Terrà

Pasta al forno o pasta ‘ncasciata? Ce n’è per tutti i gusti

Le preparazioni a base di pasta che sono generalmente destinate al forno, anche solo per essere gratinate, sono particolarmente apprezzate in tutto il territorio dei Nebrodi e sono preparate in famiglia, senza ricorrere all’ospitalità della ristorazione anche se un po’ più lunghe e complesse nel procedimento rispetto alle frequenti pastasciutte. Consolidate nella tradizione recente grazie all’uso dei nuovi forni di casa, ereditano in alcuni casi le forme di preparazioni proprie di un passato non troppo lontano, seppure per lo più nella cucina alta o borghese. Utilizzano per lo più formati di pasta corta, mentre restano estranee alla tradizione – la cucina quotidiana però le ha introdotte da un po’, per commistione, sulla tavola familiare – quelle paste al forno che utilizzano sfoglie in forma di lasagne o cannelloni. I formati preferiti per le paste destinate al forno, ma non è una regola stretta nella cucina familiare, sono infatti anche da queste parti quelli tradizionali siciliani per questo genere di preparazioni, maccheroni e maccheroncini, rigatoni, penne e altri formati simili, ma sono caratteristici e utilizzati anche i classici anellini e, soprattutto, si passano in forno eccezionali pasticci di maccheroni.

Rigatoni

Le paste al forno più tradizionali e tipiche si preparano generalmente, come altrove in Sicilia, seguendo i tipi della così detta pasta ‘ncasciata, termine in uso nelle zone nebroidee che più risentono della cultura alimentare palermitana ma sostituito per lo più con quello di pasta al forno man mano che ci si sposta verso Messina. Della pasta ‘ncasciata parla già per la Sicilia la Guida gastronomica del Touring club Italiano del 1931, descrivendone la preparazione a strati e con l’aggiunta di sugo di ragù, carne di maiale tritata, formaggio e uova sode a fette. Sul termine di pasta ‘ncasciata si parla molto, seriamente ma qualche volta anche a vanvera, quanto a significato, origine, etimologia, ecc.. Per sintetizzare, il termine, che si ritrova anche spesso come pasta ‘ncaciata, vuole la derivazione da cacio, in considerazione del largo uso che si faceva e si fa del formaggio in questo piatto, soprattutto nella cucina del passato, che trovava tale ingrediente come principale e spesso unico condimento, come del resto per le pastasciutte e i maccheroni di vario genere prima dell’introduzione e dell’impiego comune del pomodoro.

Non manca chi fa derivare il termine da ‘ncasciari, per il modo di cottura di un tempo nelle casseruole tra le braci o per il comprimere la pasta in un contenitore stretto, ma propendo per l’interpretazione più comune. L’influenza della versione della città dello Stretto nel modo di prepararla è evidente oltre il nome, ma in effetti è impossibile, e anche un po’ stupido, tentare, come qualcuno fa, di stabilire delle regole sulla “vera pasta al forno”. Si tratta di pasticci e sformati di varia dimensione, che usano paste secche e per lo più corte, spesso senza regole predefinite e talvolta nella forma e consistenza di un timballo – non quello del Gattopardo, preparazione più complessa e sofisticata e affatto ereditata e presente nella cucina del territorio – come ad esempio quello di anellini, praticato in molte case essendo anch’esso ormai frutto di un sapere culinario diffusosi verso il basso nella seconda parte del Novecento.

Carne di manzo macinata (tritato)

Gli ingredienti che entrano a comporre oggigiorno paste ‘ncasciate o al forno, tutte caratterizzate dalla gratinatura con crosta saporita e croccante, sono i più vari e ne arricchiscono il sapore in modi tanto diversi quanto sono forse coloro che le preparano. Se prevale, da tempo, il rosso a base di pomodoro – con l’aggiunta di carne trita di maiale, mortadella di Bologna o prosciutto, e di qualche formaggio o provola filante, sono numerose le varianti di questo colore, col ragù, i piselli, le uova sode, ecc. – non mancano nella tradizione di diverse località le preparazioni “in bianco“, a cominciare da quella più in uso nella parte occidentale dei Nebrodi, col cavolfiore, per evidenti influenze di altre zone dell’Isola, e poi con le melanzane, con la mollica, ecc., e anche in questo caso con l’aggiunta di ingredienti personali come variazione sul tema.

(Tratto dal libro “Cucina e gastronomia dei Nebrodi” di Pietro Ficarra)

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