Vino “naturale”, l’eterno dilemma che divide produttori e consumatori
Storicamente, il fenomeno in Francia viene fatto risalire ai grandi scioperi dei vignaioli nel 1903 e 1904 che già chiedevano un vino naturale, prodotto esclusivamente da succo d’uva senza il ricorso a metodi di fabbricazione artificiale. Ma altre storie si intrecciano con il fenomeno del vino naturale e hanno come comune denominatore una reazione che si può definire “politica” alla viticultura industriale che a partire dagli anni Sessanta aveva impoverito i suoli, avvelenato i campi e trasformato il vino in una bevanda aggiustata per adattarsi alle richieste del mercato.
Una delle più citate, raccontata anche da Alice Feiring nel libro Naked wine, ci porta nel Beaujolais, alla fine degli anni Settanta, quando un manipolo di produttori si resero conto che il proprio vino, a forza di rincorrere il gusto del pubblico, era diventato una bevanda dolciastra e, purtroppo, omologata. Questi vignaioli (Marcel Lapierre, Max Breton, Jean Foillard, Jean Thévenet) si ispirarono all’esperienza di Jules Chauvet, uno scienziato e produttore che, sempre nel Beaujolais, vinificava senza additivi, ottenendo un vino vivo, vibrante, molto diverso dal gusto standardizzato che ormai si era impadronito della regione. Iniziarono quindi anche loro a produrre il vino senza additivi, a convertire le vigne al biologico e a ritrovare nel vino il carattere del territorio: la loro esperienza (la loro filosofia di vita) e il passaparola hanno contagiato altri produttori della regione, poi di altre regioni, poi di altri paesi.
Questa antica rivendicazione del mondo del vino si è poi unita alla domanda dei consumatori per un’alimentazione sana degli anni ’80, intercettata da Slow Food e da altri movimenti della società per la difesa della natura per dare vita al concetto attuale di vino naturale. Le associazioni di produttori più importanti ad oggi esistenti ed aventi come oggetto il vino naturale nascono agli inizi degli anni 2000 ma la fonte più autorevole ad aver coniato e descritto il vino naturale è l’Association des Vins Naturels francese.
Il concetto di vino “naturale”
Il concetto di “vino naturale” è come abbiamo visto piuttosto controverso, tanto che alcuni viticoltori che descrivono la propria produzione come naturale hanno spesso opinioni diverse su altri vini naturali: come si può notare, quindi, il principale ostacolo è rappresentato proprio dalle diverse visioni sulle pratiche considerate accettabili e questo rende una precisa definizione di vino naturale non solo non condivisa, ma anche difficile da comunicare al consumatore.
Franco Giacosa, quando ti sei avvicinato al mondo del vino “naturale” e perché?
“Già agli inizi del 1980, quando ancora era di moda una enologia alquanto interventista, sentivo una forte spinta in senso opposto. Iniziai a ridurre drasticamente i coadiuvanti enologici in cantina. Non mi andava bene di mettere in bottiglia vini irreprensibili solo sotto il punto di vista estetico. Cercavo di affrontare anche gli aspetti etici e salutistici. Nel 2011 ho cambiato registro quando mi sono convinto a dare un aiuto spassionato ad alcuni piccoli produttori impegnati a gestire i vigneti e le cantine in modo biologico, anche estremo”.
L’hai sentita come un’esigenza personale? E poi, come persona oppure come professionista?
“E’ stata assolutamente una esigenza personale. In realtà nel 2011 avevo deciso di chiudere definitivamente con l’attività professionale e… comunque non avevo alcuna intenzione di ritirarmi per trascorrere le giornate in poltrona e pantofole. Desideravo dedicare gli anni a venire a esplorare alcuni aspetti spirituali che avevo trascurato negli anni frenetici del lavoro attivo. Il fatto volle che appena chiuso con la professione attiva incontrassi Angiolino Maule, uno dei più fieri sostenitori del “naturale”. Ci capimmo al volo e decidemmo di provare ad applicare le conoscenze scientifiche convenzionali per produrre vini, rigorosamente “naturali”, senza deviazioni organolettiche di vario genere evitando tassativamente l’impiego di sostanze esogene o tecnologie impattanti. Questa per noi era la via per esaltare la vera personalità e territorialità dei vini”.
Passo subito alle domande scomode. Non ti pare che la definizione “naturale” nel caso del vino non sia ambigua e talora pretestuosa? Se mi permetti, i sinonimi che si sono succeduti sono, se possibile, anche più fuorvianti: vino vero, artigianale, secondo natura, ecc.: hai qualche proposta al riguardo?
“Ritengo che il termine ‘naturale’ tecnicamente sia molto discutibile e che possa essere abusato in danno dei consumatori ma anche dei produttori seri. Credo che una distinzione capace di raggiungere i consumatori sia doverosa per premiare e incentivare coloro che hanno abbandonato drasticamente l’uso di pesticidi, dei concimi chimici, ridotto le rese per ettaro, eliminato i coadiuvanti e i conservanti in modo da preservare l’ambiente e garantire la massima salubrità dei loro vini. Il termine ‘naturale’ può avere efficacia solo a condizione che sia tutelato a un serio disciplinare di produzione e sottoposto a rigidi controlli. In caso contrario è meglio che venga vietato.
Ma allora, come orientarsi? Un modo pratico, benché imperfetto, è consultare le associazioni di vignaioli naturali, che adottano disciplinari ben precisi e (in teoria) vigilano sui propri iscritti attraverso le analisi del vino: Vini Veri, VinNatur, Vini di Vignaioli, ViTe, VAN, Renaissance des Appellations francese, AVN, Vins SAINS sono solo alcuni esempi. Se il controllo interno è serio, consultarne gli iscritti può essere un criterio per capire chi fa vino naturale in modo serio: inoltre quasi tutte queste associazioni organizzano manifestazioni fieristiche e degustazioni, che rappresentano ottime occasioni per incontrare i produttori direttamente. Anche se di difficile reperibilità nei supermercati, ci può aiutare ad esempio una app (Raisin) che mappa enoteche e ristoranti con almeno il 30% di vini naturali in carta: inoltre ci sono vari e-commerce specializzati nei vini naturali come Rollingwine, Decanto, Meteri, Wine Symphony, WineYou, o siti più generalisti come Tannico nella categoria “biodinamici e naturali.
Il vero nodo però di questi vini però rimane la percezione del mercato, anche se non va sottaciuta una certa dose di curiosità da parte del consumatore. Detto dei punti di forza (rispetto della natura, dei suoi ritmi e dei suoi equilibri e assenza di sostanze di sintesi), non vanno però sottaciuti alcuni punti critici, quali il fatto che i vini sono sempre diversi da un’annata all’altra e spesso di qualità anche molto diversa, la difficoltà nell’assicurare costanza di volumi produttivi alla filiera commerciale alcuni aspetti organolettici (ad esempio l’acidità volatile leggermente più elevata) non sempre capiti o, peggio, graditi dal grande pubblico;vi sono poi difficoltà pratiche di applicazione dei principi fondanti al crescere del volume di vino in cantina.
Naturalmente, il consumatore, sceglie il vino che più gli piace in base al proprio gusto personale e anche al prezzo. Si trovano vini buoni e vini cattivi sia tra i vini naturali che tra quelli convenzionali ma non è detto che il vino naturale debba necessariamente avere parametri di colore oppure sensoriali fuori dai canoni classici, anche se, ad onor del vero, spesso sono proprio questi che vengono ricercate dagli appassionati, come detto per curiosità edonistica. Da un punto di vista ‘salutistico’ invece, è evidente che un vino ben fatto, prodotto da uva non trattata, di altissima qualità e che utilizza meno additivi chimici, o non li utilizza affatto, è più ‘sano’ rispetto ad un vino convenzionale e rappresenta un plus per il consumatore e per il pianeta”.
Come comunicheresti il vino “naturale” al consumatore? O, meglio, quali caratteristiche comunicheresti per prime? E perché?
“Se dovessi affidare l’incarico a qualche agenzia di comunicazione chiederei di far risaltare in primo luogo tutti quei valori che stanno a cuore alla maggior parte degli abitanti di questo pianeta: il rispetto del suolo, dell’acqua, dell’aria, degli animali, della biodiversità, in definitiva dell’ambiente in cui viviamo. In secondo luogo chiederei di comunicare l’igienicità dei vini naturali perché sono esenti da pesticidi, diserbanti e prodotti chimici esogeni di qualsiasi tipo. Infine di comunicare che i vini “naturali” esprimono grande personalità, diversità e territorialità anche perché non subiscono interventi impattanti da parte del produttore”.
Da ultimo, dammi un tuo personale significato alla parola “naturale”, se non altro per chiarezza del consumatore
“Posso solo dirti quale significato la parola “naturale” assume per me e spero per i consumatori. Il termine ‘naturale’ mi riporta ad un vino ottenuto nel massimo rispetto dell’ambiente…dove il viticoltore evita forzature o eccessive produzioni assecondando la vite nei suoi cicli naturali con sapiente manualità. Dove le uve vengono vendemmiate con meticolosa selezione nel momento preciso quando il contenuto dei vari componenti enologici raggiunge il corretto equilibrio per evitare interventi correttivi. Dove la vinificazione avviene con il massimo rispetto dell’uva e con un’enologia essenziale non invasiva fatta di attente e precise cure in tutte le fasi…Sembra utopistico ma ritengo che tutto ciò sia assolutamente fattibile; anno dopo anno sono sempre più convinto che sia la strada giusta per produrre vini di qualità che incontrino i gusti e le aspettative di un numero sempre maggiore di consumatori attenti all’ambiente e alla salute”.
Giovanni Colugnati e Giuliana Cattarossi, Colugnati & Cattarossi, capofila ATS AGROECOLOGIA
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