Terrà

Tornano in cucina le verdure “selvatiche”, come prepararle

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In Sicilia, l’alta cucina e la ristorazione di qualità comincia a sperimentare da qualche tempo con il selvatico. Nella cucina di casa, apparentemente senza troppa cura nelle preparazioni, invece, si tratta sempre di memoria antica di alimenti consumati ogni giorno. Sia in casa che in qualche trattoria o ristorante tipico che le ripropone con lungimiranza, talune erbe spontanee entrano per lo più in preparazioni culinarie che si possono davvero definire tipiche perché spesso non hanno riscontro altrove, né nelle stesse forme, né come abitudine a consumare proprio quella pianta. Incoraggia, seppure con ritardo rispetto ad altre aree del Paese, la tendenza alla riscoperta e al recupero di certi piatti nella ristorazione.

Anche a casa del resto, si preparano in questa stagione, diverse pietanze. A dominare un tempo, e talvolta anche oggi, sono le preparazioni più semplici, quelle che continuano a usare le erbe amare, specie spesso diverse ma genericamente chiamate tutte insieme cicoria, cicoira, cicoina, – a minestra sarvaggia per eccellenza – che nella forma più veloce e appetitosa si ripassa in padella (con aglio, peperoncino, olive, ecc.) e così insaporita si affianca al meglio alle carni di maiale, salumi e salsicce in primis, ma che “per fare bene” si usava un tempo in forma di minestra. Dall’età di cui mi pare di avere un qualche pensiero e fino almeno agli anni del liceo a Patti (Messina) – anche dopo in verità, di tanto in tanto, in quelli dell’università a Messina, ma solo per l’età avanzata dei miei – nel mio stare a tavola quotidiano non è mai mancata la sostanziosa presenza di erbe amare tra quelle selvatiche.

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