Terrà

Seminare dignità: l’agricoltura siciliana diventa sociale anche nelle carceri

di Giuseppe Russo

Padre Pino Puglisi lo aveva ben chiaro. Si può costruire un mondo migliore attraverso la tutela della dignità dell’individuo, in un contesto di emancipazione sociale garantita dall’indipendenza economica di un lavoro stabile. Questa era una delle sue mission a Brancaccio. E questa è oggi uno degli obiettivi che si prefigge di perseguire l’agricoltura sociale. La possibilità di coinvolgere categorie a rischio di marginalizzazione, come per l’appunto i detenuti o gli ex detenuti, per coinvolgerli in percorsi lavorativi nelle nostre campagne, in un contesto produttivo socialmente sano.

I cicli dell’agricoltura, come la semina, la coltivazione, la raccolta della produzione, si prestano a veicolare valori sociali ed etici, che evocano il sacrificio, la temperanza, il rispetto per la natura e per l’individuo, l’investimento del proprio tempo per trasformare il proprio operato in ricchezza e benessere. Un modello pedagogico formidabile da offrire ai detenuti in permesso o agli gli ex detenuti, interessati a cambiare vita, per ricostruire il proprio rapporto con sé stessi e con la società, ed attuare un programma efficace di reinserimento sociale.

Percorsi di questo tipo sono promossi sia dal Psr Sicilia (Misura 16.9,) sia dalla legge sull’agricoltura sociale (L. 18 agosto 2015 n. 141) e dal decreto ministeriale n. 12.550 del 21 Dicembre 2018, (definizione dei requisiti minimi e delle modalità relative alle attività di agricoltura sociale). E diversi sono i percorsi implementati da cooperative sociali nel nostro territorio, come il progetto “Cotti in Fragranza”, che coinvolge ex detenuti per la produzione di biscotti, I progetti di Libera Terra che coltiva terreni confiscati alla Mafia e che arruola detenuti con permesso rilasciato dal magistrato, o il progetto Ri-Coltiviamo, della cooperativa sociale Rossa Sera, che ad Alcamo si propone di riportare sui campi di grano i soggetti a rischio di marginalizzazione sociale.

Uno di questi progetti ha visto coinvolti, recentemente, due enti di ricerca regionali, il Consorzio di Ricerca Gian Pietro Ballatore ed il Coreras, che presteranno il proprio know how tecnico per affiancare un raggruppamento di imprese, coordinate dalla cooperativa sociale Asterisco e dal pastificio Bia, con l’obiettivo di consolidare l’esperienza della pastificazione dentro il carcere Ucciardone di Palermo. Al progetto, peraltro, ha aderito nella qualità di soggetto esterno sostenitore, il Centro Diocesano Padre Pino Puglisi Martire della Mafia, istituito recentemente dall’Arcivescovo di Palermo per promuovere i valori trasmessi dal Beato.

Anche il Distretto Produttivo Cereali Sicilia, riconosciuto recentemente dall’Assessorato regionale delle Attività Produttive, ha inserito nella propria carta dei valori i contenuti etici per promuovere i prodotti delle aziende cerealicole siciliane. Le attività sociali ad alto contenuto etico assumono in Sicilia, che è purtroppo terra di vittime di mafia, un ruolo fondamentale. Le aziende che sostengono questi percorsi si presentano ai mercati raccontando il valore di una Sicilia diversa, che punta all’onestà e al recupero degli individui a rischio di marginalizzazione, contribuendo a costruire una sorta di giustizia riparativa collettiva e provare a risolvere i conflitti che hanno mortificato la storia e l’economia dell’isola per decenni.

È per questo che iniziative come il III° Jail Career Day, organizzato per il prossimo 13 giugno a Palermo, presso la fiera del Mediterraneo (ore 15) dalla cooperativa sociale Rigenerazione Onlus, puntano a fare incontrare il mondo delle imprese con il mondo delle carceri. L’evento, giunto alla terza edizione, ha l’obiettivo di proporre un matching tra imprese e il mondo delle carceri, per offrire nuove possibilità di lavoro ad ex detenuti meritevoli, con il sostegno di incentivi fiscali definiti a norma di legge.

L’agricoltura etica e sociale può rappresentare una straordinaria opportunità per le aziende agricole siciliane, non solo come strumento di inclusione e reinserimento sociale, ma anche come strumento di promozione di valore associato alle produzioni. Questo modello operativo, che è supportato da agevolazioni fiscali e specifiche normative (come la Legge Basaglia), può apportare benefici significativi sia a livello economico che sociale, costruendo una società più giusta ed inclusiva, contribuendo a seminare non solo le nostre colture tradizionali ma anche cultura e dignità.

giusepperusso@ilgranoduro.it

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