La Sicilia e il vino, dall’era geologica all’epoca omerica. La scoperta di ampelidi
di Giacomo Alberto Manzo*
La Sicilia è l’unica regione dell’Italia meridionale che vanta il ritrovamento di ampelidi (viti) di ere geologiche assai antiche. Intorno al 1860, alle falde dell’Etna, in provincia di Catania e a Grotte, in provincia di Agrigento, sono state reperite delle ampeloliti (non classificate) in terreni dell’era terziaria, risalenti a parecchi milioni di anni prima della comparsa dell’uomo: il segno, di una antica attitudine di un naturale destino delle sue terre.
Preistoria (XX millennio – XII secolo a. C.)
L’uomo arrivo in Sicilia piuttosto tardi, in una epoca molta avanzata della glaciazione Wurmiana, cioè nelle Paleolitico superiore, forse prima di 20.000 anni fa. La vita paleolitica (della pietra scheggiata)si sviluppò senza fatti nuovi fino al Neolitico o età della pietra levigata (forse dell’inizio del quarto millennio avanti Cristo), durante il quale le popolazioni si dedicavano all’agricoltura: si entra nella Civiltà di Stentinello, così denominata da un villaggio prossimo a Siracusa. Queste popolazioni erano riunite in villaggi usavano strumenti di Basalto e fabbricavano oggetti di argilla incisa ancora fresca. Questa cultura è presente non solo in Sicilia, ma anche sul litorale Mediterraneo (Italia, Balcani etc), proveniente dalla Siria settentrionale e d’Anatolia (Asia Minore).
In tale periodo non vi è nulla che attesti la presenza della vite in Sicilia. Intorno al 3000 avanti Cristo nel Sud dell’Italia e della Sicilia, comparvero popolazioni Egee, che conoscevano l’arte della fusione del rame. L’età del bronzo si ebbe con il secondo millennio, in questo periodo popoli dell’Egeo si installarono nelle isole Eolie e nella Sicilia Orientale. Intorno al XVII secolo a.C. si ebbe una complessa serie di migrazioni dalla penisola Iberica alla Sicilia, Sardegna, Italia settentrionale, Francia meridionale, ma anche dalla costa atlantica della Francia, alla Britannia e verso le valli del Rodano.
Questa Civiltà è identificata dalla ceramica nota come “bicchiere campaniforme” e a essa bisogna risalire per spiegarsi la diffusione nell’Europa Occidentale delle lingue indo-europee, e forse in queste migrazioni furono portate in Sicilia le “molte” varietà di “viti”, che denunziano chiaramente la loro origine Europea. Nella età del “bronzo” si ebbe attorno a Siracusa la cultura del “Thapsos” con evidenti rapporti con il mondo Egeo, alla quale appartengono le tombe di cozzo del “Pantano”, (presso Siracusa), ove alcuni ritrovamenti nel 1932 testimoniano l’attività “vinaria” (età anteriore a 2000 anni a. C.). Materiali fittili micenei sono stati trovati, oltre a Cozzo del “Pantano” (Sr) e nelle isole Eolie, a sud est dell’isola e cioè a Mulinello di Augusta, Thapsos, Floridia, Matrensa, Buscemi, M. Sallia, Pantalica, Serra Orlando, e a sud ovest e cioè ad Agrigento e a Milena (M.Marazzi e S. Tusa). Il che fa presumere una “diffusione larga” dell’uso del vino, non solo nella parte orientale dell’Isola ma anche in quella occidentale.
La Sicilia dal XII al IX secolo a. C.
In merito agli antichi abitatori dell’Isola, secondo le testimonianze dagli scavi effettuati , pare che i primi siano stati i Sicani: anzi, a quanto esse affermano , nati nel luogo; invece la verità assodata e che i Sicani erano dei Iberi, scacciati ad opera dei Liguri dalle rive del fiume Sicano, che si trova appunto in Iberia (Spagna). Dal loro nome l’isola fu chiamata “ Sicania”, mentre prima era “Trinacria”. Espugnata che fu Ilio (fondatore di Troia) alcuni dei Troiani sfuggiti agli Achei (Greci) approdarono con le loro imbarcazioni in Sicilia, ove si stabilirono ai confini dei Sicani; e tutti insieme presero il nome di Elimi; Erice e Segesta (Tp) furono le loro città. Ad essi si aggiunsero alcuni reduci di Troia, i “Focesi”, sballottati da forti tempeste dalla Libia in Sicilia.
Dall’Italia, i Siculi, passarono in Sicilia attraversando lo “stretto” su delle zattere. Dei Siculi c’è né ancora in Italia, anzi la regione fu chiamata “Italia” da Italo, re dei Siculi. Passati dunque in Sicilia, i Siculi, vinsero i Sicani che confinarono nelle regioni meridionale e occidentali e fecero sì che l’isola, da Sicania si chiamasse “Sicilia”. Compiuto il passaggio occuparono e abitarono le zone più fertili del paese, circa 300 anni prima dell’arrivo dei Greci ( intorno al 1200/1000 anni a.C). Anche i Fenici (1000 anni a.C.)abitavano qua e là per tutta la Sicilia, occupando i promontori sul mare e le isolette vicine alle coste, per facilitare i rapporti commerciali con i Siculi. Quando vennero d’oltre mare in gran numero i Greci, essi sgombrarono la maggior parte del paese e si concentrarono a Mothya ( isola Mozia – stagnone di Marsala), Solunto e Panormo (Palermo), vicino agli Elimi stessi, e dal fatto che quel punto della Sicilia distava pochissimo da Cartagine (Tunisi). Tanti furono i popoli Barbari che abitarono la Sicilia.
I Sicani (che all’arrivo dei colini greci popolavano la parte occidentale dell’isola) sono di origine incerta: perché non si dispone di alcuna documentazione in merito, però molti autori ritengono che il popolo sicano era composto dalle civiltà pre-indoeuropea. Gli Elimi, che si insediarono nella parte occidentale della Sicilia, dai ritrovamenti di frammenti di ceramica di Segesta (Tp), che recano segni incisi dell’alfabeto greco, ma di una lingua forse anatolica (Asia Minore 2200-2000 anni a.C.). I Siculi, che s’installarano (intorno all’XI secolo a. C.) sulla parte orientale dell’isola, certamente provenivano dall’Italia peninsulare, (Tucilide): tesi quest’ultima non condivisa con molti autori ricercatori, che sostengono che non vi è alcuna “unita” in comune anche se i popoli e i ritrovamenti di Centuripe (En)di Adrano (Ct) e Taormina (Me) hanno una comune origine.
Questi popoli nelle loro migrazioni, certamente, portarono con la nomenclatura “viti-vinicola-egea” molti dettami tecnici appresi nei loro scambi con il mondo Egeo (Biancofiore 1963- Sereni 1965-1981), per cui la vite nelle plaghe caldo-aride dell’isola venne allevata ad alberello con sostegno. (uve poco turgide, vizze, fino a secche). Ma ancora in epoca omerica (VIII sec. a. C.) alla falde dell’Etna (isola dei ciclopi) la vite era ancora spontanea (Odissea – canto IX vv. 108-111): “Non seminato, non piantato; l’orzo il frumento e la gioconda vite, che si carca (carica) di grosse uve, che la pioggia di Zeus rigonfia” -. Le viti in tale condizioni non avevano problemi di alimentazione idrica, ma anche qui la “vite” fu messa a coltura, e così si andò verso l’alberello Egeo. (Alla prossima puntata)
Enologo*
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