Il provvedimento
Crisi idrica, la Sicilia sotto pressione: Schifani ora chiede l’intervento di Roma
La situazione meteorologica degli ultimi mesi in Sicilia ha comportato che i volumi d’acqua negli invasi sono sotto il livello di guardia impedendo notevoli problemi per la dotazione idrica per soddisfare le esigenze potabili dei cittadini, nonché una regolare irrigazione dei terreni per sostituire la mancanza delle piogge e per garantire l’abbeveraggio della zootecnia siciliana. Marzo scorso, è stato il settimo mese consecutivo che ha fatto registrare precipitazioni inferiori alla norma, con un deficit di circa 300 millilitri d’acqua.
E così il governo Schifani ha avanzato la richiesta di dichiarare lo stato di emergenza nazionale a causa della crisi idrica. Questa decisione è stata presa in risposta al prolungato periodo di siccità e alla significativa diminuzione delle riserve di acqua in tutta la Sicilia. L’obiettivo principale di questa misura, che ora dovrà essere ratificata dal Consiglio dei ministri, è assicurare l’approvvigionamento di acqua potabile per i cittadini e garantire un adeguato rifornimento idrico per i settori agricolo e zootecnico, nonché per le imprese coinvolte nei cantieri sull’isola.
Il governatore
“La siccità in Sicilia sta diventando drammatica – dice il presidente della Regione, Renato Schifani -. Sono state messe in campo una serie di azioni per mitigare la crisi, aiutando i settori produttivi e limitando i disagi ai cittadini, ma servono anche urgenti interventi statali per operare su reti e sistemi di approvvigionamento idrico e per sensibilizzare i cittadini a un uso più razionale della risorsa. Inoltre, sono necessari sgravi fiscali e contributivi, moratorie e sospensione di adempimenti per le imprese del settore agricolo e zootecnico che sono in gravissima difficoltà”.
Stima dei danni
La carenza delle piogge nello scorso autunno e le temperature anomale, permanentemente al di sopra della norma, hanno determinato un doppio stress fisiologico, termico e idrico, accentuato dall’anomala domanda evapotraspirativa dell’atmosfera, che ha accelerato lo svuotamento degli invasi e dei laghetti collinari utilizzati dagli agricoltori e dagli allevatori. L’analisi del contesto produttivo siciliano porta a una stima delle perdite comprese tra 1 e 2,7 miliardi di euro a seconda delle precipitazioni che dovessero verificarsi o meno nei mesi di aprile e maggio 2024.
I primi interventi da fare
Una relazione indica interventi a breve e a medio termine per mitigare la crisi. Interventi che prevedono la riduzione dei consumi delle utenze idropotabili, lavori da effettuare sugli invasi, campagne di informazione e sensibilizzazione per il risparmio, interventi per reperire risorse alternative (come dissalatori mobili e navi con moduli dissalativi), acquisto di autobotti e silos per la distribuzione in luoghi pubblici, utilizzo di pozzi e sorgenti, riparazione di reti idriche, ammodernamento degli impianti di dissalazione nei siti dismessi di Porto Empedocle, Paceco-Trapani ed eventualmente anche Gela.
Il costo delle azioni a breve termine è di 130 milioni di euro, mentre di quelle a medio termine è di 590 milioni di euro. Va ricordato che la Regione, nelle scorse settimane, aveva già dichiarato lo stato di crisi idrico sia per l’uso potabile che per quello agricolo-zootecnico, nominando anche due commissari. Per i settori produttivi interessati sono state avviate le procedure per provvedimenti per circa 5,5 milioni di euro che prevedono sgravi dai canoni dei consorzi di bonifica e misure di semplificazione amministrativa. È stato costituito anche un Osservatorio regionale sugli utilizzi idrici per monitorare costantemente lo stato degli invasi e delle riserve di acqua.
L’assessore
“La situazione è estremamente delicata e ne siamo consapevoli, ma siamo altrettanto determinati ad affrontarla come dimostra il lavoro incessante del presidente Schifani” ribadisce l’assessore regionale all’Agricoltura, Luca Sammartino che traccia uno scenario non certo roseo. “Le previsioni meteorologiche per le prossime settimane e l’arrivo degli anticicloni africani sperimentati già a Pasqua, – aggiunge Sammartimo – non fanno ben sperare per il futuro prossimo. Rischiamo la compromissione e la perdita definitiva delle colture permanenti (agrumi, frutta, vigne) e la moria diffusa del bestiame, con i conseguenti problemi di ordine sanitario”.
Secondo Sammartino, “la dichiarazione di emergenza nazionale ci consentirebbe di mettere in campo misure essenziali per il comparto agricolo: sgravi fiscali e contributivi, moratorie e sospensione di mutui e adempimenti per le imprese del settore agricolo e zootecnico in difficoltà, la sospensione dei contributi di bonifica, considerato che le dighe non hanno l’acqua per irrigare, e la possibilità di attivare le deroghe comunitarie previste per i piani strategici della Pac e i Piani di sviluppo Rurale e dei contributi Inps”.
La relazione a supporto alla richiesta dello stato di emergenza nazionale, evidenzia che questo scenario climatico “mette seriamente a rischio il sistema agricolo ed agroalimentare della Sicilia”, regione specializzata nell’agroalimentare che si caratterizza per il forte legame tra la materia prima agricola e il prodotto agroalimentare. La Sicilia è tra le regioni d’Italia con le maggiori superfici agricole utilizzate (1,342 milioni di ettari), il numero di aziende attive nel settore (142.416 aziende) e gli ettari destinati ad agricoltura biologica (338.000) importanti per i target del Piano strategico Italiano della Pac 2023-2027.
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