Terrà

Tanti progetti avviati
Smart working e vita salutare, le aree rurali tornano a vivere

Un vecchio, con un cappello in testa, seduto fuori dalla porta di casa con un bastone in mano. Un paese con le case in pietra, i vicoletti fioriti, i vestiti stesi fuori al sole. Questa l’immagine dei piccoli paesi, presenti in tutte le nostre regioni, che continua ad affascinare i turisti italiani e stranieri. Ma i numeri raccontano un’ altra realtà e mostrano una situazione allarmante perché lo spopolamento riguarda tantissimi comuni italiani, soprattutto quelli con meno di diecimila persone, per aggravarsi nei  piccoli centri sotto i tremila abitanti dove, nel 40% dei casi, si registra uno spopolamento sistematico senza nessun segnale di inversione. Sono quindi tanti i paesi fantasma che rischiano di scomparire nei prossimi anni, e con essi il patrimonio immobiliare e le ricche tradizioni di cui si inizia a perder memoria.

L’urgenza di un intervento strutturale è finalmente entrata a far parte dell’agenda politica italiana grazie alla strategia nazionale delle aree interne (SNAI) che dal 2012 ha il duplice obiettivo di migliore e incrementare servizi fondamentali in aree con problemi di spopolamento (istruzione, salute, mobilità)  e di favorire la nascita di progetti di sviluppo finalizzati a valorizzare i ricchi patrimoni naturali e culturali propri di questi territori. Per la prima volta sono state messe a disposizioni ingenti risorse economiche per frenare il crescente abbandono dei comuni più periferici e i conseguenti danni ambientali, sociali ed economici da questo causati. Tanti i progetti avviati e in fase di realizzazione che hanno avuto tra l’altro il merito di coinvolgere le comunità locali e i principali portatori d’interesse.

Obiettivi della Snai

1) incrementare servizi fondamentali in aree con problemi di spopolamento

2) favorire la nascita di progetti di sviluppo per valorizzare i ricchi patrimoni naturali e culturali

Oggi, grazie al lavoro che si sta svolgendo con la SNAI, ma anche a causa  del COVID-19 che ha reso le città ancora più difficili da vivere e al rapido diffondersi dello smart working da questo indotto, i piccoli paesi rurali sono sempre più al centro di nuovi paradigmi che cercano di coniugare l’uso dell’innovazione con stili di vita più sostenibili e salutari. Detto altrimenti, finalmente la città inizia a non essere più percepita come l’unico luogo possibile per un presente e, soprattutto, per un futuro post-moderno e tecnologico, ma nuovi scenari iniziano a profilarsi. L’idea che all’interno dei territori rurali sia possibile costruire delle comunità in grado di offrire infrastrutture e servizi di qualità, ma anche promuovere la nascita di nuove imprese e dell’innovazione non è più vista come un sogno di pochi. Da più parti e da un numero crescente di persone le comunità rurali iniziano a essere pensate come territori in cui si può scegliere di vivere e di trasferirsi, come luoghi in cui poter costruire un progetto di vita e d’impresa.

Indispensabile diventa allora trasformare questa percezione in un cambiamento culturale che sappia accompagnare le persone, le istituzioni e anche le imprese in un percorso di scoperta e massimizzazione delle risorse e delle opportunità presenti nelle aree interne, frenando nel contempo il diffondersi di proposte di corto respiro che minano lo sviluppo delle comunità rurali (come ad esempio la svendita del patrimonio immobiliare). Un cambiamento che metta al centro idee e progetti che sappiano ridare nuova vita al significato della parola comunità, di origine latina, communitas, “derivato di communis, che compie il suo incarico (munus) insieme con (cum) altri” (Enciclopedia Treccani). Ed è proprio questo il fulcro del cambiamento culturale indispensabile al superamento della marginalità delle aree interne: iI ripensare i comuni rurali come luoghi in cui le persone possano costruire progetti ambiziosi che creino valore per chi li realizza e per la comunità tutta.

A cura di Associazione Sviluppo Rurale (L’Associazione Sviluppo Rurale ha recentemente pubblicato un libro “Le Comunità rurali operose”, Marcovalerio Editore)

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