Terrà

Sicilia prima regione
Dalla quinoa al luppolo, colture alternative che cambiano il volto dell’agricoltura siciliana

di Dario Cataldo

Per restare sul pezzo rispetto ad un settore che cambia freneticamente, anche l’agricoltura siciliana è in continua evoluzione. Di fronte a una crisi economica, sociale e ambientale che mette a dura prova il settore primario, molti imprenditori agricoli cercano di innovare e diversificare le loro produzioni, puntando su colture alternative che possano garantire maggiori margini di reddito e soddisfare le esigenze di un mercato sempre più esigente e dinamico.

Si tratta di colture che spaziano dalla frutta tropicale alla quinoa, dall’avocado alla canapa, dalle piante aromatiche officinali al bambù, dal luppolo alle baby leaf in vertical farming, dalle bacche di goji al kiwi giallo, dall’alga spirulina al caffè. Sono produzioni che richiedono competenze specifiche, investimenti adeguati, assistenza tecnica e normativa, ma che offrono anche opportunità di valorizzazione del territorio, di creazione di filiere corte e di qualità, di tutela della biodiversità e dell’ambiente. Secondo un report de Il Sole 24 Ore, ad oggi sono oltre 500 gli ettari piantati con frutti tropicali, aumentati di 60 volte nel giro di appena cinque anni. La Sicilia è la prima regione italiana che ha diversificato la produzione con coltivazioni di avocado e mango tra la fascia tirrenica del palermitano e messinese, l’Etna e Acireale, ma anche frutto della passione, zapote nero, sapodilla e litchi. È comunque utile specificare che non tutto il territorio siciliano è vocato alla coltivazione delle piante tropicali.

La Sicilia è la prima regione italiana che ha diversificato la produzione con coltivazioni di avocado e mango

L’ambiente pedoclimatico più adatto è caratterizzato da un clima mite, tanta disponibilità irrigua, da un terreno sabbioso e venti poco incisivi. Secondo il Sistema Informativo Territoriale per l’agricoltura della Regione Siciliana, nel 2019 la superficie coltivata a quinoa era di circa 100 ettari, concentrati principalmente nelle province di Agrigento, Caltanissetta e Trapani. La produzione media era di circa 1,5 tonnellate per ettaro. Secondo un rapporto dell’Istat, nel 2019 la superficie coltivata a canapa industriale era di circa 300 ettari, con una produzione di circa 1.000 tonnellate. La provincia con la maggiore estensione era quella di Ragusa, con il 40 per cento della superficie regionale. Questi dati sono supportati dallo studio di Coldiretti sui cambiamenti climatici, che registra un incremento boom del “tropicale nostrano” con un’analisi sulla crescita dei frutteti esotici e sulle tendenze di consumo.

Tra le coltivazioni in rampa di lancio c’è anche il luppolo, una pianta erbacea perenne che viene coltivata in Sicilia da alcuni anni, grazie alla crescente domanda di birra artigianale. La produzione media è di circa 1,5 chilogrammi per pianta e il prezzo di vendita è di circa 15 euro al chilogrammo. Il luppolo richiede una struttura di sostegno, una buona irrigazione e una potatura annuale. Secondo il Sistema Informativo Territoriale per l’agricoltura della Regione Siciliana, nel 2019 la superficie coltivata a piante aromatiche officinali era di circa 1.000 ettari, con una produzione di circa 10.000 tonnellate. Le principali specie coltivate erano il rosmarino, la salvia, il timo, la menta, la lavanda e il finocchietto selvatico. Queste piante hanno un alto valore aggiunto e possono essere utilizzate sia per scopi alimentari che cosmetici, farmaceutici e fitoterapici.

Il trend è cresciuto grazie anche alle opportunità messe in campo dall’Assessorato regionale dell’agricoltura, che in questi anni sono state efficaci per diversificare la produzione, nell’ottica di una maggiore innovazione e sostenibilità. Si tratta di una sfida impegnativa ma stimolante, che richiede la collaborazione tra Istituzioni, imprese, associazioni, università e centri di ricerca. Solo così sarà possibile produrre le colture alternative e dare valore aggiunto alla nostra agricoltura.

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