Filiera di eccellenza
Distretto produttivo e pasta Dop Sicilia, verso il “risorgimento” della cerealicoltura siciliana
di Giuseppe Russo*
In principio fu lo stoccaggio differenziato, che grazie a moderni analizzatori all’infrarosso, a partire dal 2000 ha introdotto in Sicilia la logica del controllo qualità nelle produzioni cerealicole regionali. E da allora, anno dopo anno, raccolto dopo raccolto, la filiera siciliana del grano ha cominciato a costruire una banca dati, una serie storica di analisi merceologiche utilissime per capire la filiera e funzionali per implementare percorsi di programmazione efficaci. Grazie a queste informazioni, infatti, il Consorzio di Ricerca Gian Pietro Ballatore e l’assessorato dell’Agricoltura della Regione Siciliana, hanno messo in luce l’elevatissima qualità sanitaria del grano siciliano, che grazie alla sua bassa umidità è naturalmente protetto dall’insorgenza di pericolosissime muffe tossigene.
Ma i dati storici dello stoccaggio differenziato ci raccontano anche qualcos’altro. Negli ultimi 25 anni sono infatti aumentati in Sicilia i lotti di grano ad alta qualità commerciale; e se nei primi anni 2000 il grano di elevata qualità tecnica, sovrapponibile per qualità al famigerato grano canadese, classificabile come “duro fino” dalle borse merci di Foggia e Bologna, riguardava percentuali inferiori al 3% della produzione regionale, oggi questa percentuale si è spostata stabilmente verso numeri prossimi al 15%. La cerealicoltura in Sicilia è quindi in grado di produrre lotti di alta qualità tecnica e questo fa presupporre che si possa organizzare un tavolo di dialogo con i commercianti e i trasformatori locali, nel rispetto delle reciproche posizioni e interessi, indirizzando il contraddittorio verso un accordo di fornitura che garantisca pattern di qualità definiti, in cambio di giuste remunerazioni.
Tutto ciò sarà possibile se il monitoraggio all’infrarosso del grano continuerà a esistere e se riuscirà a organizzarsi con una vera e propria rete di cooperazione. Forse i tempi sono maturi. Forse è giunto il momento di avanzare al governo regionale la proposta di sostenere un Piano cerealicolo, che premi chi organizza sistemi di monitoraggio di alta qualità, che operi per concentrare l’offerta di alta qualità in modo da aumentare il potere di contrattazione degli agricoltori e che soprattutto promuova accordi di filiera privilegiando le produzioni locali.
In Sicilia, negli ultimi 25 anni, il grano “duro fino” è passato dal 3% rispetto alla produzione totale al 15%
A questi modelli operativi guardano due recentissime iniziative che interessano la filiera cerealicola siciliana. La prima è la nascita del Distretto Produttivo Cereali Sicilia, che lo scorso 28 febbraio ha tenuto a Palermo, presso l’Assessorato delle Attività Produttive, la prima assemblea plenaria. Un distretto che con 65 aziende accomuna tutti i segmenti della filiera, dai sementieri agli agricoltori, stoccatori e molini, pastifici e panifici, che potrebbe farsi promotore di un nuovo modello operativo di aggregazione, sempre finalizzato a sostenere lo stoccaggio differenziato per classi di qualità, che oltre alle proteine del grano privilegi anche altri parametri, come assenza di bianconatura, alto peso ettolitrico e alto indice di giallo.
Questa strategia, insieme alla promozione degli accordi di filiera per la produzione di prodotti tipici, a chilometro zero e ad alto valore identitario, potrebbe rendere possibile capitalizzare il valore aggiunto della trasformazione, garantendo ricadute economiche su scala locale. La seconda iniziativa, lanciata già un anno fa dall’assessorato regionale dell’Agricoltura e dal Consorzio di Ricerca Ballatore, è l’avvio delle procedure di riconoscimento della denominazione di origine protetta per la Pasta di Grano Duro Siciliano. L’iter, già avviato e sostenuto da un Comitato Promotore, ha portato alla definizione di una prima revisione di disciplinare di produzione, inclusivo e caratteristico delle produzioni siciliane. Il lavoro svolto è stato già presentato all’ufficio tecnico competente che ha dato i primi indirizzi per ottimizzare l’iter di riconoscimento. Un lavoro non semplice e articolato, ma che riuscirà a costruire un binario di privilegi per il grano siciliano quando sarà portato a termine.
Così, con questi strumenti innovativi potremmo ipotizzare di rendere più moderna e competitiva la filiera, di consolidare la sua struttura e incidere favorevolmente sui fatturati, con giuste remunerazioni lungo tutti gli anelli della filiera, agricoltore compreso. In questo modo, forse sarà possibile distruggere uno dei paradossi maggiori che oggi stridono nella Sicilia del grano: da un lato essere tra i maggiori consumatori di pasta al mondo e allo stesso tempo assistere a una progressiva chiusura dei grossi pastifici locali, il cui numero si è ridotto drasticamente negli ultimi 40 anni, da 41 a 4 soli stabilimenti. E chissà, forse sarà possibile, sempre in un futuro prossimo, guardando la pasta esposta sugli scaffali dei nostri supermercati, scoprire che solo un paio di pacchi di pasta su dieci saranno prodotti fuori dalla Sicilia. Fino a oggi, purtroppo, è vero l’esatto contrario!
* Ricercatore Consorzio di ricerca Gian Pietro Ballatore
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