Terrà

Il cous cous nasce sulle tavole del Re Salomone, ecco come e quando la pietanza arriva in Sicilia

Tecnicamente non è facile attribuire con precisione la data di origine del cous cous, ma la sua storia sembra collegata ai tempi di Re Salomone, nel 950 a. C. Il cous cous rappresenta un alimento tipico nordafricano, ottenuto dalla macinazione del grano duro in modo “grossolano”, condito con una zuppa di verdure e tuberi, spezzettati e insaporito con pezzi di carne di montone, spezie e olio. Il processo di cottura tipico del cuscus, ossia la cottura a vapore dei grani di semola sul brodo, in questo specifico attrezzo, potrebbe avere avuto origine prima del decimo secolo in un’area dell’Africa Occidentale comprendente, Niger, Mali, Mauritania, Ghana, e Burkina Faso.

Questa speciale metodologia di cottura, sta alla base della cultura del popolo berbero devoto alla pastorizia e in possesso solo di grano da macinare, far seccare e raccogliere in resistenti sacchi di tela e riposti poi nella parte più fresca della tenda, che rappresentava la loro abituale dimora. Per molto tempo il cuscus ha rappresentato l’alimento principale che ha sfamato i nomadi, attraverso il rituale uso della lavorazione in gruppo, fatto dalle loro donne. L’abitudine tradizionale, vuole che, questo importante bene di sostentamento, si mangi tutti insieme intorno a un unico piatto con l’utilizzo delle mani nude.

I commensali prima di iniziare il pasto sussurrano “Biss’mi Allah”, con lo scopo di benedire il cibo. L’uso di posate è sostanzialmente sostituito da pezzi di pane non lievitato. Il cous cous assume un significato sociale molto importante, si mangia infatti solo insieme alla famiglia o a chi viene considerato parte della stessa comunità. I primi a diffondere questa pietanza nel mediterraneo furono gli arabi, poi tra la il ‘600 e la fine del ‘700 vi fu l’importante contributo dei pescatori di corallo dalle origini genovesi, che dimoravano presso l’isola di Tabarca, situata di fronte a Tunisi. Questi marinai, importantissimi vettori, imbarcando fra le loro provviste anche un soddisfacente quantitativo di cous cous, lo fecero arrivare e quindi conoscere, in diversi luoghi tra cui Spagna, Francia, Sardegna, Liguria eccetera.

Nella seconda metà dell’800, l’uso di questo alimento sbarca In Sicilia, portato dai lavoratori del mare di San Vito Lo Capo e Mazara del Vallo, che giornalmente si recavano nella costiera tunisina per svolgere la loro abituale occupazione. Tornando a casa, portavano con loro, il frutto del pescato e inscindibilmente anche gli usi alimentari di quelle terre. Fondamentalmente, fra il cous cous di Trapani e quello del Nord Africa, ci sono delle importanti differenze che, nello specifico, riguardano la fase di cottura e gli ingredienti usati. In quello siciliano, la cottura avviene a vapore, con brodo di pesce e all’interno di un particolare recipiente in terracotta noto come couscoussiera (pentola composta da due elementi uno sottostante che contiene il brodo e l’altro nella parte sovrastante dedicato alla semola in grani). Le sezioni della couscoussiera vengono collegate attraverso una striscia di pasta pane o, in alternativa, un lembo di lino bagnato.

Il metodo tradizionale del Nordafrica prevede invece l’uso di un recipiente per la cottura a vapore chiamato taseksut in berbero, kiska:s in arabo o cuscussiera. Alla base è posta una pentola di metallo bombata, nella quale vengono cotte le verdure e la carne in umido. Sopra trova posto il recipiente dal fondo forato in cui il cuscus si cuoce a vapore assorbendo i sapori del brodo sottostante. Oggi il cous cous risulta un vero fiore all’occhiello nella tradizione sicula di Trapani, tanto che è facile ritrovarlo sia sulle tavole familiari di San Vito lo Capo , sia nelle attività ristorative, che fanno di questa preparazione un indiscutibile motivo di orgoglio territoriale.

Ricerca Storica tratta da varie fonti, a cura di Mariano Carbonetti, custode dell’Identità Territoriale – Libera Università Rurale

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