Terrà

I numeri del comparto
Clima e prodotti adulterati, l’apicoltura a rischio collasso. Occhio al “miele non miele”

Api, un tesoro prezioso che oggi più che mai è a rischio, a causa dell’inquinamento e della crisi climatica. A prendersi letteralmente cura di loro sono gli apicoltori che, allevandole, salvaguardano la loro esistenza, oggi sempre più compromessa. Del resto un mondo senza api sarebbe un mondo invivibile, perché questi insetti che per molti sono solo produttori di miele, ogni giorno ci permettono di nutrirci dei frutti della terra grazie all’impollinazione. In Sicilia, al 2023, sono circa 140mila gli alveari, per un totale di 3596 aziende registrate alla banca dati regionale, di cui 2332 con oltre 10 alveari, di questo calderone 440 allevatori sono iscritti all’Aras, l’Associazione regionale apicoltori siciliani, per un totale di più di 42mila alveari, apicoltori uniti con lo scopo di valorizzare le produzioni apistiche, difendere l’apicoltura e autotutelarsi.

Il panorama apistico siciliano vede un concentramento di alveari tra le province di Siracusa e Catania, come spiega Antonino Coco, presidente Aras: “Spiccano il polo di Zafferana e quello etneo, e a seguire c’è tutta l’apicoltura iblea che insiste sia sulla provincia di Siracusa che su quella di Ragusa”. Zone da sempre culla dell’apicoltura siciliana. La storia racconta infatti che già all’epoca dei romani città come Megara Iblea coniavano monete sulle quali era presente il motivo dell’ape e ancora la tradizione dei fasceddi di Ferula (Ferla), arnie tradizionali. L’apicoltura ha subito uno stravolgimento tra gli anni ’70 e ’80, travolta dalla modernità e dal fatto che lo sviluppo industriale ha levato manodopera facendo svuotare le campagne, con un contestuale cambiamento del prezzo dello zucchero diventato sempre più competitivo.

I numeri

In Sicilia, al 2023, sono circa 143.220 gli alveari, per un totale di 3596 aziende registrate alla banca dati regionale, di cui 2332 con oltre 10 alveari

“Nei decenni le api hanno superato delle proprie tempeste – racconta Coco – ma adesso viviamo una situazione globale che qui in Sicilia ha ulteriori criticità. Le grandi aziende non hanno venduto gran parte del miele prodotto e questo si deve al fatto che sul mercato la fa da padrone quello che gli addetti ai lavori definiscono “miele non miele”, un prodotto adulterato che entra a prezzi incredibilmente bassi, si parla di 2 euro al chilo contro i 7,5/9 del miele puro. Un prodotto il cui know how si deve alla Cina, ma che oggi viene prodotto da altri paesi del mondo, a cominciare dall’India che ne è grande esportatore”

Antonino Coco

La crisi ambientale non aiuta e gli apicoltori sono in prima linea. Le cartine siciliane della siccità dicono poi che la zona tra Catania e Siracusa, quella con più alveari è stata quella che ha visto meno pioggia e la situazione diventa dunque particolarmente critica. Gli apicoltori devono quindi lavorare per evitare una moria di api. Le ripetute ondate di calore degli ultimi anni hanno causato la scomparsa di intere famiglie, per questo gli apicoltori si preparano già adesso alla transumanza, una vera e propria fuga verso posti più freschi, per lo più montagne con boschi.

“Una volta si arrivava fino in Calabria – spiega Coco – ma con l’arrivo della Aethina tumida, il cosiddetto coleottero dell’alveare proveniente dal Sud africa, parassita che fa ammalare le api, questo tipo di transumanza è stato vietato. Naturalmente per le api lo spostamento è uno stress, ma ne determina anche la salvezza e la transumanza ha una tradizione lunga nei secoli. Una volta gli agricoltori viaggiavano per giorni a dorso di mulo o sui carretti, trasportando le arnie”. In Sicilia, in quanto a specie di api, esiste un vero e proprio melting pot. Tante le sottospecie entrate negli ultimi trent’anni.

Ultimamente si sente poi parlare dell’ape nera siciliana, diventata anche presidio Slow Food: “Siamo contenti della valorizzazione di questa risorsa che è indubbiamente elemento di biodiversità, ma ci sono ancora pochissimi studi scientifici e, come Aras, ci piacerebbe che si approfondisse meglio per evitare che la sua tutela comprometta i diritti di pascolo delle altre api”. Sul fronte legislativo, la legge regionale che tutela le api è del 1995 e andrebbe sicuramente rivista, tenuto conto delle nuove necessità. “Attendiamo anche che a livello europeo si approvi la cosiddetta direttiva breakfast che tuteli il miele tanto da obbligare a indicare sull’etichetta le provenienze dei singoli prodotti”.

Un supporto grande viene dal lavoro dell’assessorato regionale all’Agricoltura, spiega Coco: “Quest’anno si è mosso per tempo dandoci uno strumento che premia gli apicoltori che mantengono gli alveari in determinate aree di interesse, inoltre grazie all’OCM miele sono state aumentare le risorse a nostro vantaggio con un intero quinquennio di programmazione. Un importante ammortizzatore per gli apicoltori siciliani”. Se la categoria dovesse chiudere si verificherebbe una vera e propria tragedia ambientale, tragedia che di fatto è già in atto perché le piante producono meno nettare e le api in una giornata fanno molta più fatica a procurarsi la dose giornaliera. Piante che hanno sete non sono piante ricche di nettare.

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