La vitamina ‘G Green’, ecco come l’essere umano si curerà in futuro
di NinoSutera*
Tutti o quasi, conoscono gli effetti salutistici, nutrienti e nutraceutici, delle piante anche quelle spontanee. Un po’ meno, invece, se ne conoscono gli aspetti salutogenici derivanti dal nostro rapporto con le piante, l’ambiente e i paesaggi. Secondo Gaspare Armato, psicologo e cognitivista, “il nostro, è ancora un DNA forestale”. In altri termini, per dirla con Armato, che fra l’altro ha alle spalle un master in Futuro Vegetale e cultore di Psicologia Ambientale e Architettonica, l’Homo Sapiens ha 300 mila e per 298 mila anni ha vissuto immerso nelle foreste e negli ambienti naturali.
“I nostri recettori si sono co-evoluti con i B-VOC, con le molecole e i composti organici volatili prodotti dalle piante e dagli alberi e c’è una corrispondenza perfetta tra molecole volatili e recettori”, spiega l’esperto agrigentino, nativo di Montevago. Armato, conoscitore dell’idea curativa che hanno la natura e gli ambienti indoor se vissuti in modalità interattiva attraverso lo scambio consapevole tra l’uomo e i suoi stessi habitat, ci consegna un interpretazione autentica del ruolo della vitamina G Green, sostenendo che rigenerazione in natura, medicina forestale, psicologia ambientale, saranno i cardini del nostro futuro formulato sul concetto psicofisico di benessere ma anche quello di bell’essere. In sostanza, “non è più derogabile, investire enormemente sulla costruzione di una cultura pro-ambientale: ‘Mens sana, corpore sano in ambiens sano’. Diversi dati scientifici, ci dicono che non solo gli ambienti inquinati sono dannosi per la salute umana ma persino gli ambienti alterati lo sono, non possiamo più trascurare queste acquisizioni. “Noi siamo influenzati da Plant Blindness, ovvero di cecità alle piante – aggiunge Armato che è anche psicoterapeuta – e questo nel corso della storia ha generato e continua a generare enormi problemi alla vita sul pianeta.
Nature Prescription: “dosi” di natura per essere sani e felici, è un progetto non più sperimentale promosso dal sistema sanitario scozzese. Il programma è sostenuto in collaborazione con la National Health Service del Regno Unito (l’equivalente del nostro Ministero della Salute), e la Royal Society of the Protaction of Birds. I medici prescrivono ai pazienti “dosi” giornaliere di vitamina G cioè immersi nel green.
Ma i paesaggi e gli ambienti naturali non sono solo luoghi da cui ricavare risorse alimentare o gradimento estetico, possono essere dei luoghi dove ‘coltivare’ importanti processi di salutogenesi, sia a livello psichico, sia a livello fisico”. C’è lo spiega molto bene lo scienziato e noto botanico Stefano Mancuso, docente all’Università di Firenze, fondatore del Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale (LINV), nei suoi numerosi saggi: Verde brillante. Sensibilità e intelligenza del mondo vegetale, scritto insieme ad Alessandra Viola, per citarne uno. Armato, insomma, immagina la Sicilia in un contesto di ecoterapia come un luogo dove la grande bellezza degli habitat naturali come di quelli abitativi delle architetture, o di fruizione culturale, hanno una funzione curativa già in situ, ancor più se su alcuni di questi si promuovono i principi di reciprocità, integrazione e rigenerazione, dove la cura dei luoghi diventa terapia, dove i luoghi diventano cura.
A questo punto, il discorso sui luoghi di cura formali in generale, sia pubblici che privati, come ospedali, case di cura, strutture sanitarie, studi medici e di supporto psicologico e psicoterapico, necessita ormai di una revisione e di una risemantizzazione in senso ecologico. “Questo grande tema non può essere declinato solamente in senso energetico e di sostenibilità, ritengo piuttosto necessario riformare i dispositivi di cura, psicologici e fisici, con le più attuali acquisizioni nel campo della neurobiologia vegetale, dell’ecologia, della psicologia ambientale e architettonica e delle neuroscienze ambientali” sottolinea l’esperto. E’ opportuno rimarcare che secondo l’Oms, trascorriamo 85%-90% della nostra vita in ambienti chiusi. I materiali usati per la costruzione degli ambienti chiusi sono sempre più di origine chimica di sintesi o petrolderivati e le loro emissioni contengono sostanze dannose per la salute: Il risultato è l’aumento di numerose patologie intrinseche e estrinseche.
*Osservatorio Politiche Neorurali
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