Lo studio
Cenere vulcanica da rifiuto a fertilizzante a basso costo: la sfida siciliana
La cenere vulcanica è un potente fertilizzante inorganico che potrebbe cambiare le sorti dell’agricoltura e dell’economia isolana. Lo dimostra uno studio coordinato da Mario Pagliaro, ricercatore dell’Istituto per lo Studio dei Materiali Nanostrutturati del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) di Palermo. “La cenere vulcanica è un fertilizzante naturale eccezionale, un fatto scoperto già ai tempi di Plinio il Vecchio: negli ultimi trent’anni grazie agli strumenti della chimica abbiamo scoperto il perché – spiega a Terrà lo stesso Pagliaro -. Si tratta di un fertilizzante inorganico, dunque fatto di minerali: piccole quantità nel terreno attivano gli enzimi e li nutre di elementi chimici preziosi consumati dalle piante come il ferro e il nichel”.
La cenere vulcanica nutre gli enzimi e non le piante quindi ne basta una piccola quantità per ottenere il massimo risultato. “Gli enzimi vivificano il terreno e le colture risultano enormemente migliorate”, afferma ancora Pagliaro. Ad oggi, a beneficiare delle proprietà fertilizzanti delle cenere vulcanica sono soprattutto le aziende del settore florovivaistico e di coltivazione in serra. Diverso il caso del settore agricolo per via di una serie di “vincoli di ordine giuridico”. La cenere è catalogata come rifiuto e non può essere raccolta e venduta da un’azienda come fertilizzante inorganico.
“Da anni la comunità scientifica catanese chiede una legge nazionale per riclassificare la cenere lavica da rifiuto (che non è) a fertilizzante inorganico – argomenta Pagliaro – eppure questa legge non arriva sebbene la cenere vulcanica sia utilizzata in tutto il mondo dal Giappone agli Stati Uniti”. Il ricercatore fa notare però che la Sicilia, che in virtù dello Statuto è titolare unico in campo di minerali, potrebbe trovare la chiave di volta bypassando il livello nazionale.
“La Regione potrebbe agire promuovendo una legge sull’economia circolare della cenere lavica e stabilendo, alla luce degli studi scientifici, che non è un rifiuto ma un potente fertilizzante”, dice. Un’operazione che consentirebbe di risparmiare i salatissimi costi destinati allo smaltimento della cenere lavica che non può andare in discarica. E non solo. La cenere dell’Etna potrebbe, inoltre, essere esportata in tutto il mondo garantendo alte ricadute economiche. “Una fonte di ricchezza spaventosa completamente sprecata”, chiosa Pagliaro.
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