Terrà

La Sicilia, il grano e Catone: serve riscoprire l’oro giallo dell’Isola

di Mariano Carbonetti*

Circa 10.000 anni fa l’uomo si rese libero dalle attività erratiche e incerte della caccia e della raccolta delle radici selvatiche, addomesticando le piante che gli servivano come sostentamento, favorendo la nascita dell’agricoltura. Tra le diverse piante addomesticate, è il frumento quella che meglio di qualunque altra può raccontare la storia dell’uomo. I campi di frumento ovunque e in ogni epoca, simboleggiano la presenza dell’uomo coltivatore civilizzato e stanziale. Dall’uomo primitivo in poi, si assiste alla ricerca di migliori varietà di grano, attraverso la selezione di sementi ritenute superiori e impiegate nella semina dell’annata successiva.

Con il passare dei secoli, nella selezione, si sono sempre usati due criteri fondamentali e imprescindibili: la possibilità di avere una buona produttività ed il sapore, rispettando il territorio ed il suo ecosistema naturale. Nonostante questo, i tipi di grano ed i metodi di coltivazione, non sono rimasti gli stessi di un tempo, ormai lontano. In seguito all’industrializzazione delle tecniche di produzione, i coltivatori hanno modificato il grano di una “volta”, perseguendo l’obiettivo della maggiore produttività, frutto di una coltivazione intensiva e meccanicizzata. Da ciò derivava una selezione mirata a diminuire i rischi di allettamento della pianta ed a favorire allo stesso tempo l’assorbimento di fertilizzanti chimici.

La Sicilia (“il granaio della Repubblica”) ha 52 varietà autoctone di grani duri, mentre sono 291 le specie su tutto il territorio nazionale

A scapito di quelle antiche, si sono così affermate sempre più le farine raffinate, povere dal punto di vista nutrizionale mettendo in fondo alla classifica di importanza, proprio il sapore. Tutto ciò, negli ultimi anni, ha portato sicuramente ad  un sensibile aumento delle varie intolleranze al glutine fra la popolazione. In Sicilia, terra di infinite bellezze naturali e clima inimitabile, sono stati catalogate ben 52 varietà autoctone di grani duri (consideriamo che sono 291 specie su tutto il territorio nazionale). Durante gli anni 70 si diffondono moderne coltivazioni di grani “industriali” più semplici da coltivare e che risultano avere resa superiore, quindi più guadagno.

Perché scegliere i grani siciliani

I grani antichi hanno le spighe molto alte,(a volte più di un metro) per questo risultano resistenti ai parassiti del grano e alle specie infestanti tutto si traduce in un mancato utilizzo di antiparassitari e pesticidi.

La farina, molita a pietra, risulta essere meno raffinata di quella prodotta con metodi industriali e mantiene maggiormente le proprietà nutrizionali del chicco.

Hanno una buona quantità di fibre e un basso indice glicemico. Posseggono un basso livello di glutine ed un alto apporto di proteine, sono leggeri e digeribili.

Necessitano di tempi più lunghi di lievitazione. Questo fa si che l’impasto abbia migliore digeribilità nella produzione finale.

Il profumo ed il gusto di questi prodotti, risultano eccellenti.

La Sicilia è stata definita da Catone il Censore, il celebre oratore dell’antica Roma, come “il granaio della Repubblica”. E’ la regione d’Italia dove troviamo la maggiore diversità di microclimi e tipologie di suolo. Ci sono tutte le premesse perché in Sicilia si possa costituire una filiera dei grani antichi tracciata in tutte le sue fasi a partire dall’utilizzo di sementi certificate. In sostanza, dall’utilizzo e dal ritorno ai nostri prodotti naturali potrebbe dunque derivare un benessere comune, prodotti salutari e una qualità di vita migliore.

*Custode dell’identità territoriale e tecnico delle tradizioni antropologiche del mediterraneo

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