Terrà

Cavatappi fave e ricotta, dagli Antichi romani alle tavole dei siciliani

di Mariano Carbonetti*

Fave e ricotta, due antichissimi elementi, importati in Sicilia dai nostri dominatori, romani e greci, hanno da sempre allietato la tavola dei siciliani, soprattutto nel periodo primaverile, quando dal loro incontro nascono piatti di eccellente bontà. In questa ricetta, la classica pasta fave e pecorino è arricchita dall’aggiunta della ricotta fresca e provatura che rendono il piatto più cremoso e invitante. Questa ricetta è tipica della tradizione culinaria siciliana, dove le fave fresche vengono cotte con il tegumento. Se non gradite il sapore leggermente amaro che avranno le fave, potete comunque privarle di questa piccola escrescenza prima di procedere con la cottura.

La ricetta

Ingredienti per 4 persone


  • 300 gr. di fave fresche sgusciate
  • 300 gr. di pasta cavatappi o lumache rigate
  • 1 cipollotto
  • 250 gr. di ricotta
  • 30 gr. di pecorino
  • 80 gr. di provatura
  • olio q.b.
  • Sale q.b.
  • Pepe q.b.

Preparazione

Iniziate la preparazione della vostra pasta fave e ricotta affettando il cipollotto sottilmente. All’interno di una padella ampia e antiaderente, versate un po d’olio e lasciate ammorbidire il cipollotto per qualche minuto, a fiamma leggera. Aggiungete quindi le fave fresche; salate, pepate e lasciatele insaporire per circa 1 minuto. Allungate un mestolo di brodo vegetale e coprite. Lasciate cuocere le fave per circa 15 minuti. Portate a ebollizione l’acqua e cuocete la pasta in abbondante acqua salata. Versate all’interno di una bacinella la ricotta, il pecorino e la provatura a dadini, amalgamate questi ingredienti. Per creare una crema morbida aggiungete un mestolo di acqua di cottura della pasta. Mescolate il tutto fino a ottenere una crema delicata. Quando la pasta risulterà al dente, unitela alla padella con le fave e versate all’interno, la crema di ricotta preparata in precedenza. Maneggiate bene, lasciando cuocere per qualche istante. Impiattate e decorate con pecorino grattugiato, pepe nero e un ciuffetto di finocchietto selvatico.

*Custode dell’Identità Territoriale – Libera Università Rurale

©RIPRODUZIONE RISERVATA





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