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Il pomodoro ‘siccagno’ di Valledolmo: il fiore all’occhiello dell’azienda agricola La Placa
di Agata Imbrogiano
L’azienda agricola La Placa nasce negli anni ’80 per volontà di Salvatore La Placa che eredita i possedimenti dal padre. Oggi, l’attività, specializzata in colture erbacee e colture orticole, si estende su circa 60 ettari nel territorio di Valledolmo e nelle zone limitrofe di Polizzi Generosa, Sclafani Bagni e Vallelunga Pratameno. In questi luoghi della Sicilia, esattamente nel Palermitano, i terreni sono vocati alla coltivazione di ortaggi e soprattutto al pomodoro “siccagno”, essendo ricchi di argille e particolari sabbie che consentono un’ottima autoregolazione idrica del suolo. Una realtà aziendale gestita da Salvatore La Placa, e i suoi figli Antonio, 39 anni, e Giuseppe, 37 anni, entrambi periti commerciali che hanno deciso di seguire le orme del padre dedicandosi all’agricoltura.

Tra crisi economica e cambiamento climatico i La Placa hanno dato una svolta all’azienda: chiudere la filiera al fine di ottenere il massimo risultato dall’eccellente materia prima. Nasce così il marchio Kassàro Bontà & Tradizione un progetto sbocciato nel 2018 voluto dai fratelli Antonio e Giuseppe al fine di apportare innovazione in azienda nel modo di porsi sul mercato con l’obiettivo di commercializzare prodotti tradizionali ottenuti dalle lavorazioni e proporre prodotti che avessero le stesse caratteristiche delle conserve fatte in casa.
Antonio, che nello specifico è il titolare della Kassàro Bontà&Tradizione, spiega a Terrà che l’origine del nome dato all’azienda indica la contrada (Kassàro) dove si trova la prevalenza dei terreni agricoli posseduti dalla sua famiglia La Placa; Bontà perché le conserve vengono prodotte “con materie prime eccellenti, richiamando le tradizioni culinarie dei nostri genitori e dei nostri nonni”. L’impianto riproduce fedelmente il metodo del “fatto in casa”, con lo stesso pensiero e procedimento ma con macchinari all’avanguardia e di alta produttività. L’azienda dal 2021 è stata riconosciuta in regime biologico poiché sui terreni, a seguito delle analisi chimico fisiche, non sono stati rilevati fertilizzanti di sintesi. Il cuore pulsante dell’attività è il pomodoro “siccagno” che viene coltivato senza essere irrigato.
Questa metodologia consente al frutto di preservare le caratteristiche organolettiche eccezionali e un gusto inimitabile. Il nome siccagno deriva, appunto, dal metodo di coltivazione che non prevede irrigazione. “La piantagione viene irrigata soltanto al momento del trapianto ovvero quando la piantina viene messa a dimora con poco più di un bicchiere d’acqua – prosegue Antonio – e dopo ci affidiamo a quello che ci manda il cielo”. La cultivar prevalente di pomodoro siccagno è la brigade, una varietà di pomodoro che si presta bene sui terreni argillosi a un’altitudine media di 700 m sul livello del mare. Il siccagno si presta bene ad alte temperature e fortunatamente il cambiamento climatico, pur avendo notevolmente inciso sulle quantità prodotte, non ha gravato sulla qualità delle bacche.
Le lavorazioni principali di questa coltura consistono in delle erpicature interfilari, che possono essere attuate manualmente con la motozappa o meccanizzate con trattori cingolati quando le pendenze dei terreni rendono troppo rischioso e/o difficoltoso l’uso della motozappa, in entrambi i casi queste vengono seguite da zappature manuali “rincalzature” a ridosso delle piante. Il periodo di raccolta del siccagno va da agosto a metà ottobre e si produce su circa 20 ettari in rotazione con le altre colture. Nonostante le alte temperature estive il particolare clima della zona consente all’aria di mantenere un corretto grado di umidità, adatto alla crescita dei pomodori. Questo tipo di coltivazione inoltre riduce al minimo la necessità di concimazione e di somministrazione di antiparassitari. Il particolare metodo produttivo, infatti, gli consente di avere un basso apporto calorico ma elevati livelli di vitamine e antiossidanti.