Terrà

Progetto InnoMalto
Birra siciliana, vorrei ma non posso. Il settore brassicolo isolano stenta a decollare

Da una quindicina d’anni, il settore brassicolo siciliano è in continua crescita. Un settore per il quale la Sicilia sta giocando la carta della tradizione, quella dei gusti legati al territorio e ancora, quella delle storie di chi ha deciso di scommettere su questo business. I primi risultati ci sono, e l’attenzione degli appassionati italiani di birra al prodotto siciliano è una delle testimonianze.

Grani siciliani

Così come succede nel resto della penisola, anche la Sicilia, importa la maggior parte del malto che le serve per la produzione delle sue birre, rendendo di fatto impossibile parlare di una birra al 100% siciliana. Per ovviare a questo problema, da qualche anno, nel panorama della birra siciliana spicca InnoMalto, un progetto finanziato dalla misura 16.1 del PSR Sicilia, che mira a introdurre in filiera materie prime innovative per la realizzazione del malto, con l’introduzione di alcuni grani antichi, per la produzione del cosiddetto orzo distico, un orzo dedicato proprio a questo tipo di produzioni e che ben si presta a essere coltivato sui terreni siciliani e in un clima arido. Questo per puntare sempre di più a una filiera che riesca a realizzare tutti i suoi bisogni all’interno di sé stessa.

La maggior parte del malto utilizzato in Italia arriva dall’estero (oltre il 60% del malto utilizzato per la produzione italiana viene importato da paesi quali Francia e Germania) e stesso discorso vale anche per il luppolo (oggi l’Italia importa quasi del tutto dalla Germania). In Sicilia, per esempio, i dati Agea risalenti al 2022 parlano di 3 aziende che si occupano di produzione del luppolo, per un totale di 0,6 ettari. Questo, come spiegano da InnoMalto, significa che la strada per arrivare a ottenere una birra che sia totalmente siciliana è ancora una strada lunga. Nel 2022 erano una settantina le aziende siciliane (1400 su tutto il territorio italiano). I dati che dicono però che sulla birra ci sia un interesse crescente sono due. Le aziende siciliane sono nate tutte tra il 2010 e il 2022, e la fotografia è proprio quella di un boom. Per quanto riguarda il consumo, invece, se gli anni di pandemia hanno indicato una flessione di circa il 20%, attualmente in Italia – e il dato rispecchia perfettamente anche la Sicilia – nel 2022 il consumo pro capite è passato da 32,5 litri nel 2017 a 37,8, con una media europea invece in calo (da 60,8 a 52,6).

La maggior parte del malto utilizzato in Italia arriva dall’estero, la Francia è il primo paese importatore in tutta Italia

Punto di forza della birra siciliana il suo legame con il territorio, perché proliferano le birre che hanno ingredienti tipici, come è nel caso della birra al Carrubbo, quella al Fico d’India o ancora quella realizzata con grani antichi siciliani. Questo settore punta dunque alla valorizzazione e alla caratterizzazione creando un forte legame con la cultura, la storia e il territorio siciliano. L’anello mancante, perché si possa realizzare tutto in Sicilia, rimane l’assenza di una struttura di trasformazione dei cereali. Spedire le materie prime siciliane fuori dai confini dell’isola per poi farle rientrare trasformate non è perseguibile economicamente e non lo è nemmeno in un’ottica di sostenibilità ambientale. L’obiettivo della filiera, e quello del progetto InnoMalto, è dunque quello dell’autosufficienza, per creare una filiera che funzioni da sola.

©RIPRODUZIONE RISERVATA





Vuoi ricevere gli aggiornamenti di Terrà per email?

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

Post a Comment