Terrà

Il futuro dell’agroalimentare, la Sicilia e i “Distretti del cibo”: poche etichette, grandi potenzialità

di Nino Sutera

La Sicilia è una regione italiana ricca di tradizioni culinarie e prodotti agroalimentari di alta qualità. Nonostante ciò, attualmente conta solo sette (Toscana, 43) distretti del cibo riconosciuti, un numero certamente limitato rispetto alle potenzialità della sua agricoltura e gastronomia e la tipologia del suo territorio. I “Distretti del cibo” rappresentano una forma di organizzazione territoriale che mira a valorizzare le produzioni agroalimentari locali, promuovere la sostenibilità ambientale e favorire lo sviluppo economico delle comunità rurali. Questo modello di sviluppo territoriale è stato concepito per rispondere alla crescente domanda di prodotti alimentari di qualità e alla necessità di preservare la biodiversità agricola e il paesaggio rurale. Gli ultimi dati parlano di 196 “Distretti del cibo”, cifra destinata a crescere, e così distribuiti per regione.

RegioniDistretti del cibo
Abruzzo 7
Basilicata 4
Calabria 29
Campania 23
Emilia Romagna6
Lazio 15
Liguria 1
Lombardia 18
Marche 4
Molise 2
Piemonte 5
Puglia 11
Sardegna 12
Sicilia 7
Toscana 43
Umbria 4
Veneto 5

Le Regioni e le Province autonome italiane, con assoluta libertà ed autonomia differenziata,  provvedono all’individuazione e al riconoscimento dei distretti nei territori di propria competenza e alla successiva comunicazione al Masaf (Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste) per l’iscrizione nel relativo registro nazionale.

Cosa sono i Distretti del cibo?

Il “Distretto del cibo” è stato introdotto dalla legge 205/2017. In pratica, si tratta di un’area geografica caratterizzata da una forte identità produttiva nel settore agroalimentare, dove gli attori locali (agricoltori, trasformatori, distributori, istituzioni, enti di ricerca, associazioni) collaborano per raggiungere obiettivi comuni. Tra questi obiettivi troviamo:

Valorizzazione delle produzioni locali: promuovere e tutelare le produzioni tipiche e tradizionali del territorio, garantendo al contempo la qualità e la sicurezza alimentare.

Sostenibilità ambientale: adottare pratiche agricole sostenibili che rispettino l’ambiente e favoriscano la biodiversità.

Sviluppo economico e sociale: creare nuove opportunità di lavoro e reddito per le comunità locali, migliorando la qualità della vita nelle aree rurali.

Innovazione e ricerca: favorire l’innovazione tecnologica e organizzativa attraverso la collaborazione con enti di ricerca e università.

Educazione e cultura del cibo: promuovere la conoscenza e la consapevolezza del valore del cibo e della dieta mediterranea, anche attraverso percorsi educativi e turistici.

I primi distretti

La nascita dei distretti agricoli, in realtà, risale al 2001, all’epoca non hanno avuto tanta fortuna,  quando, con il decreto legislativo 228/01, vennero per la prima volta individuati due tipologie di distretti agricoli: 

• i distretti rurali, con cui venivano indicati i sistemi produttivi caratterizzati da un’identità storica e territoriale omogenea, derivante dall’integrazione fra attività agricole e altre attività locali, nonché dalla produzione di beni o servizi di particolare specificità, coerenti con le tradizioni e le vocazioni naturali e territoriali;

• i distretti agro-alimentari di qualità, che identificavano invece le aree produttive caratterizzate da significativa presenza economica e da interrelazione e interdipendenza produttiva delle imprese agricole e agro-alimentari, nonché da una o più produzioni certificate e tutelate ai sensi della vigente normativa comunitaria o nazionale, oppure da produzioni tradizionali o tipiche. 

A prescindere dalle caratteristiche intrinseche ai due modelli, i distretti avevano la finalità di individuare dei modelli di sviluppo innovativo, con il coinvolgimento diretto di tutti gli attori della filiera e del territorio.  Venivano, inoltre, riconosciuti dalle Regioni che, con apposita normativa, ne definiva criteri e peculiarità che naturalmente tenevano conto delle singole specificità locali. Questo ha portato ad una continua evoluzione della normativa, nonché all’evoluzione delle tipologie distrettuali. Ai distretti agroalimentari e rurali si sono aggiunti quelli biologici, i biodistretti, i distretti di filiera, quelli agroindustriali e così via.

In sostanza i “Distretti del cibo” sono una risposta efficace e innovativa alle sfide dello sviluppo rurale e della sostenibilità ambientale. Favorendo la cooperazione tra gli attori locali e valorizzando le risorse territoriali, questi distretti possono contribuire significativamente al benessere delle comunità rurali e alla promozione delle eccellenze agroalimentari. Ed è per questo che la Sicilia dovrebbe scommettere su questo modello di sviluppo.

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