Parla l'esperto
Il valore dell’analisi organolettica negli oli d’oliva siciliani
L’analisi sensoriale è un insieme di tecniche utilizzate per determinare le caratteristiche organolettiche (sapore, colore, odore e aspetto) dei prodotti alimentari, attraverso il ricorso a tutti e cinque i sensi umani (vista, olfatto, gusto, tatto e udito). Effettuata con rigore scientifico, l’analisi sensoriale utilizza i nostri organi di senso come dei veri e propri strumenti di misura. La percezione sensoriale è differente da individuo a individuo, pertanto, il giudizio del singolo è poco attendibile come parametro di valutazione finale, per questo motivo non è possibile avvalersi di un’unica persona nelle valutazioni delle caratteristiche organolettiche degli alimenti, ma occorre utilizzare un gruppo da otto a diverse decine di persone o “giudici” – definito panel – allenate e preparate nell’analisi di quello specifico prodotto.
Alle persone che compongono un panel viene richiesto di valutare la presenza e l’intensità di specifici attributi sensoriali positivi e/o negativi per un determinato prodotto (analisi descrittiva), oppure esprimere gradimento o meno verso lo stesso (analisi edonistica). Molteplici sono i motivi che spingono le aziende produttrici ad avvalersi di questa disciplina scientifica, motivi di natura strettamente tecnica, come:
– verificare la conformità sensoriale di un prodotto a uno standard aziendale o alle specifiche del disciplinare di produzione;
– delineare il profilo sensoriale per rappresentare un determinato prodotto descrivendo pregi e difetti, nell’ottica di un continuo miglioramento.
– analizzare le variazioni sensoriali di un prodotto al variare degli ingredienti o delle fasi di produzione, studiare e migliorarne la shelf-life sensoriale.
– favorire il processo di rinnovamento di un prodotto durante la fase di declino commerciale.
Analisi organolettica dell’olio d’oliva
L’olio extra vergine d’oliva è considerato l’alimento principe della Dieta Mediterranea, pertanto è l’unica categoria merceologica per cui è previsto un esame organolettico (panel test) al fine della classificazione commerciale, tutti gli altri alimenti prevedono l’esame organolettico solo per particolari produzioni, ad esempio Dop e Igp. Data l’importanza che riveste nell’alimentazione umana, il sistema di classificazione merceologica e di valutazione sensoriale è regolamentato da una serie di rigorose norme, di carattere internazionale, dettate dal COI (Comitato Oleicolo Internazionale) ed altre, elaborate dall’Unione Europea con il regolamento CEE n. 2568/91 e successive modifiche ed integrazioni nell’allegato XII.
Queste norme dettano le procedure, i parametri chimico-fisici e sensoriali che classificano l’olio d’oliva in extra-vergine, vergine e lampante, stabiliscono inoltre il metodo di analisi sensoriale, gli strumenti per l’esecuzione (dimensione, forma e colore del bicchiere d’assaggio), i descrittori sensoriali da adottare (attributi positivi e negativi), la scala di valutazione, le fasi di selezione e addestramento del panel, ecc.
Le caratteristiche chimiche sono importanti nella valutazione e classificazione di un olio, ma non consentono in assoluto di stabilire la qualità di un olio extravergine. Infatti, alcuni oli che magari presentano parametri chimici nella norma, possono però avere difetti organolettici anche gravi, che soltanto i nostri sensi riescono a percepire, pertanto, se il prodotto non possiede determinate caratteristiche sensoriali (fruttato, amaro, piccante ed eventuali note aromatiche), il solo valore delle analisi chimiche non è sufficiente per la classificazione dell’olio se non unitamente al giudizio dell’analisi sensoriale.
Esecuzione dell’assaggio olio d’oliva
Nell’esecuzione di un panel test per l’olio di oliva, ogni componente del panel è dotato del foglio di profilo, in cui sono elencati i dieci attributi, positivi e negativi, contraddistinti ognuno da una semiretta di dieci centimetri, sulla quale vengono segnate le intensità percepite.
Dopo aver scaldato il bicchiere d’assaggio contenente il campione di olio in apposito riscaldatore a circa 27/28°C, l’analisi organolettica dell’olio comincia con l’esame olfattivo.
L’esame olfattivo si effettua mediante profonde inspirazioni del campione di olio, ricercando la presenza e la relativa intensità di pregi come il “fruttato”, indicativo di olive in ottimo stato di salute e raccolte al giusto stadio di maturazione, di altri attributi aromatici gradevoli, quali il sentore di “erbaceo”, che ricorda il profumo dell’erba tagliata o di foglia, di “pomodoro”, di “carciofo” e di “mandorla”, come anche di “mela” o di “frutti di bosco”, o anche di possibili difetti, come il sentore di rancido, avvinato, muffa o morchia-riscaldo.
A seguito dell’analisi olfattiva, una piccola quantità di olio (circa 3 ml) è portata alla bocca e distribuita nel cavo orale, in modo tale da percepire le sensazioni retrolfattive, come anche la sensazione dell’amaro. L’analisi gustativa dell’olio continua poi con lo “stripping”, cioè con l’aspirazione dell’aria dai lati della bocca, prima delicatamente e poi con più vigore, per ossigenare e vaporizzare l’olio rimasto nel cavo orale, con lo scopo di ricercare e quantificare la sensazione del piccante. Il capo panel, in ultimo, raccoglie le schede di profilo di ogni assaggiatore e, servendosi di un semplice foglio di calcolo (per es. excel), elabora i dati ottenuti per ricavare la mediana di ogni pregio e/o difetto, e descrive “visivamente”, mediante diagramma a ragnatela o “spider”, il profilo sensoriale per l’olio di oliva in esame.
Oggi, accanto all’analista sensoriale facente parte attiva del panel, è nato il sommelier dell’olio di oliva, una figura che propone sapienti abbinamenti dell’olio di oliva ai piatti tipici del territorio, per esaltarne ancor più la loro ricchezza gustativa. Per esempio, abbinando un olio di oliva “per concordanza” a pietanze robuste, come zuppe di legumi, funghi di bosco, cacciagione, carni rosse alla griglia, si possono equilibrare le doti fondamentali e corpose di questi piatti. Sposando, invece, un olio d’oliva dai sentori leggeri a un cibo delicato, come insalata, carne bianca, crostacei, pesce al sale, si ravviva, senza però sovrastare, il sapore del piatto stesso.
Importanza dell’analisi organolettica negli oli siciliani
Grazie alle dominazioni dei fenici, dei greci e soprattutto dei romani, che avevano un vero e proprio culto per l’ulivo, la Sicilia oggi ha un immenso patrimonio di cultivar autoctone e soprattutto con le sue sei D.O.P. caratterizzate da un rigoroso disciplinare di produzione e da una gran varietà di ambienti, di microclimi, di differenti suoli ma anche di storia, cultura tradizioni, in una sola parola di un terroir, costituisce un punto di altissimo pregio della olivicoltura italiana.
Il consumatore più esigente, può soddisfare i propri sensi attraverso un fantastico viaggio per tutta la Sicilia. I territori dei Peloritani e dei Nebrodi, ad esempio, sono rappresentati dalle cultivar Ogliarola messinese, Santagatese della DOP Valdemone, oli d’oliva caratterizzati da un fruttato intenso, da note di erba/foglia, e sentori di carciofo tipiche di quegli oli. Continuando per la Sicilia Occidentale, le DOP Val di Mazara, Valli trapanesi e Valle del Belice, sono rappresentate dai profumatissimi oli delle cultivar Nocellara del Belice, Cerasuola e Biancolilla con i tipici sentori di mandorla e pomodoro. Nella Sicilia Orientale, le DOP Monti Iblei e Monte Etna, sono blend di cultivar quale Tonda Iblea, Nocellara dell’Etna, Coratina e Moresca, con le spiccate note di mandorla fresca e pomodoro.
In un tale variegato contesto olivicolo-oleario, sarebbe impossibile esprimere il patrimonio di sapori, sensazioni e profumi, senza l’analisi sensoriale e l’esperienza di decine di assaggiatori addestrati, che sanno cogliere ed esaltare le preziose virtù gastronomiche di ogni olio di oliva siciliano. Eppure ci sono alcuni Paesi Europei che mettono in dubbio la validità dell’analisi sensoriale, e vorrebbero addirittura abolirne l’obbligo, considerando l’analisi chimica quale unica procedura per la classificazione di un olio extravergine. Questi Paesi probabilmente non dispongono di una varietà di cultivar olivicole di altissimo pregio come quelle della nostra Sicilia e, pertanto, non sono in grado di riconoscere quel patrimonio di conoscenze, tradizioni, e segreti che l’Italia, e la Sicilia in particolare, custodisce e tramanda dai tempi dei romani a oggi per ciò che riguarda la lavorazione dell’ ulivo.
Turismo oleogastronomico
Non si può concludere il discorso sugli oli siciliani senza parlare del turismo oleogastronomico, anche noto come oleoturismo, che negli ultimi decenni si è affermato sempre di più in Sicilia accanto al tradizionale turismo enogastronomico. I frantoi sono diventanti, infatti, delle vere e proprie attrattive turistiche, oltre che luoghi secolari di lavorazione dell’oliva. I frantoi siciliani sono bellissimi da visitare poiché riflettono il calore e lo spirito delle tradizioni olivicolo-olearia, e permettono di fare esperienze legate non solo alla conoscenza dell’olio ma anche del territorio, soprattutto durante il periodo di raccolta e frangitura delle olive.
A controprova, diversi produttori di olio organizzano già da tempo delle visite guidate nelle loro aziende per far si che turisti e potenziali clienti, conoscano accanto ai moderni frantoi anche antichi frantoi restaurati e sempre ricchi di fascino, come i frantoi ipogei scavati nella roccia, che fanno parte dell’archeologia della cultura contadina. E quale modo migliore di concludere il tour con la degustazione dell’olio d’oliva in presenza di un assaggiatore o sommelier dell’olio, magari davanti a una tavola ricca di prodotti del territorio?
Michelangelo Leonardi, Ambrogina Albergamo, Antonio Cambria, Emanuela Genna, Giuseppe Tancredi Patanè, Nicola Cicero – Dipartimento BIOMORF, Università degli Studi di Messina
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