Grano siciliano, biondo e di tumminìa: pane nero di Castelvetrano, sempre protagonista
di Agata Imbrogiano
Il Pane Nero di Castelvetrano, in siciliano detto anche u pani nìvuru, fa parte dell’antica tradizione di Castelvetrano, cittadina in provincia di Trapani. La realizzazione avviene mischiando due semole integrali, macinate in mulini a pietra naturale, di grano siciliano biondo e di tumminìa. La tumminìa è un grano particolarmente duro e a ciclo breve che si caratterizza da cariossidi scure e cristalline. Il nome deriva dal greco trimenaios (grano a ciclo trimestrale seminato a marzo) e viene anche denominato grano marzuolo o marzuddu. È proprio il colore scuro della tumminìa a determinare la particolare colorazione del Pane Nero.
Per quanto riguarda la lavorazione del pane, la farina viene impastata con acqua, sale di Trapani e lievito naturale. Dopo una lunga lievitazione dell’impasto, i pani vengono cotti a 300 °C in forni di pietra alimentati con le fronde di ulivo tagliate durante la potatura. Quando il fuoco ha portato il forno a temperatura, si toglie la brace e si ripulisce accuratamente il forno con una scopa di palma nana prima di infornare il pane, che cuoce lentamente, privo di fuoco diretto.
Il prodotto ha una lunga conservazione e si presenta a forma di pagnotta (vastedda), o a “zampa di bue” (cuddura). In generale, il peso è di 1 kg e con un diametro di 20–30 cm e uno spessore di 8–10 cm. La crosta è dura, di colore scuro e può essere ricoperta da semi di sesamo. L’interno è composto da mollica morbida dal dolce sapore. Il Pane Nero di Castelvetrano è un prodotto tutelato come presidio di Slow Food.
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