Gastronomia e cultura
Un grande patrimonio di biodiversità porta la Sicilia alla conquista dell’Europa
I giudici dell’’International Institute of gastronomy, culture, arts and tourism (Igcat), che hanno conferito alla Sicilia il titolo di Regione Gastronomica Europea 2025, sono stati conquistati da un patrimonio gastronomico che è espressione di varietà climatiche, territoriali e culturali che appartengono a millenni di storia. Un traguardo che parte da lontano, quello della Sicilia Regione Gastronomica Europea 2025, riconoscimento ufficializzato lo scorso 15 dicembre a Catania, frutto di un percorso che ha avuto come bussola una costante politica di valorizzazione e, in certi casi, di riscoperta dei prodotti siciliani.
Gli uffici competenti dell’assessorato dell’Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca mediterranea della Regione Siciliana, per mettere sul tavolo dei giudici dell’Igcat (l’organizzazione internazionale che ha conferito il titolo) tutte le informazioni necessarie per prendere una scelta di livello mondiale, hanno confezionato statistiche, corpose biografie e portato per mano in lungo e in largo per la Trinacria, questi esperti alla scoperta di un territorio, evidenziando le caratteristiche di un mondo agricolo la cui storia è strettamente intrecciata con l’ambiente che lo circonda, con dominazioni che hanno segnato millenni di storia e con una serie di aspetti culturali che fanno della Sicilia un’isola unica al mondo.
La chiave di tutto sta in una parola: biodiversità. La Sicilia è infatti da millenni un insieme di varietà climatiche, territoriali, culturali, favorite dalla sua posizione nel cuore del Mediterraneo e l’agricoltura, proprio per questo, si caratterizza per una ricca varietà di colture. Coste, pianure, zone collinari, zone montane e un vulcano alto 3000 metri: un territorio vastissimo in cui si sprigiona una quantità enorme di germoplasma e biodiversità. E sul fronte produzioni agricole? Territori diversificati ne esprimono innumerevoli declinazioni, che sulle nostre tavole arrivano grazie alla sapiente opera di imprenditori che lavorano secondo rigide regole e rispetto assoluto della materia prima.
“Il 2025 ci permetterà di fare conoscere il nostro patrimonio gastronomico, culturale, artistico e storico, ma sarà anche un’occasione per dimostrare che a questo non ci siamo arrivati per caso, ma attraverso studi metodici dei quali oggi, soprattutto in vista del cambiamento climatico che è ormai sotto gli occhi di tutti, stiamo comprendendo il grande valore”. Vincenzo Pernice, dirigente dell’assessorato regionale Agricoltura, traccia a Terrà il percorso con cui la Sicilia è arrivata a conquistare il podio europeo, spiegando come nei millenni ogni pezzo del puzzle abbia portato un suo contributo, favorendo un aspetto della cultura agricola che poi ha trovato il suo climax nella gastronomia siciliana famosa in tutto il mondo.
“Abbiamo portato i giudici alla scoperta della diversità accoppiandola al livello di preparazione di imprenditori di altissimo profilo, per fare scoprire loro aziende tecnologicamente avanzate con un know how che non è secondo a nessuno”, aggiunge. Tre i settori che sono stati analizzati: vitivinicolo, olivicolo e frutticolo. Ma a mettere il turbo alla macchina è stato il vitivinicolo.
I giudici sono stati infatti condotti al Centro regionale della biodiversità Federico Paulsen, dove, all’interno di casseforti è custodito qualcosa di estremamente prezioso: le risorse genetiche della nostra agricoltura, il loro Dna. “La giuria è rimasta stupita e ha capito il solido progetto scientifico che c’è dietro la politica di intervento agricolo” evidenzia Pernice. La banca siciliana della biodiversità, nel 1800 giocò un ruolo fondamentale per salvaguardare le viti di tutto il mondo dal fitofago killer, conosciuto come fillossera, studiando la resistenza della vite americana agli attacchi di questo patogeno. Oggi questo luogo è un centro di biodiversità e le regole di indagine delle viti sono state applicate prima al settore olivicolo e poi a quello della frutta.
“Il modello virtuoso applicato alle viti siciliane – spiega ancora il dirigente dell’amministrazione regionale – ci permette di sapere che alcune piante daranno la loro migliore espressione in pianura, altre in montagna e che alcuni cloni potranno produrre un vino da tavola o altri ancora potranno essere utilizzati per altri scopi, e questo è applicabile a olivi e frutta”.
“Abbiamo spiegato ai giudici la nostra storia, abbiamo mostrato loro il visibile e il ‘non visibile’ e, in un mercato globale che va verso l’uniformità delle produzioni, la Sicilia è apparsa loro in controtendenza rispetto alla standardizzazione generale con una valorizzazione del prodotto che è espressione di unico concetto, Born in Sicily“, conclude Pernice.
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