L'intervista all'enologo
Tra filari e laboratori: come Viviana Gangemi trasforma i microclimi dell’Etna in capolavori enologici
di Giacomo Alberto Manzo*
Viviana Gangemi, enologa di antichi vinai e rappresentante della quinta generazione della sua famiglia nel settore vinicolo, racconta la sua passione per il vino, che è parte della sua storia familiare. Inizia a lavorare nell’enoteca di suo nonno durante il liceo e prosegue gli studi in Viticoltura ed Enologia, affermando che la chimica del vino la affascina particolarmente.
Le sue responsabilità professionali includono la gestione del vigneto e il controllo analitico delle vinificazioni, oltre a interagire con i consumatori per raccogliere feedback. Gangemi evidenzia l’importanza della scelta delle uve, influenzata dai microclimi dell’Etna. Affronta sfide come il cambiamento climatico e osserva tendenze verso vini freschi e briosi. Sottolinea l’equilibrio tra tradizione e innovazione, enfatizzando l’uso discreto del legno. E a chi intende intraprendere questo percorso, consiglia di studiare approfonditamente la chimica del vino per la quale ricorda l’esperienza significativa in laboratorio di Enologia di Marsala.
Come è diventato un enologo?
“Il vino è parte del DNA della mia famiglia e mi appartiene da sempre. In modo molto naturale e senza pressioni, mi sono avvicinata a questo mondo dal punto di vista professionale. Durante le vacanze estive del mio quarto anno di liceo scientifico, chiesi a mio nonno di poterlo aiutare nelle vendite della sua enoteca. Mi insegnò le prime nozioni sul vino, le tradizioni familiari e le tecniche di vendita. Quello stesso anno, notando la mia inclinazione per questo settore, il nonno mi propose di partecipare al Vinitaly con lo stand di famiglia. Accettai con entusiasmo e quella fu la mia prima vera esperienza professionale. Mi ritrovai in un mondo magico, assorbendo ogni racconto e spiegazione di mio padre. Dopo quell’esperienza, decisi di proseguire i miei studi universitari in ambito agrario presso l’Università di Catania. Tuttavia, sentivo il bisogno di approfondire ulteriormente il mondo del vino e così mi trasferii a Udine, alla facoltà di Viticoltura ed Enologia. La chimica che sta dietro a tutto questo è ciò che mi affascina di più. L’università mi ha dato molto, ma gran parte delle mie conoscenze le devo a mio padre, il mio primo grande maestro”.
Quali sono le sue principali responsabilità nel processo di produzione del vino?
“Affianco mio padre in tutte le fasi di produzione in cantina. La mia prima responsabilità riguarda il vigneto, dove decido ogni azione applicando al meglio i miei studi. Il momento della potatura invernale è il mio preferito: regna la quiete e mi perdo tra i filari. Durante la vendemmia, mi occupo del controllo analitico di tutte le vinificazioni e delle aggiunte necessarie, sempre sotto la supervisione di mio padre. Inoltre, ho la fortuna di interagire con il pubblico finale occupandomi dell’accoglienza in cantina. Questo mi permette di ascoltare direttamente i feedback dei consumatori, comprendere le loro aspettative e gusti in base al paese di provenienza; tutti feedback essenziali da considerare durante la produzione”.
Come sceglie le uve per la vinificazione?
“La scelta delle uve inizia dalla zona, poiché sull’Etna i microclimi sono infiniti e vanno gestiti con maestria. Siamo sempre certi che un vigneto si presti meglio a una vinificazione piuttosto che a un’altra. Dopo aver effettuato un campionamento e le opportune analisi, quella sensoriale è tra le mie preferite per selezionare le uve”.
Le sfide più comuni che incontra nel suo lavoro?
“Il cambiamento climatico è una sfida costante nel nostro settore. Anche se sembra scontato menzionarlo, affrontarlo non è affatto semplice”.
Le tendenze attuali nel mondo del vino?
“Attualmente si osservano tendenze verso vini più freschi, beverini e briosi. Le bollicine stanno diventando sempre più popolari, così come i rossi da servire freschi, a temperatura di bianco, con tannini setosi e gradazione moderata. Il Nerello Mascalese, che studio principalmente, si presta magnificamente a queste tipologie di vinificazione”.
Come si bilancia tradizione e innovazione nella produzione del vino?
“Dosando attentamente l’utilizzo del legno grande; deve essere un elemento discreto, una gentile carezza che aiuta il vino nella sua evoluzione senza compromettere la freschezza e l’autenticità del vitigno”.
I suoi vini preferiti?
“Adoro la profondità dei rossi da lungo affinamento come il Barolo o il Negroamaro salentino. Sono ottimi vini da meditazione; apprezzo degustarli lontano dai pasti per comprenderne al meglio l’essenza”.
Come valuta la qualità di un vino?
“Il primo approccio avviene attraverso l’olfatto; ripongo molta fiducia in questo senso. Se ci sono piccoli difetti in questa fase, è probabile che si manifestino anche durante la degustazione. Per questo motivo monitoro attentamente le fermentazioni: è durante questa fase che possiamo sviluppare off-flavors difficili da eliminare”.
Qualche consiglo a chi vuole diventare un enologo?
“Non dare nulla per scontato e di studiare approfonditamente la chimica dietro ogni processo; essa fornisce molte risposte fondamentali”.
La sua esperienza più memorabile?
“Essendo un’amante dell’analisi, l’esperienza che mi ha segnato maggiormente è stata quella in un laboratorio di Marsala”.
*Enologo
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