Terrà

L'indagine
Scaffali dominati da marchi nazionali: la sfida della pasta siciliana per guadagnare spazio

In Sicilia i pastifici industriali stentano a mantenere il proprio segmento di mercato. Negli anni Ottanta in Sicilia operavano 41 pastifici industriali. Purtroppo, oggi questi si sono ridotti a soli 4 impianti. E pur se nascono nuovi piccoli pastifici artigianali questi non riescono a drenare le importanti produzioni di grano duro prodotto nella regione, determinando la necessità di indirizzare le “eccedenze” verso mercati extraregionali per carenza di impianti di trasformazione.

Ma a risultare un vero e proprio paradosso è il fatto che, pur essendo i siciliani i maggiori consumatori di pasta al mondo, i supermercati dell’isola sono dominati da brand realizzati fuori dalla regione. Malgrado i principi di sostenibilità ambientale delle forniture vedrebbero nelle produzioni a chilometro zero quelle meno impattanti sull’ecosistema, in termini di “impronta di carbonio”, i famosi marchi nazionali riescono ad occupare sugli scaffali dei supermercati una superfice espositiva di gran lunga superiore a quella dei marchi regionali. Recentemente il Consorzio di Ricerca Gian Pietro Ballatore ha effettuato un’indagine esplorativa su un campione rappresentativo di supermercati, ipermercati e minimarket della città di Palermo, con l’obiettivo di quantificare l’entità della pasta siciliana esposta rispetto ai marchi non regionali.

Il risultato ha rivelato che solo due pacchi su dieci sono prodotti da impianti presenti in Sicilia. La restante parte della merce muove un’economia extraregionale. Naturalmente il mercato ha le proprie leggi e come già annotava Giuseppe Pitrè sulla pasta, c’è “cu a voli cotta e cu a voli crura”, e quindi è il consumatore che definisce le preferenze del prodotto da acquistare. Per questo motivo il Consorzio di Ricerca Ballatore, sotto l’indirizzo del Dipartimento Agricoltura della Regione Siciliana, sta investendo tempo e progetti per valorizzare la pasta siciliana e per impostare un percorso di riconoscimento dell’identità di questo prodotto.

Un primo obiettivo è stato raggiunto con la produzione della prima Pasta certificata con il marchio Qualità Sicura garantita dalla Regione Siciliana, ma altri progetti sono in corso e coinvolgono un ampio ventaglio di rappresentanti della filiera cerealicola. Tra questi il Distretto Produttivo Cereali Sicilia che raggruppa oggi un centinaio di aziende della filiera cerealicola siciliana, dalla produzione primaria alla trasformazione e che ha come obiettivo primario l’implementazione di percorsi di cooperazione finalizzati al sostegno e alla tutela di uno dei più importanti comparti dell’agroalimentare siciliano.

Tra storia e leggenda

La Sicilia è una terra di bellezza, ricca e complessa. Uno dei contesti nei quali è possibile identificare pezzi di questa bellezza è la cultura gastronomica regionale che ha permesso alla Sicilia di ottenere da parte del prestigioso International Institute of Gastronomy, Culture, Arts and Tourism (IGCAT) il riconoscimento per il 2025 di Regione Europea della Gastronomia (Region of Gastronomy Award).

A ponente di Termini è un abitato che s’addimanda ‘At Tarbi ‘ah (<< la quadrata>>, comune di Trabia): incantevole soggiorno; [lieto] d’acque perenni che [danno moto a] parecchi molini. La Trabia ha una pianura e de’ vasti poderi ne’ quali si fabbrica tanta [copia di] paste da esportarne in tutte le parti, [specialmente nella] Calabria e in altri paesi di Musulmani e di Cristian: che se ne spediscono moltissimi carichi di navi.”

– Così Michele Amari ci racconta gli scritti di Idrisi

Nella foto, la famosa Discesa dei Maccheronai, una strada nella quale un tempo operavano le botteghe artigiane che preparavano ed essiccavano la pasta

cccccccccc

Uno degli attori protagonisti di questo importante patrimonio è certamente la pasta, prodotto identitario, espressione della filiera locale del grano duro, che in Sicilia ha radici antiche. In merito alla pasta siciliana è possibile raccontare un interminabile storytelling che, svincolandosi dall’insidia della mera autocelebrazione, rivela, fonti alla mano, quanto questo alimento possa essere legato al territorio, con piatti e preparazioni gastronomiche espressione della più elaborata creatività.

Con riferimento alla pasta siciliana, esistono evidenze storiche ampiamente raccontate negli scritti di storiografi, studiosi e cultori della materia. A partire da El Idrisi, geografo arabo che ci attesta nel 1100 in Sicilia la primogenitura storica della pasta secca.

Interessante rilevare come a quei tempi il prodotto, che veniva esportato in giro per i paesi del Mediterraneo cominciava a raccontare, viaggiando, la cultura del paese da cui proveniva ed il potenziale identitario che oggi la pasta riscuote nel mondo. Ma in realtà la Sicilia non è solo la prima regione nella quale venne sperimentata la prima produzione della pasta secca. È anche la regione dove nascono le prime corporazioni di mastri pastai e dove nel XVI secolo vengono prodotti i primi “maccarroni”.

Giuseppe Pitrè scriverà poi nella seconda metà del 1800 che benché nel XVIII secolo fossero i napoletani ad essere identificati come mangiamaccheroni, ancora prima, nel XVII secolo, questo appellativo era riservato ai siciliani, a ragione del fatto che il legame tra la pasta e la Sicilia era forte e ben definito; così come forte e definito questo legame è ancora adesso. Per esempio, ancora oggi esiste a Palermo, nei pressi del mercato della Vucciria, la famosa Discesa dei Maccheronai, una strada nella quale un tempo operavano le botteghe artigiane che preparavano ed essiccavano la pasta.

Inoltre, come è noto, i siciliani sono il popolo che consuma più pasta al mondo. Si stima che il consumo medio superi i 40 Kg pro-capite/anno, a fronte di una media in Italia, paese che già detiene il primato mondiale dei consumi, che si attesta intorno al 23 chilogrammi pro-capite/anno. Quanto sopra riportato giustifica le ragioni per implementare un percorso di riscoperta e rilancio del valore associato alla pasta siciliana. In realtà le evidenze storiche e identitarie non riguardano solo il prodotto finito ma anche la materia prima utilizzata per produrla: il grano duro siciliano.

La sua qualità era nota nel mondo antico ed era già decantata da Cicerone e da Plinio il vecchio. Così come anche la mitologia ci racconta come l’alternarsi delle stagioni e lo scandire della maturazione dei raccolti sia il frutto di un “accordo” ottenuto da Cerere, dea della fertilità dei campi, per rivedere la figlia Proserpina, rapita sulle sponde del lago di Pergusa ad Enna da Plutone, dio degli inferi.

di Giuseppe Russo, biologo ricercatore Consorzio di Ricerca Gian Pietro Ballatore e presidente Distretto Produttivo Cereali Sicilia e Bernardo Messina, agronomo ricercatore Consorzio di Ricerca Gian Pietro Ballatore

©RIPRODUZIONE RISERVATA





Vuoi ricevere gli aggiornamenti di Terrà per email?

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

Post a Comment