Terrà

Rivoluzione agronomica
Adattare cultivar a nuova era, il ruolo dell’oliveto pedonale siciliano: intensivo ma resiliente

di Tiziano Caruso*

Nell’olivicoltura siciliana l’esigenza di rinnovare gli impianti è determinata soprattutto dalla necessità di meccanizzare integralmente le pratiche colturali per ridurre al minimo l’impiego di manodopera, spesso con modesta qualificazione e di difficile reperimento. Lo sviluppo di un’olivicoltura “meccanocentrica” dipende però dalla possibilità di integrare il funzionamento delle macchine con le caratteristiche agronomiche delle cultivar e dell’ambiente di coltivazione.

Tra le circa 25 cultivar siciliane certificate e iscritte nel Registro Nazionale delle Varietà di Olivo, contraddistinte, nel complesso, da notevole diversità delle caratteristiche agronomiche (vigore, portamento, densità della chioma, grado di resistenza alle avversità biotiche e abiotiche ecc..), sono numerose quelle che possono adattarsi ai nuovi modelli di olivicoltura di tipo “meccanocentrico”. La chiave di volta sta nell’associare, per i diversi contesti colturali, il modello di impianto più adatto alla cultivar che si vuole impiantare. Il problema maggiore è rappresentato dal fatto che solamente una esigua parte del panorama varietale siciliano è caratterizzato da fruttificazione precoce, produzione costante e abbondante, albero di ridotto vigore e buona resistenza agli stress ambientali e biotici.


Foto 1 Albero di “ Calatina” di nove anni di età, allevato a Vaso Globoso ovvero secondo una “Forma in Volume o “3D” (Sciacca, AG)

Malgrado l’ampia biodiversità, il numero di cultivar siciliane che effettivamente risponde ai suddetti requisiti, che le renderebbe adatte ai nuovi modelli colturali, è decisamente modesto. I criteri di scelta delle cultivar per una nuova olivicoltura, nell’ambito del panorama varietale autoctono, dovranno infatti fare sempre più riferimento alle esigenze agronomiche idonee allo sviluppo di “oliveti pedonali”, ovvero impianti che possono essere gestiti interamente da terra, senza il bisogno di utilizzare scale o carrelli elevatori per raggiungere la sommità degli alberi. Tali tipologie di impianto, sulla base delle caratteristiche dell’albero e delle risorse ambientali (luce, suolo e acqua), potranno fare affidamento su diverse densità di piantagione e su forme di allevamento sia “in volume” sia “in parete”.

Si tratta di imprimere alle piante forme semplici ma ben definite da gestire nella potatura, nella difesa e nella raccolta ma che, soprattutto, favoriscano l’esposizione alla luce diretta del sole nelle diverse ore del giorno di larga parte della superficie fogliare dell’albero e del sistema oliveto. Il presupposto degli “oliveti pedonali” è favorire la possibilità di rendere competitivi i prodotti dell’olivo non solo sulla base del basso prezzo di vendita. A tale strategia di mercato si perviene più facilmente oggi con l’impiego di cultivar “globali”, gestibili in impianti “Superintensivi”, ad alto grado di automazione e quindi modesto impiego di manodopera.


Foto 2 albero di “Calatina” di nove anni di età, allevato a Palmetta Libera ovvero secondo una “Forma in parete” o “2D ” (Sciacca, AG)

Gli oliveti pedonali, basati sugli impianti ”Intensivi”, sono stati sviluppati per dare invece resilienza/esclusività al sistema, anche attraverso la valorizzazione della biodiversità esistente, il cui prodotto rappresenta una esclusività della Sicilia. Gli oliveti pedonali sono infatti adatti per tutte le cultivar che si ritiene conveniente impiantare, sia in convenzionale sia in biologico; sia in condizioni irrigue sia in asciutto; sia in terreni declivi di collina sia in terreni con giacitura pianeggiante. Tale approccio, che riporta alla centralità del sistema la cultivar e i relativi prodotti, potrà certamente contribuire a migliorare la sostenibilità ambientale, sociale ed economica dell’olivicoltura siciliana. Non vanno infine trascurate le grandi opportunità offerte dagli oliveti pedonali al comparto dell’olivicoltura da mensa, i cui frutti devono essere raccolti manualmente, senza alcuna attrezzatura ausiliaria e riposti delicatamente in un contenitore, per non danneggiarne l’epidermide e/o la polpa e quindi alterarne lo standard qualitativo durante il processo di trasformazione e di conservazione.

La possibilità di operare da terra, su alberi di modesto sviluppo in altezza, contribuisce inoltre a migliorare sensibilmente l’efficienza della potatura e della raccolta, oltre che dei trattamenti di difesa. Piante di piccole dimensioni favoriscono inoltre la uniformità di maturazione, e quindi di pervenire a elevati livelli di standardizzazione del prodotto. Tale aspetto diviene particolarmente importante soprattutto per le olive da mensa e ai fini dell’ottenimento di prodotti di alto valore commerciale, tra i quali, per esempio, gli alimenti “person tailored”, ovvero prodotti finalizzati ad una “alimentazione di precisione” dell’essere umano, che tiene conto delle sue diverse fasi del ciclo vitale: infanzia/adolescenza/età adulta/terza età.


Gli oliveti pedonali: caratteristiche agronomiche

Nell’ambito delle tipologie di impianto, gli oliveti pedonali fanno riferimento agli impianti “Intensivi”, ovvero agli impianti specializzati in cui la sola specie coltivata a fini commerciali è l’olivo. Gli impianti intensivi, per convenzione, possono essere distinti in tre sub-categorie: bassa, media e alta densità di piantagione. Nell’ambito di queste tipologie ricadono gli oliveti contraddistinti da ampi valori della densità d’impiantoed in particolare da 200 a 1200 alberi/ha circa, con piante disposte secondo sesti quadrati o rettangolari, in rapporto alla densità di piantagione ed alla forma di allevamento adottata. Con riferimento a quest’ultimo aspetto, sono consolidate le forme in “volume” o “tridimensionali”, oggi tecnicamente definite 3D, che danno luogo ad impianti facilmente riconoscibili per la discontinuità delle chiome tra le file e sulla fila.


Foto 3 Filare in un contesto di “Impianto in Parete”

Sperimentazioni condotte negli ultimi 30 anni hanno però dimostrato la validità anche di forme di allevamento “appiattite” o bidimensionali o 2D, che danno luogo a oliveti in “parete” ovvero caratterizzati dalla continuità della chioma lungo il filare. Nella bassa densità di impianto (200-400 alberi /ha) la disposizione degli alberi a dimora segue in genere il sesto quadrato, con distanze di 5-7 x 5-7 m. Le densità di impianto minori (distanze di 7×7 m) sono particolarmente consigliate per le aree con modesta fertilità complessiva: terreni poveri di sostanza organica, ricchi di scheletro, superficiali, sabbiosi, siccitosi, con giacitura declive (pendenze anche prossime al 30%). A tale contesto, nell’ambito del panorama varietale autoctono della Sicilia, si adattano bene le cultivar con albero vigoroso, rami procombenti e chioma molto densa, senza andare incontro a problemi di ombreggiamento interno della chioma. La forma di allevamento più adeguata è il Vaso classico, con 3-branche.

Una variante che mostra grandi potenzialità produttive è il Vaso Globoso. Tale forma si distingue dal Vaso classico per il maggior numero di branche principali (finanche a 6), soprattutto nei primi 10 anni di vita dell’oliveto, di cui si favorisce la formazione asportando meno vegetazione nei primi anni di impianto. Le 2-3 branche iniziali in più, (“branche supplementari”), rispetto al Vaso classico, favoriscono infatti il precoce rivestimento dell’albero di vegetazione che viene lasciata crescere soprattutto nella parte inferiore e interna della chioma, al fine di evitare anche scottature da eccessiva insolazione. La meccanizzazione della raccolta può essere effettuata per scuotitura del tronco. Per la piena efficienza dei macchinari oggi disponibili è necessario che negli alberi il punto di inserzione delle branche principali sul tronco si articoli intorno a 100-120 cm di altezza.


Filare in un contesto di “Impianto in Volume”

E inoltre importante che il tronco, al punto di presa delle pinze, raggiunga un diametro di almeno 20 cm per non danneggiarlo, valore che le cultivar più vigorose, anche in suoli asciutti e poco fertili, , raggiungono dopo 10 anni circa dalla posa a dimora. Per ottimizzare l’efficienza produttiva e razionalizzare la gestione colturale dell’albero (potatura, trattamenti per la difesa, raccolta) l’altezza complessiva della pianta non dovrebbe superare i 4 m. Negli ambienti più siccitosi, quando l’oliveto insiste su terreni piuttosto sciolti, per non incorrere in frequenti episodi di stress idrico durante la stagione estiva, è preferibile adottare le densità di impianto minori (circa 200 alberi/ha). In terreni freschi e fertili e in regime biologico possono essere invece adottate le maggiori densità d’impianto (400 alberi/ha) soprattutto se le cultivar utilizzate non sono eccessivamente vigorose. Tra le principali cultivar siciliane adatte alla suddetta tipologia di impianto, soprattutto se in asciutto, si segnalano Abunara, Cerasuola, Nocellara Etnea, Olivo di Mandanici, Nocellara Etnea, quest’ultima a condizione che i frutti siano destinati all’estrazione dell’olio piuttosto che al consumo da mensa. Per la media densità di impianto (400-700 piante/ha) gli oliveti pedonali possono essere realizzati sostanzialmente adottando come forme di allevamento il Vaso Policonico oppure l’Asse Centrale. Per le densità di impianto minori, adatte anche per ambienti con modeste disponibilità idriche, ottenute disponendo gli alberi secondo un sesto quadrato, con distanze tra gli alberi di 5×5 m, la forma di allevamento da preferire è il Vaso Policonico.


Grafico 1 Produzione di frutti (T/ha) in tre cultivar di olivo siciliane in quattro diverse tipologie di “impianto Pedonale” .

Per le densità di impianto maggiori si suggerisce invece l’Asse Centrale, con alberi distanziati 5 x 2,5-3 m circa. Il Vaso Policonico è più adatto per cultivar con alberi di medio vigore, portamento aperto, chioma densa. Tra le principali cultivar siciliane le caratteristiche dell’albero cui fare riferimento sono quelle della “Abunara” della “Nocellara del Belice” e dell’Ogliorola messinese. Per l’Asse Centrale sono invece più adatte cultivar con albero poco vigoroso, con portamento procombente e chioma densa, come ad esempio lo sono gli alberi di Biancolla, e quelli di “Crastu”. Per questa tipologia di impianto è però necessario di disporre di discrete quantità di acqua di irrigazione (500-800 mc/ha), soprattutto nelle annate più siccitose. Per entrambe le forme di allevamento l’altezza dell’albero non dovrebbe superare i 4 m. Per la raccolta meccanizzata del Vaso Policonico può essere utilizzato il medesimo cantiere del Vaso Globoso, avendo l’accortezza di impiegare macchine munite di ombrello intercettatore di diametro più contenuto per agire più speditamente. L’Asse Centrale è stato concepito per sistemi d’impianto configurati in “Parete”. Rispetto alla tipica discontinuità dei filari, che compare quando si adotta la forma a Vaso, con le relative varianti, gli impianti con alberi allevati ad Asse Centrale possono essere raccolti con cantieri costituiti da scuotitori da tronco o da “bacchiatori della chioma” azionati da macchine semoventi, anche del tipo “Side by side”. Nell’Asse Centrale la potatura può essere parzialmente meccanizzata, attraverso interventi annuali di topping effettuati a fine estate, con seghe a dischi inseriti su barre disposte in senso orizzontale, azionate da trattrici. Si tratta comunque di interventi “non selettivi” che richiedono correzioni manuali, effettuate da operatori ben addestrati, per riequilibrare la struttura della chioma.


Grafico 2 Produzione di olio (T/ha) di tre cultivar di olivo siciliane in quattro diverse tipologie di “impianto Pedonale” .

Per contenere lo spessore della chioma entro i valori prestabiliti, possono essere effettuati, sempre con l’ausilio di dischi montati su barre, leggeri interventi di hedging (taglio laterale), subito dopo la raccolta. Con le alte densità di impianto (700-1200 alberi/ha) possono essere valorizzare cultivar contraddistinte da alberi di modesto vigore, chioma tendenzialmente rada e portamento aperto in contesti colturali caratterizzati da giacitura pianeggiante o in leggero declivio (pendenze inferiore al 5%), buona fertilità dei suoli e di disponibilità di acqua (almeno 1500 mc/ha/anno). Per contenere la crescita vegetativa è però consigliabile procedere con tecniche di irrigazione “in deficit” ed inoltre effettuare l’inerbimento autunno-vernino, con miscugli di semi di graminacee e leguminose. Non va infine trascurata la possibilità di effettuare interventi di potatura leggeri ed eseguiti in almeno due periodi dell’anno (topping meccanico estivo; leggero intervento di hedging meccanico post-raccolta). Le distanze di piantagione di riferimento sono 4-5 m tra le file e 2,5-3 m sulla fila.

Con alberi di medio vigore e in contesti colturali che favoriscono la crescita vegetativa (aree della fascia costiera) le densità di piantagione non dovrebbero superare le 900 piante/ha, con distanze di piantagione di 4,5 x 2,5 m. Per la raccolta sono oggi disponibili macchine scavallatrici congegnate e sviluppate per l’olivicoltura. Per quanto concerne la forma di allevamento, agli alberi deve essere gradualmente impressa una forma riconducibile alla “Palmetta libera”, per formare pareti di vegetazione continua, non più alte 3,5 m in rapporto al portamento, al vigore della cultivar e al tipo di macchinario che si vuole utilizzare per la raccolta nel contesto agronomico dato. Tra le numerose cultivar siciliane saggiate nel corso di trent’anni di sperimentazione con questa forma di allevamento/tipologia di impianto l’unica che ha fornito risultati complessivamente interessanti è la Calatina (Grafico 1).


Grafico 3 Diametro del tronco (cm) di alberi di tre cultivar di olivo siciliane in quattro diverse tipologie di “impianto Pedonale”

Sono però in corso da oltre un decennio prove su altre cultivar siciliane “minori”, un paio delle quali sembrano decisamente promettenti. Sembra opportuno richiamare l’attenzione sul fatto che per favorire la costituzione della forma di allevamento a Palmetta libera, si rende necessaria una struttura di sostegno costituita da pali zincati e 2 ordini di filo di ferro, uno posto a circa 90 cm di altezza e un secondo a circa 180 cm. In alternativa alle macchine scavallatrici, che agiscono per bacchiatura della chioma, quando i tronchi degli alberi raggiungono un diametro di circa 20 cm all’altezza del primo filo, possono anche essere utilizzati scuotitori da tronco del tipo side by side, già citati in precedenza. Di seguito, a fini informativi, si riportano i risultati di oltre 10 anni di prove comparative condotte in Sicilia con le cultivar autoctone Abunara, Calatina e Nocellara del Belice. Le esperienze sono state condotte con quattro diverse tipologie di impianto, riconducibili tutte a “Oliveti pedonali”, a bassa, media e alta densità di piantagione, in irriguo, somministrando, mediamente 800-1500 m3 acqua/ha in rapporto alla densità di impianto e alla piovosità annuale (Grafici 1, 2 e 3) Dalle esperienze condotte emerge che con i modelli di impianto della tipologia degli “oliveti pedonali” possono, nel complesso, essere valorizzate tutte le cultivar, anche se bisogna avere l’accortezza di associare, a ciascuna cultivar, e per i diversi sistemi colturali, l’appropriato modello di impianto. Tale criterio rientra nel più ampio concetto tecnico di “olivicoltura di precisone” che, trova la sua ragione di essere nell’escludere ogni forma di improvvisazione.

*Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Forestali, Università degli Studi di Palermo

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