Terrà

L'intervista
La sfida di creare nuovi vini rossi: l’approccio all’innovazione dell’enologo Diego De Filippi

di Giacomo Alberto Manzo*

E’ diventato enologo per caso, lavorando inizialmente in una cantina per guadagnare durante gli studi. Ma ben presto, Diego De Filippi, ha scoperto la passione per il settore. Dopo aver studiato Viticoltura ed Enologia, ha lavorato in diverse cantine e aziende, sviluppando competenze tecniche e commerciali. Oggi è consulente enologico, occupandosi di gestione dei vigneti, raccolta e produzione del vino, oltre a marketing e comunicazione.

Le sue principali responsabilità includono il controllo dell’intero processo produttivo, con particolare attenzione alla scelta delle uve e all’evoluzione del mercato. Tra le sfide del settore, secondo l’enologo, vi è la necessità di rimanere aggiornati sulle tendenze e innovare senza perdere il legame con la tradizione. Attualmente, nota una crescente domanda di vini bianchi e leggeri. E per chi vuol fare l’enologo, De Filippi enfatizza l’importanza dello studio e della pratica.

Come è diventato enologo?

“A differenza di molti miei colleghi che, per tradizione familiare, hanno legami con il settore enologico, io ho scelto la professione di enologo quasi per caso. Dopo essermi diplomato all’Istituto Tecnico Agrario “Abele Damiani” di Marsala, sognavo di diventare docente e per questo iniziai a seguire i corsi di laurea presso la Facoltà di Agraria a Palermo. Questa fase durò poco: durante le estati, per guadagnare qualche soldo, lavoravo occasionalmente come operaio in una cantina a Trapani. Fu in quel periodo che mi appassionai al settore enologico e decisi di trasferirmi al corso di laurea in Viticoltura ed Enologia a Marsala, per studiare e diventare enologo”.

Quali sono le sue principali responsabilità nel processo di produzione del vino?

“All’inizio della mia carriera ho accumulato molta esperienza lavorando in diverse cantine sociali, in prestigiose realtà private, in uno studio di consulenza enologica e, comunque, a stretto contatto con il settore viticolo. Successivamente, ho gestito il settore tecnico, ricerca e sviluppo per una rinomata azienda di biotecnologie a livello nazionale. Quest’anno ho deciso di mettere a frutto l’esperienza maturata, intraprendendo l’attività di consulente aziendale nel settore enologico. Offro quindi consulenze tecniche, con un focus particolare sulle pratiche di gestione dei vigneti, sui tempi di raccolta delle uve e sui processi di trasformazione. Inoltre, mi occupo anche di aspetti legati all’organizzazione, al marketing, alla comunicazione e alla commercializzazione. Oggi, il ruolo dell’enologo in un’azienda è più che mai cruciale. Le sue funzioni abbracciano tutti i settori del comparto viti-enologico e la responsabilità del processo produttivo dipende in gran parte dalle sue competenze e dal suo background personale”.

Come sceglie le uve per la vinificazione?

“Rispondere a questa domanda con ‘dipende dal tipo di vino da produrre’ sarebbe ideale, ma la realtà è più complessa. La scelta è influenzata da molti fattori, e oggi più che mai, il clima è diventato il fattore predominante. In generale, nella mia azienda, monitoro i vigneti e, in base all’annata, scelgo il momento ottimale per la raccolta. Tutto questo è finalizzato a produrre lo stile di vino desiderato”.

Le sfide più comuni che incontra nel suo lavoro?

“Il settore enologico è fortunatamente molto attivo e dinamico. È quindi essenziale rimanere aggiornati, continuare a studiare, monitorare le tendenze del mercato e cercare di anticipare le esigenze dei consumatori, comprendendo mode e tendenze. La sfida più grande potrebbe essere quella di creare un nuovo stile enologico, una novità che anticipi, per quanto possibile, i rapidi cambiamenti del mercato e dei consumatori”.

Le tendenze nel mondo del vino?

Diego De Filippi

“Da anni ormai i consumatori richiedono vini semplici da bere con una gradazione alcolica inferiore a quella degli anni precedenti. La moda dei super vini rossi sembra terminata, se non per alcune tipologie di vini storiche. Ho costatato che la richiesta del vino bianco è in crescita rispetto al vino rosso, direi un po’ l’opposto di quanto accaduto negli anni 2000. Continua la tendenza a consumare vini spumanti e frizzanti. Infatti, da anni si osserva come il fenomeno Prosecco abbia dato un forte impulso alla produzione e ai consumi delle predette tipologie. Oggi, probabilmente, una nuova tendenza potrebbe essere quella di creare un nuovo stile di vini rossi, leggeri, freschi, facili da bere, da poter conservare in frigo e bere freddi. Con un po’ di accorgimenti tecnici, si può provare a produrre un nuovo stile di vini rossi, andando a sostituire i vini novelli. Questi ultimi, del tutto spariti dallo scenario enologico negli ultimi anni”.

Come bilancia tradizione e innovazione?

“L’enologia italiana, come quella francese, è fortemente radicata nella tradizione. Un esempio significativo è il tappo a vite, che, nonostante sia pratico e tecnicamente avanzato, oltre a rappresentare la migliore chiusura per la qualità dei vini (soprattutto per quelli d’annata), è ancora percepito in Italia e in Francia come una novità futuristica. Al contrario, in molte altre parti del mondo, è ampiamente utilizzato da numerosi produttori. In Italia, spesso, è una sfida trovare un equilibrio tra tradizione e innovazione. Io cerco di rimanere profondamente legato al territorio, esaltando le caratteristiche delle cultivar e adottando tecniche moderne, riducendo al minimo l’uso di coadiuvanti che potrebbero alterare il prodotto finale”.

I suoi vini preferiti?

“Non ho un vino preferito, ma ci sono due cultivar che amo particolarmente: il Pinot Nero e il Riesling. Entrambe le varietà possono dare vita a vini straordinari, sia da bere subito che dopo lunghi affinamenti. Sono due varietà elastiche e duttili, utilizzabili per produrre svariate tipologie di vini. Basti pensare che il Pinot Nero è spesso usato come base per numerosi spumanti o per la produzione di eccellenti vini rossi. Inoltre, vinificare queste uve rappresenta una grande sfida. Ammiro alcuni colleghi enologi e aziende che, anno dopo anno, riescono a produrre e proporre grandi vini con queste due varietà”.

Come valuta la qualità di un vino?

“Valutare la qualità di un vino non è sempre semplice, poiché la qualità è un parametro astratto che dipende da molte variabili, come il territorio, l’annata e la tipologia. Ad esempio, un vino rosso con un colore scarico può essere eccellente se prodotto da Pinot Nero o Nebbiolo, ma lo stesso parametro applicato a un Montepulciano d’Abruzzo difficilmente indicherebbe un vino di alta qualità. Non potendo conoscere sempre tutti i territori e le varie sfaccettature delle zone produttive, quando degusto un vino mi concentro su aspetti tecnici come l’eleganza, la pulizia olfattiva e la nettezza e purezza del frutto. Questi sono parametri qualitativi che possono essere ricercati in tutte le tipologie di vino e per ogni profilo”.

Consigli a chi vuole diventare enologo?

“Mi vengono in mente le parole di mio padre: studiare! Avere una solida preparazione di base è essenziale, senza dimenticare l’importanza della pratica. È utile trascorrere qualche anno in campagna e in cantina per comprendere a fondo i processi e le dinamiche del settore e della professione. Il mondo del vino è affascinante e complesso: richiede un confronto costante con diverse persone e in vari contesti, come la campagna, la cantina, la promozione e il marketing. Quindi, il consiglio che posso dare a un giovane è di non limitarsi solo alle tecniche di produzione, ma di considerare il mondo vitivinicolo a 360 gradi”.

La sua esperienza più memorabile?

“Non ho un ricordo specifico, ma il mondo del vino mi ha regalato molte soddisfazioni. Se devo citarne una, ricordo che nel 2009, quando le cantine che vinificavano e imbottigliavano il Grillo in purezza erano pochissime, durante un’intervista dissi che il Grillo sarebbe stato la cultivar della ‘rivalsa’. All’epoca, la mia affermazione sembrò ambiziosa e forse folle a molti (la maggior parte delle aziende puntava su cultivar internazionali o sul Moscato), ma dopo 15 anni, non penso di essermi sbagliato di molto. I risultati sono sotto gli occhi di tutti”.

*Enologo

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