Benedetto Radice di Bronte. Lo scopo del progetto è impiegare tecnologie innovative a ridotto impatto ambientale che possano rendere la gestione della coltura ecocompatibile e sostenibile, in modo da ottenere un prodotto finito di elevata qualità.

“L’innovazione tecnologica che il progetto Clean Pistachio trasferisce alle imprese agricole – spiega il responsabile scientifico, Giancarlo Polizzi, docente Di3A – consiste nell’utilizzo di tecniche di difesa a basso impatto ambientale che prevedono l’uso di microrganismi antagonisti-promotori di crescita, induttori di resistenza – di semiochimici, di entomofagi, della pacciamatura, dei mezzi termici e della luce pulsata. Queste metodologie di lotta hanno come obiettivo principale quello di ottenere produzioni salubri, cioè prive di contaminanti tossici e di elevata qualità. L’uso di microrganismi antagonisti, durante tutta la fase di produzione in campo per la lotta alle più dannose malattie funginee del pistacchio e il metodo di sanificazione del prodotto raccolto attraverso l’impiego della luce pulsata in magazzino, sono strumenti utilissimi per il contenimento della carica microbica totale e della produzione di micotossine.”

Queste innovazioni di prodotto e di processo ecosostenibili mirano alla valorizzazione delle produzioni del pistacchio nelle varie fasi del processo produttivo, di stoccaggio e di trasformazione. Infatti, le attività di trasferimento delle innovazioni verranno effettuate non solo sulle giovani piante, ma anche su quelle già esistenti nelle sei aziende agricole e sul prodotto già raccolto, messo a disposizione dell’ente capofila. Nel corso del convegno “Innovazioni di prodotto e di processo in campo e in post-raccolta per la valorizzazione del pistacchio in Sicilia” patrocinato dall’Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali di Catania e organizzato dai partner di progetto svoltosi a Bronte (Catania) si sono discussi i risultati ottenuti dalle imprese partner sul prodotto grazie alle tecniche innovative utilizzate trasferite loro dai ricercatori del dipartimento Di3A dell’Università di Catania.

“Siamo in pieno svolgimento di quasi tutte le azioni progettuali e stanno per prendere avvio anche le azioni relative alla valutazione economica di ciò che si sta realizzando – ha sottolineato la innovation broker, Marzia Signorello – possiamo tracciare, inoltre, un bilancio positivo anche per quanto concerne la sinergia che si è creata tra il mondo della ricerca, le aziende e la scuola”. In Italia, in totale si producono circa 300 mila tonnellate di frutta in guscio all’anno. Noci e nocciole sono presenti lungo tutta la Penisola italiana. Mandorle e pistacchi sono invece tipici del sud Italia con Puglia, Calabria e Sicilia in testa. Pur avendo registrato questo incremento di superfici e produzioni rimane molto forte l’apporto di prodotto estero in quanto la produzione italiana non riesce a coprire la domanda. Dai dati Istat del 2017 si evince che le superfici a pistacchio in Italia non superano i 4.000 ettari per una produzione di poco meno di 40 mila quintali concentrati quasi esclusivamente in Sicilia.

In base ai dati dell’Inc-International Nut and Dried Fruit Council Foundation pubblicati nel 2017, e che fanno riferimento al periodo 2015/2016, la produzione mondiale di frutta secca a guscio si è attestata sui 4,2 milioni di tonnellate (+11% rispetto al periodo 2014/2015). Il prodotto che ha registrato il maggior volume è la mandorla con 1,18 milioni di tonnellate, seguito dalla noce con 854 mila tonnellate, il pistacchio fa registrare valori di 762 mila tonnellate. Tra i Paesi la leadership è degli Usa, con una quota di produzione sul totale del 42%. Seguono a distanza la Cina con il 10%, la Turchia con il 10%, l’Iran con il 6% e l’India con il 4%.

Giancarlo Polizzi

“La coltivazione biologica – aggiunge il responsabile scientifico, Giancarlo Polizzi – è in ascesa in quanto il consumatore ormai è sempre più attento alla qualità di ciò che mangia e alla propria salute, anche i consumi di frutta a guscio negli ultimi anni hanno seguito queste scelte e infatti sono notevolmente aumentati. Sicuramente la frammentazione dell’offerta non ha la forza contrattuale che invece potrebbe aversi da una più efficiente organizzazione dei produttori, ma più che alla creazione di un marchio Sicilia è fondamentale che vengano fatte scelte tali da valorizzare la filiera della frutta in guscio nel suo complesso sia da un punto di vista strutturale che commerciale, mantenendo le individualità geografiche che qualificano i territori di appartenenza”. In Sostanza, per Polizzi “è necessario che tutti gli operatori del comparto siano messi nelle condizioni sia di coltivare, ma anche di mezzi tecnici e strutture adeguate alla raccolta, conservazione e commercializzazione, secondo parametri di qualità differenziati e rispondenti alle richieste articolate”.

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