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La Provola dei Nebrodi conquista l’America: il viaggio scientifico, l’identità e il futuro di un’eccellenza siciliana

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di Dario Cataldo

La Provola dei Nebrodi ha intrapreso un viaggio lungo e affascinante che, partendo dalle antiche tradizioni di un territorio aspro e generoso, attraversa l’oceano per approdare nei laboratori della Wisconsin University. È qui che la ricerca scientifica italiana incontra l’avanguardia statunitense, dando vita a uno studio internazionale che punta a svelare i segreti più profondi di uno dei formaggi simbolo della Sicilia.

“I Nebrodi sono espressione di un paesaggio duro, complesso, articolato, e la tradizionale Provola dei Nebrodi è figlia di quel territorio, e si porta dietro tutte le sue complessità, che però ne danno carattere e forza, rendendola un prodotto complesso ma unico”, spiega a Terrà Rosario Petriglieri, ricercatore del CorFiLaC di Ragusa. Una complessità che non si limita al contesto geografico, ma si estende ai processi di produzione e soprattutto alla stagionatura, campo ancora poco esplorato ma dal potenziale immenso.

Il percorso scientifico

Il percorso scientifico è iniziato con il lavoro pionieristico di Giuseppe Licitra, sotto l’egida del CorFiLaC, focalizzandosi inizialmente sulla caseificazione. Ora, però, l’attenzione si sposta sulla maturazione del formaggio, aspetto che può determinare profondamente la qualità e l’identità del prodotto. Per affrontare questa nuova sfida, è stato coinvolto lo staff della Wisconsin University, uno dei centri di eccellenza nel panorama della ricerca casearia internazionale.

Protagonista di questo ponte tra Sicilia e Stati Uniti è Giantonio Calandra, giovane studioso che ha già collaborato con l’Università di Catania e con il CorFiLaC. Calandra, oggi ospite della Wisconsin University, sta conducendo uno studio dettagliato sulla stagionatura della Provola, testando protocolli con temperature differenti su lotti omogenei per valutare l’impatto sulle caratteristiche strutturali del formaggio. “Uno studio specialistico si concentra sui processi che portano alla sfogliatura della Provola – precisa Petriglieri – cercando di capire cosa la determina, in termini di maturazione”.

I primi risultati

I primi risultati sono già sorprendenti. Sono stati individuati ceppi batterici specifici riconducibili al territorio e alle pratiche tradizionali di trasformazione del latte. È un passo fondamentale nella definizione dell’identità microbiologica della Provola dei Nebrodi DOP. Tanto che, davanti a dati tanto promettenti, il team statunitense ha chiesto a Calandra di prolungare la sua permanenza fino a gennaio 2026.

“Il nostro studio – continua Petriglieri – ha il compito di conoscere intrinsecamente i processi, dare spiegazioni del come e perché avvengono, valutare la salubrità del prodotto e spiegare perché è sicuro dal punto di vista della sicurezza alimentare, come e, spesso più, dei prodotti ottenuti con manifattura industriale”. Non si tratta di semplificare o industrializzare. Anzi, è un lavoro che mira a tutelare la complessità e la verità dei processi. “Se si semplificano i processi, si denatura il prodotto dice ancora il ricercatore -. Noi abbiamo il dovere di fornire tutte le nostre conoscenze affinché chi ancora produce nel nome della tradizione possa avere una sua identità, un suo onesto ritorno economico e continuare nel suo percorso di vita che ha anche valore di custode del territorio. E i Nebrodi hanno tanto bisogno di non perdere i loro custodi”.

Il packaging

Ma se la scienza tutela la qualità, la comunicazione è la chiave per farla conoscere. E in quest’ottica si inserisce un altro importante tassello: la definizione del packaging ufficiale della Provola dei Nebrodi DOP. È l’immagine che rappresenterà il prodotto sui mercati internazionali, la sintesi visiva del suo valore. “I packaging sono importanti, sono l’immagine di un prodotto, devono esprimere, con poco, tutto quello che è il loro contenuto”, sottolinea Petriglieri. Un contenuto fatto di storie, pascoli, tecniche antiche, sicurezza alimentare innata e identità culturale profonda.

Secondo le indagini, i consumatori amano i prodotti tradizionali, ma i più giovani li conoscono poco. Per questo diventa fondamentale affiancare allo studio scientifico un grande lavoro di comunicazione. “Tradizione non vuol dire elusione delle regole sanitarie – chiarisce Petriglieri – Tradizione significa che i sistemi produttivi tradizionali sono riusciti a resistere nei secoli perché il sistema di sicurezza alimentare era insito nei processi, prima ancora che questo venisse disposto per legge”.

Guardando al futuro, la sfida è quella di fare sistema, unire le forze dei produttori, dei ricercatori e dei comunicatori per aprire nuovi mercati e far conoscere al mondo il volto più autentico della Sicilia. Quello di una Provola che sa di storia, di resistenza e di eccellenza. Una Provola che oggi, finalmente, parla anche americano.

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