Terrà

L'iniziativa
Catarratto, la riscossa di un vitigno dimenticato: la Sicilia scommette sulla sua uva più vera

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di Dario Cataldo

C’è un vitigno che da secoli respira il sole della Sicilia, assorbe il vento delle colline e racconta storie di mani contadine, famiglie e paesaggi. Si chiama Catarratto ed è uno dei più antichi e diffusi vitigni autoctoni dell’isola. Per troppo tempo, relegato al ruolo di comprimario, considerato un’uva da taglio o destinata a vini semplici, oggi il Catarratto vive una nuova primavera. E lo fa con orgoglio, attraverso un progetto ambizioso che unisce storia, identità e visione: L’Arca, l’Associazione regionale Catarratto autentico, la prima realtà interamente dedicata alla tutela e alla promozione di questo nobile vitigno.

Fondata da sei aziende familiari profondamente radicate nelle province di Palermo, Trapani, Agrigento e Caltanissetta – Bagliesi, Caruso & Minini, Castellucci Miano, Di Bella, Feudo Disisa e Tenute Lombardo – Arca nasce con l’idea di restituire dignità e valore a quello che per molti è ancora una “cenerentola” dell’enologia siciliana. Ma che per chi lo conosce davvero, è un patrimonio da custodire e rilanciare.

Uve Catarratto

“Sul Catarratto abbiamo maturato una consapevolezza grazie all’esperienza di campo, quella in cantina e grazie all’apporto della ricerca scientifica – afferma a Terrà Sebastiano Di Bella, presidente del progetto Arca – Il Catarratto è un tesoro da valorizzare. Essendo coltivato da secoli, si è ben ambientato nei diversi terroir della Sicilia, con un apporto sostenibile dal punto di vista delle pratiche colturali e della resistenza ai climi siccitosi”.

Parliamo dell’uva più coltivata in Sicilia, circa un terzo del totale. È sicuramente un’uva fortemente identitaria, ma capace di esprimere un vino contemporaneo, fresco al palato, profumato e idoneo all’invecchiamento anche oltre i dieci anni, per dirla con lo stesso Di Bella. In sostanza, “un prodotto con un grande futuro”. Il nome stesso dell’associazione, Arca, evoca un’idea di salvezza e custodia: l’intento è traghettare nel futuro un patrimonio identitario che rischiava l’oblio, offrendogli invece gli strumenti della contemporaneità.

E proprio di futuro parla anche Tonino Guzzo, enologo tra i primi a credere nel potenziale del Catarratto. “E’ una varietà storica della viticoltura siciliana – dice – spesso non compresa e, per lungo tempo, denigrata. Per decenni, le alte rese per ettaro, le tecniche colturali poco attente e la scarsa valorizzazione in cantina hanno contribuito a produrre vini poco apprezzati. Ma oggi, grazie all’impegno di alcuni produttori che hanno creduto nel suo potenziale, coltivandolo in areali vocati e vinificandolo con tecniche adeguate, si sono raggiunti risultati che fino a pochi decenni fa sembravano impensabili. Risultati riconosciuti da guide, concorsi internazionali e, soprattutto, dal mercato”.

L’incontro che ne sancisce il debutto ufficiale, intitolato “Origine e visione, il rinascimento del Catarratto”, si svolgerà oggi, mercoledì 28 maggio, al vivaio regionale Federico Paulsen di Palermo. Un luogo simbolico, legato alla ricerca e alla sperimentazione, scelto per sottolineare che la valorizzazione del Catarratto non può prescindere dall’innovazione.

Dalla zonazione alla selezione clonale, dalle pratiche agricole sostenibili alle tecniche enologiche più rispettose, l’obiettivo di Arca è anche quello di creare un modello produttivo coerente e riconoscibile, che parta dal vigneto per arrivare al bicchiere raccontando verità e non mode. Non è solo un ritorno alle origini: è un salto in avanti. Un nuovo modo di raccontare la Sicilia vitivinicola, attraverso un vino che – come pochi altri – riesce a restituire nel calice il carattere sobrio e fiero della Sicilia interna, quella meno patinata, ma forse più autentica. Un vino identitario, sostenibile, contemporaneo. E questa è solo la prima pagina di un racconto destinato a durare.

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