Terrà

Le erbe spontanee protagoniste nella tradizione alimentare dei Nebrodi

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Passato San Giuseppe e prima di tornare a parlare di temi pasquali mi fermo ancora un momento sulle erbe spontanee che tanto significato culinario e antropologico assumono in questo periodo, tanto nella tradizione alimentare dei Nebrodi quanto in quella di tutta la Sicilia, dove il cibo selvatico non ha cessato di essere un’abituale presenza sulle tavole casalinghe, anzi vive di un certo ritorno di fiamma, seppure in un senso tutto diverso da quello del bisogno di sfamarsi del passato. Un piccolo focus merita la famiglia di erbacee spontanee delle Brassicaceae che proprio nei Nebrodi offrono particolare soddisfazione al palato.

Si tratta di erbacee buone comunque si preparino, anche se alcune sono ritenute un po’ “riscaldanti” e si adoperano soprattutto, in tutta l’area come in altre parti della Sicilia, come contorno alle carni di maiale. Queste piante appartengono alla tradizione e al consumo casalingo delle verdure spontanee non meno delle altre piante nominate, e spesso si usano una per l’altra, anche si tratta di specie diverse e appartenenti anche a generi diversi – Raphanus, Hirschfeldia, Sinapis e Brassica in primo luogo, ma non solo – per i quali valgono nomi che cambiano a seconda dei paesi (sciuriddi, cavuledda, mazzareddi, spicuna sarbaggi, qualuddri, sinàpi, ecc.) e delle aree di influenza dialettali. Tutte della stessa famiglia dei broccoli, dal sapore non troppo dissimile ma ricco di sfumature, non sono destinate solo a ripassati contorni in padella o a frittate e finiscono spesso anche in altre preparazioni, comprese a volte le tradizionali minestre d’erbe – necessarie e onnipresenti nella società contadina – queste sì davvero residuali, almeno nella forma di un tempo.

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