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Scienza contro desertificazione: il ruolo cruciale delle Tecnologie di evoluzione assistita in Sicilia

Il 2024 sarà ricordato dagli agricoltori siciliani come un anno orribile. In particolare, nel comparto cerealicolo, la scarsità delle precipitazioni e la distribuzione anomala delle poche piogge, hanno inciso dimezzando (queste sono le previsioni verosimili) la produzione di grano duro regionale. E questo con tutte le conseguenze del caso, in quanto gli agricoltori che quest’anno non hanno potuto recuperare l’investimento per la coltivazione 2023, avranno difficoltà a sostenere un nuovo impegno economico, a causa del mancato reddito, per realizzare le prossime semine.

In questo preoccupante scenario le massime che si leggono sui social, stile Albert Einstein, come “nella crisi nasce l’inventiva” o “le difficoltà rappresentano un’occasione per portare progresso”, potranno poco confortare chi in questo periodo cerca la liquidità necessaria per affrontare l’acquisto delle sementi, dei concimi e per le lavorazioni dei terreni. Oltre agli interventi di soccorso immediato, già attivati dal Dipartimento Agricoltura della Regione Siciliana, è indispensabile implementare soluzioni strutturali che guardano al futuro, in una Sicilia che sarà sempre più a rischio “desertificazione”. Ed è proprio la scienza che dovrà giocare un ruolo chiave per trovare risposte efficaci ad una meteorologia poco prevedibile, alla carenza di precipitazioni, o in generale all’impoverimento della fertilità dei suoli.

La scienza ha da tempo individuato nel Genome Editing, meglio conosciuto in Italia come Tecnologie di Evoluzione Assistita (Tea), una alternativa assolutamente differente rispetto alla creazione di Ogm (Organismi geneticamente modificati). Le Tea permetterebbero infatti, di ottenere in modo più rapido, rispetto alle tecniche convenzionali, nuove varietà migliorate, utilizzando geni già naturalmente presenti nelle varietà stesse, senza introdurre nessun transgene. Nel dettaglio, se con le tecniche convenzionali (quelle che utilizzano gli incroci e le leggi di Mendel sull’ereditarietà) impieghiamo oltre un decennio per generare nuove varietà migliorate sul piano agronomico, tecnologico e nutrizionale, con le Tea questi tempi possono essere contratti in qualche anno, se non addirittura in un solo anno, in casi specifici. Il contesto intorno al quale si sviluppano le TEA ce lo spiega bene la Società Italiana di Genetica Agraria (Siga), in questo suo documento.

Le modifiche genetiche che avvengono casualmente in natura sono state essenziali per l’evoluzione delle piante coltivate e sono quindi alla base della nostra stessa esistenza. Tutte le piante che coltiviamo oggi sono il risultato di un lungo processo di selezione di piante mutate che, partendo dalle specie selvatiche presenti in natura, ha portato ad ottenere piante adatte alla coltivazione, che consentono all’umanità di alimentarsi in maniera sempre più completa, sana ed economica. Partendo da questi presupposti le Tea si basano sulla possibilità di individuare nelle popolazioni di grano oggi disponibili, come per esempio i nostri grani antichi siciliani, quei pezzi di Dna che codificano per geni potenzialmente “utili”, capaci per esempio di “rispondere” agli stress ambientali dovuti ai cambiamenti climatici, o migliorare il profilo tecnologico o nutrizionale delle varietà.

Da questo punto di vista la Siga ci tiene a sottolineare come anche sul piano “scientifico, normativo, logico ed economico” sia necessario distinguere tra Ogm e varietà ottenute con le Tea. Queste ultime, infatti, non presenterebbero “combinazioni di geni diverse da quelle potenzialmente risultanti da mutagenesi casuale naturale o incrocio” e quindi potrebbero essere a ragione considerate come “naturali” dal consumatore, tanto che si parla di applicabilità delle piante ottenute per Tea in agricoltura organico-biologica o rigenerativa.

Oggi, che ci troviamo schiacciati tra due emergenze planetarie, l’incremento demografico mondiale da una parte e la rapidità dei cambiamenti climatici, dall’altra, abbiamo più che mai l’esigenza di individuare nuove soluzioni sostenibili per l’agricoltura del futuro. Abbiamo solo un problema: individuare queste soluzioni in modo rapido, ed applicarle con garanzia di sostenibilità. E le Tecnologie di Evoluzione Assistita non sono solo una pratica innovativa che la scienza ci offre, ma sono soprattutto il risultato dell’impegno e dell’abilità dei nostri migliori ricercatori. Gli stessi che dopo anni di investimento rischiamo di perdere trasformandoli in “cervelli in fuga”. Ed è più che mai questo, il tempo giusto per frenare non solo la desertificazione dei suoli, ma anche quella delle idee e della conoscenza.

Articolo di Giuseppe Russo, biologo dirigente di ricerca del Consorzio di ricerca Gian Pietro Ballatore e presidente del Distretto produttivo Cereali Sicilia e Stefania Masci, professoressa ordinaria presso il DAFNE, Università degli Studi della Tuscia di Viterbo, vicepresidente della Siga e del Consorzio di ricerca Gian Pietro Ballatore

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