Parla l'esperto
Peronospora, micidiale la “larvata”. Come evitare di non compromettere la vendemmia 2024
di Saverio Abbate*
La peronospora è un’avversità fungina che ha sempre falcidiato la vite negli ambienti caldo umido dove trova l’habitat più favorevole al suo sviluppo. Si manifesta sotto tre forme diverse da maggio a settembre attaccando tutti gli organi verdi della vite. La forma più pericolosa è senza dubbio la forma “larvata” che si sviluppa quando i grappolini appena formati sono molto vulnerabili dato il loro stadio vegetativo completamente erbaceo. Il fungo al verificarsi delle condizioni climatiche di almeno 10 mm di pioggia nelle 24 – 48 ore e una temperatura media di 10°C, germina e nel giro di una settimana attacca il rachide o i racimoli dei grappolini appena formatisi. Il rachide può essere attaccato alla base compromettendo l’intero grappolo, o in una parte più o meno distale dall’inserzione dello stesso, compromettendo la parte del grappolo apicale, oppure il racimolo nel punto d’inserzione nel rachide.
Nella forma larvata, il danno maggiore si registra quando vengono compromessi i vasi infatici alla base del rachide, in quanto tutto il grappolo resta danneggiato
Il danno maggiore si registra nel primo caso che compromettendo i vasi linfatici alla base del rachide, tutto il grappolo resta danneggiato. Negli altri due casi, il danno è sempre grave, ma dipende dal punto in cui il fungo ha colpito. La parte del grappolo rimasto viene ancora alimentato, nutrendo meglio gli acini rimasti e a volte ottenendo una qualità migliore, anche se la quantità può essere ridotta fino al 70%. La seconda forma in ordine cronologico è la “seconda generazione” che attacca le foglie e si propaga da queste al grappolo, ma qui’ attacca principalmente gli acini causando la rottura della buccia con conseguente fuoriuscita del succo che crea le condizioni favorevoli alla botrite. In questo caso a farne le spese è principalmente la qualità non tanto la quantità.
La terza forma è quella tardiva “la cosiddetta peronospora a mosaico” che si verifica in settembre – ottobre e attacca principalmente le foglie. Sulla foglia compaiono delle macchioline puntiformi, da qui il nome mosaico. Questa è la meno dannosa, in quanto non attacca l’uva, la quale potrebbe già essere stata raccolta, ma causa il disseccamento delle foglie impendendo alla vite di elaborare sostanze di riserva ed influenzando negativamente la produzione dell’anno successivo, inoltre arricchisce l’ambiente di cellule fungine che sporificano favorendo le infezioni dell’anno avvenire. Infezioni così intense, come quelle avvenute in questa campagna appena trascorsa, indipendentemente dagli organi attaccati, causano un’infestazione di spore che sono la causa di una infezione sicura per l’anno appresso.
Le spore rimaste sulle foglie, sui tralci e anche su acini colpiti che cadono per terra, rimangono sul terreno e su parti di pianta colpite per tutto l’intero inverno. Al verificarsi delle condizioni climatiche e fenologiche della pianta, che sono i famosi tre 10, le spore germinano iniziando il loro ciclo infettivo. In un’annata come quella appena trascorsa, l’infezione è parecchio notevole, pertanto, a mio parere, per evitare di compromettere anche la futura produzione, ed evitare una lotta contro questo fungo quasi impossibile, è necessario iniziare a fare dei trattamenti con poltiglia bordolese ancor prima che si verifichino tutte e tre le condizioni favorevoli allo sviluppo delle spore. Appena si verificano i due dieci, cioè i 10 mm di pioggia nelle 24-48 ore e i 10 gradi di temperatura media, è indispensabile fare dei trattamenti con poltiglia Bordolese irrorando sia i tralci che fusto della vite.
Ciò consente una riduzione del numero delle spore che germinano e una lotta più facile alle future infezioni. Purtroppo la peronospora rappresenta una delle più gravi e specifiche micopatie della vite europea coltivata, questa malattia è presente in Europa sin dal 1878 ed è una delle avversità che è in grado di ridurre drasticamente la produzione e la qualità delle uve in poco tempo. Oggi considerato che si punta verso un’agricoltura sostenibile a basso impatto ambientale e quindi una produzione senza l’intervento di fungicidi sistemici, diventa sempre più difficile contenere le infezioni fungine, considerato anche il cambiamento climatico che sempre più spesso ci mette davanti ad eventi di piogge torrenziali seguite da alte temperature, molto favorevole allo sviluppo dei funghi, sarà sempre più difficile potere combattere le malattie fungine della vite. È necessaria una soluzione radicale basata soprattutto sul miglioramento genetico e la creazione di nuovi ecotipi resistenti alle malattie fungine. I cosiddetti vini piwi, che già esistono per alcune varietà coltivate nel nord Italia, derivati da vitigni, denominati anch’essi piwi, ottenuti dal miglioramento genetico e quindi resistenti alla peronospora, all’oidio e alla botrite.
*Agronomo e enologo
foto di Saverio Abbate
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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