Terrà

Cucina e gastronomia dei Nebrodi, il libro di Pietro Ficarra

Molti contributi in tema di cucina e gastronomia siciliana sono, come si può immaginare, sguardi rivolti al passato. La lettura di questi contributi, talvolta densi di dettagli che rivestono grande importanza per cogliere le differenze locali, finiscono spesso per divergere sulla permanenza o meno al giorno d’oggi di una cucina e una gastronomia delle “ricorrenze”. Sulla questione ci sono molte opinioni e sfumature, che vanno dall’immutabile continuità alla totale dissolvenza di celebrazioni e feste, abitudini e ritualità, soprattutto quando si parla delle connesse preparazioni culinarie, cose che sembrerebbero oramai sepolte.

Da qui il libro di Pietro Ficarra, “La cucina e la gastronomia dei Nebrodi. Tradizione e innovazione”, edito da Youcanprinti, piaceri del palato ma anche un’attenta ricerca fra gli usi e le abitudini, in primo luogo quelli connessi a una tradizione culinaria di questa parte di Sicilia, qual è quella dei Nebrodi, che nella sua accezione geografica rappresenta una parte importante dal punto di vista socio-culturale dell’Isola. Nel citare alcuni alimenti e preparazioni riportate nel libro, vale la pena di soffermarsi sui cardi – i carduni – dal momento che questo cibo, che viene dall’antica società pastorale, non manca affatto in questo periodo sulla tavola di molte famiglie, in Sicilia come sui Nebrodi, dove abbondano diverse specie buone in cucina.

I cardi finiscono più spesso fritti ma non mancano in altre preparazioni, persino nei frascatula, che nelle aree interne a confine dei Nebrodi a volte hanno la base di farina di rumaneddi o rumanedda, la cicerchia, anziché di mais o di semola, e spesso il sapore di erbe selvatiche. Certi carduni transitano nella cucina di casa non meno di cicoria e altre erbe amare, di cardelle e caccialiepura o di cavuliceddi, di biete selvatiche, asparagi e cessavoi. I cardi sono protagonisti anche nella preparazione di molti sughi e condimenti per pastasciutte, in bianco o in rosso, con la salsa di pomodoro o con l’estratto, però è vero che finiscono più volentieri fritti, in crispedde di carduni e in frittelle di varie forme. I cardi sono spesso usati per mostrare il rispetto della regola quaresimale, ma in molti paesi i fritti di cardi erano e sono il coronamento della cena della vigilia di San Giuseppe.

L’utilizzo alimentare dei principali cardi della tradizione permane – in qualche caso viene anche rilanciato in forme nuove e prodotti conservati da aziende innovative – seppure oggigiorno il loro utilizzo sia molto scemato rispetto a epoche diverse e ai momenti di carestia o di maggiori necessità. Ciò però non tanto per il mutare del gusto o delle difficoltà a riconoscere le specie buone per un utilizzo gastronomico, quanto a causa dei modi e dei tempi del vivere moderno, che oggi richiedono in cucina operazioni preliminari semplici per la cottura e il successivo consumo. I cardi del linguaggio comune, infine, appartengono ai generi Carduncellus, Carduus, Carlina, Centaurea, Cirsium, Cnicus, Cynara, Dipsacus, Eryngium, Galactites, Notobasis, Onopordum, Scolymus, Silybum, ecc, per citare i più noti, tutti mangerecci in teoria ma in questo periodo e in quello pasquale dalle nostre parti ci si dedica soprattutto ai carciofi selvatici e agli onopordi (Onopordum spp.).

Pietro Ficarra

È stato responsabile dalla prima metà degli anni Ottanta dei servizi socioculturali nelle amministrazioni di alcuni centri della Brianza e del Milanese, ma non ha abbandonato i legami con la sua terra d’origine, la Sicilia. Ha pubblicato lavori e articoli sulla storia e le istituzioni della cultura e si occupa per passione di cucina siciliana e di etnobotanica alimentare, avendo all’attivo numerose pubblicazioni. Tra gli ultimi libri pubblicati, “La cucina e la gastronomia dei Nebrodi. Tradizione e innovazione” e “Dalla natura alla tavola: erbe e frutti spontanei nelle vallate dei Nebrodi”.

Pietro Ficarra

È stato responsabile dalla prima metà degli anni Ottanta dei servizi socioculturali nelle amministrazioni di alcuni centri della Brianza e del Milanese, ma non ha abbandonato i legami con la sua terra d’origine, la Sicilia. Ha pubblicato lavori e articoli sulla storia e le istituzioni della cultura e si occupa per passione di cucina siciliana e di etnobotanica alimentare, avendo all’attivo numerose pubblicazioni. Tra gli ultimi libri pubblicati, “La cucina e la gastronomia dei Nebrodi. Tradizione e innovazione” e “Dalla natura alla tavola: erbe e frutti spontanei nelle vallate dei Nebrodi”.

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