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Tre varietà, una terra: come il Limone di Siracusa, dell’Etna e Interdonato raccontano la Sicilia nel mondo

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In Sicilia, ogni cosa profuma di storia. Ma se c’è un frutto che più di ogni altro sa raccontarla, quel frutto è il limone. Un frutto che non è solo ingrediente o simbolo, ma paesaggio, cultura e identità. E mai come ora, nel 2025 – anno in cui la Sicilia è ufficialmente Regione europea della gastronomia – il limone siciliano è pronto a reclamare il ruolo che gli spetta: quello di ambasciatore d’eccellenza di un territorio che ha saputo trasformare la biodiversità in racconto, la tradizione in valore economico e sociale.

Tre le varietà principali, tre anime diverse raccontano la stessa terra: il Limone di Siracusa, il Limone dell’Etna e il Limone Interdonato di Messina. Ciascuno con caratteristiche proprie, coltivazioni differenti, stagionalità uniche. Ma accomunati da una qualità superiore e da un impegno condiviso: quello della filiera corta, della tracciabilità, della sostenibilità.

Siracusa, capitale europea del limone

Siracusa non è solo barocco, archeologia e mare. È anche – e soprattutto – limone. Qui nasce il Limone di Siracusa IGP, coltivato su circa 6.000 ettari, con una produzione che da sola rappresenta oltre il 30% dell’intero raccolto nazionale. La cultivar è il Femminello, varietà antica e straordinariamente prolifica, che grazie alle sue tre fioriture annuali – il Primofiore (da ottobre a marzo), il Bianchetto (aprile-maggio) e il Verdello (da giugno a settembre) – consente una produzione praticamente continua.

Limone (Femminello di Siracusa)

Il Consorzio di Tutela del Limone di Siracusa IGP, istituito il 13 luglio 2000, è una delle realtà agrumicole più significative d’Europa, con 163 consorziati che includono produttori, confezionatori e utilizzatori. Il Consorzio svolge attività di vigilanza e promozione in Italia e all’estero per diffondere la conoscenza del prodotto e del marchio IGP.

Il clima temperato, la salsedine nell’aria, i terreni fertili: tutto contribuisce a generare un prodotto dalla buccia sottile, ricca di oli essenziali, e dalla polpa succosa e profumata. Ma la vera ricchezza sta nella sostenibilità della coltivazione. Il limone di Siracusa non subisce trattamenti post-raccolta: niente cere, niente fungicidi – spiegano dal Consorzio. È edibile al 100% e questo lo rende un ingrediente irrinunciabile per chef e pasticceri di tutto il mondo.

Il Limone di Siracusa IGP non è solo per il consumo fresco; la sua qualità lo rende molto richiesto in vari settori: alimentare (gelati, caramelle, prodotti da forno, bevande alcoliche e analcoliche, liquori, marmellate), medico-scientifico, cosmetico e profumiero. Aziende di fama mondiale come Coca-Cola e produttori di bibite artigianali come Tomarchio hanno scelto il succo di Limone di Siracusa IGP per i loro prodotti, a testimonianza della sua eccellenza. Il consorzio è attivo in campagne europee come il progetto LemON, che promuove la conoscenza del limone IGP in Italia, Polonia e Romania.

Il Limone dell’Etna IGP: un tesoro vulcanico riconosciuto

Il Consorzio di Tutela del Limone dell’Etna IGP ha ottenuto il riconoscimento ufficiale dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (Mipaaf) nel novembre 2023. Questo sigillo di qualità valorizza ulteriormente un prodotto che trae la sua unicità dal territorio vulcanico e dal clima mite della fascia ionico-etnea della provincia di Catania. Il suo sapore, più agro rispetto ad altri limoni siciliani ma distintamente superiore agli importati da Spagna e Argentina, è plasmato dalle condizioni pedoclimatiche specifiche, inclusa la brezza notturna che scende dall’Etna.

Una peculiarità della coltivazione del Limone dell’Etna è la tecnica della “forzatura” o “secca”, che prevede la messa a riposo idrico delle piante in giugno-luglio, seguita da un’abbondante irrigazione a fine luglio per stimolare la fioritura e la produzione della pregiata varietà estiva, il Verdello, che matura fino a settembre. Il Verdello è un concentrato di nutrienti, ricco di vitamina C, calcio, potassio, fosforo e magnesio, con una polpa delicata e un profumo intenso derivante dagli oli essenziali della buccia. La produzione avviene 12 mesi l’anno, con rese che vanno dai 300 ai 600 quintali per ettaro.

Nonostante le sfide poste dalla concorrenza internazionale e dalle difficoltà distributive dovute alla scarsità di confezionatori, il Consorzio, presieduto da Renato Maugeri, è determinato a diffondere il marchio e a valorizzare il “fattore culturale” di questo prodotto unico. Un esempio concreto dell’impegno per la sostenibilità è il progetto “Lemon” del GAL Terre di Aci, finanziato dall’Assessorato Regionale dell’Agricoltura attraverso il D.D.G. 1723 del 26 aprile 2022. Questa iniziativa mira a coinvolgere 50 aziende produttrici di limoni nell’adozione di impianti basati sull’intelligenza artificiale per l’ottimizzazione dell’uso della risorsa idrica, affrontando la persistente siccità e promuovendo l’agricoltura di precisione.

Interdonato: il primo limone che arriva sul mercato

Tra le colline che si affacciano sullo Ionio messinese cresce uno dei frutti più pregiati della Sicilia: il Limone Interdonato. La storia inizia tra il 1875 e il 1880, quando il colonnello garibaldino Giovanni Interdonato, appassionato agrumicoltore, sperimentò nei suoi agrumeti di Alì Terme. Con pazienza e determinazione, realizzò circa 200 innesti, incrociando il cedro con il limone locale. Da questo matrimonio botanico nacque un ibrido straordinario che avrebbe portato il suo nome attraverso i secoli.

Il Limone Interdonato si distingue per la sua elegante forma ellittica e l’umbone pronunciato all’apice, poeticamente chiamato “naso del limone”. La buccia sottile e lucida presenta un giallo intenso con estremità leggermente verdi, mentre la polpa succosa e quasi priva di semi rivela un sapore dolce e delicato, privo dell’acidità pungente di altri limoni.

Limone Interdonato

Questa particolarità deriva dal basso contenuto di acido citrico e dall’elevata presenza di vitamina C, un equilibrio perfetto che ha conquistato palati raffinati in tutto il mondo. Non è un caso che gli inglesi lo abbiano scelto per aromatizzare i loro tè pregiati. La raccolta manuale, dal primo settembre al 15 aprile, è un rituale che si tramanda di generazione in generazione. La maggior parte viene raccolta entro febbraio, rendendo questo limone uno dei primi disponibili sui mercati europei.

In cucina il Limone Interdonato è protagonista di preparazioni raffinate, ingrediente base per limoncelli, marmellate e persino per il cioccolato di Modica. Negli ultimi anni trova impiego anche in cosmesi grazie alle sue proprietà benefiche. Il suo valore è riconosciuto ufficialmente con l’IGP (Indicazione Geografica Protetta) e dal 2004 gode del prestigioso presidio Slow Food, che ne certifica qualità e sostenibilità.

Un mercato da difendere

Eppure, nonostante la qualità e la tradizione, il mercato nazionale dei limoni è sempre più esposto alla concorrenza estera. Nel 2022, l’Italia ha esportato circa 47mila tonnellate di limoni per un valore di oltre 73 milioni di euro, ma ha importato quasi il doppio: 88.588 tonnellate, per un valore superiore ai 91 milioni di euro. Il prezzo medio d’importazione si aggira su 1,03 €/kg, contro l’1,57 €/kg dell’export, e spesso si tratta di prodotti meno sicuri ma più economici.

Il confronto è impietoso anche in termini storici: nel 1995, l’Italia importava 17,8 milioni di kg di limoni; nel 2012, si è arrivati a oltre 103 milioni di kg. In parallelo, la produzione nazionale è crollata da quasi 700 milioni a poco più di 300 milioni di kg. È qui che si gioca la sfida della qualità contro il prezzo, dell’identità contro l’anonimato globale. Certo, la filiera agrumicola siciliana, e in particolare quella dei limoni IGP, è consapevole delle proprie vulnerabilità. La polverizzazione del tessuto produttivo e la scarsa aggregazione dell’offerta rappresentano ostacoli alla piena valorizzazione.

A ciò si aggiungono minacce fitosanitarie, come il grave problema del Virus della Tristeza e il “Mal Secco” che colpisce le piante, oltre all’elevata incidenza dei costi della manodopera e alla competizione internazionale basata sul prezzo. Problemi di microcriminalità, con furti di prodotti e attrezzature, affliggono anch’essi le aziende. Tuttavia, queste debolezze sono bilanciate da solide opportunità. La vocazione produttiva del territorio, l’eccellente profilo qualitativo dei prodotti (sia organolettico che nutrizionale) e l’ampio calendario di raccolta sono punti di forza intrinseci.

L’introduzione di nuove varietà e cloni che migliorano il profilo qualitativo e ampliano l’offerta stagionale è una chiave di sviluppo. La promozione degli agrumi può essere sinergicamente legata alla valorizzazione del territorio e del turismo, capitalizzando sulla forte identità culturale delle produzioni tipiche. La buona diffusione dei marchi a denominazione di origine e del biologico, insieme alle opportunità offerte dalla vendita diretta e dalle filiere corte, rafforza la posizione sul mercato. La possibilità di incrementare i consumi pro capite attraverso continue campagne di comunicazione sulle proprietà qualitative e salutistiche dei limoni è un’ulteriore opportunità.

Il limone, emblema della Sicilia 2025

In questo scenario, la nomina della Sicilia a Regione europea della gastronomia 2025 non è solo un riconoscimento formale, ma un’opportunità concreta. Un’occasione per raccontare la ricchezza di un’agricoltura ancora legata alla terra, alle mani, ai saperi. E per portare alla ribalta un prodotto simbolo che può unire consumatori e produttori, città e campagne, innovazione e tradizione. Il limone siciliano, in tutte le sue forme, è molto più di un frutto. È un gesto quotidiano, un ingrediente imprescindibile, un profumo che evoca estate e memoria. Ed è oggi, più che mai, un bene da custodire.

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