Il progetto MIXWHEAT
Recupero della capacità produttiva e rispetto dell’ambiente, la politica agricola vista da Cartabellotta
Parlare di miscuglio evolutivo oggi, tema specifico del progetto MIXWHEAT, in un momento storico difficilissimo, in cui la guerra in Ucraina ha destabilizzato il quadro delle relazioni internazionali, significa fare delle riflessioni anche in termini di sicurezza alimentare, intesa come capacità di un popolo di soddisfare le esigenze alimentari. “Il recupero della capacità produttiva, coniugata con il rispetto dell’ambiente, che è anche rispetto dell’economia, è la strada da percorrere per affrontare il futuro delle politiche agricole”. A introdurre il tema del conflitto dietro casa, un dramma umanitario dalle conseguenze gravissime anche in termini economici, è stato il direttore del Dipartimento Agricoltura dell’assessorato della Regione Siciliana, Dario Cartabellotta, che assieme al docente Di3A Luciano Cosentino, e coordinatore di progetto MIXWHEAT, ha avviato i lavori del seminario sui dati, sulla resa e sull’adattamento climatico dei campioni del primo miscuglio evolutivo, raccolto lo scorso luglio, provenienti dagli areali delle 4 macro-aree climatiche della Sicilia, individuate in pianura, collina, montagna e costa.
Presente, in video collegamento da Firenze, anche il prof. Salvatore Ceccarelli, ideatore dell’innovazione che per primo ha importato, dalla Siria in Italia il miscuglio evolutivo di diverse popolazioni di grano tenero, studiandone lo sviluppo e l’adattabilità ad ambienti caldo-aridi su basi areali diverse. Il progetto arriva in Sicilia dopo un lungo percorso di ricerca, cominciato nel 2010. L’obiettivo di Mixwheat (Evolutionary mixture wheat varieties for the adaptation to climate change) è quello di collaudare l’evoluzione in campo di un miscuglio evolutivo di frumento, al fine di riportare diversità nel settore cerealicolo biologico o basso input, risolvendo da un lato il problema dell’assenza di varietà adatte a questi sistemi colturali e rendendo più resiliente ai cambiamenti climatici la cerealicoltura siciliana. Ma anche creare una nuova filiera.
“Il progetto MIXWHEAT guarda a un modo di produrre diverso, rispetto a quello a cui ci eravamo abituati, basato su un modello di sviluppo legato alla ricerca di nuove varietà, all’abbandono della biodiversità, alla massimizzazione delle superfici e all’utilizzo abnorme di concimi, non coerente con l’ambiente, frutto di politiche comunitarie sbagliate – prosegue Cartabellotta -. Questi progetti sono il fiore all’occhiello di un programma comunitario che rappresenta un modello nuovo che mette insieme imprese e soggetti di ricerca. L’Unione Europea ha scelto la linea della cooperazione, con i partenariati dell’innovazione, i gruppi operativi, obbligando a collaborare introducendo l’elemento dell’innovazione, come imprescindibile per lo sviluppo e la crescita”, conclude il direttore del Dipartimento Agricoltura. “Il Di3A è molto impegnato nel portare avanti progetti come MIXWHEAT, finanziati con la misura 16.1 (‘Sostegno per la costituzione e la gestione dei gruppi operativi del PEI in materia di produttività e sostenibilità dell’agricoltura’, Gruppo Operativo Cereali Resilienti Sicilia, del PSR Sicilia 2014-2020), legati al trasferimento dell’innovazione nel settore agroalimentare – specifica invece Cosentino – e siamo abbastanza orgogliosi di lavorare per lo sviluppo economico della nostra Regione, in collegamento continuo con il Dipartimento Agricoltura dell’Assessorato regionale”.
Cartabellotta: “L’Unione Europea ha scelto la linea della cooperazione, obbligando a collaborare introducendo l’elemento dell’innovazione”
“Oggi vanno riallacciati i primi principi della politica comunitaria di sicurezza alimentare degli anni ‘60 – riprende Cartabellotta – ponendo appunto la questione in termini di approvvigionamento e di security, di produzione secondo principi agro-ecologici che rispondono, tra l’altro, a principi economici”. “In Italia importiamo dall’estero oltre il 40% di grano – sottolinea l’innovation broker Paolo Caruso –. Politiche comunitarie del passato hanno deciso che la Sicilia, seppur vocata alla produzione di grano, subisse interventi normativi mirati allo spopolamento delle campagne, all’abbandono dei terreni al pascolo, e disincentivanti il ricambio generazionale. Politiche comunitarie che hanno portato gli agricoltori a prendere contributi anche senza coltivare, a eliminare le eccedenze. E oggi, a forza di eliminare, non abbiamo più materia prima”. Per Caruso, in sostanza, “oggi paghiamo le conseguenze di quelle scelte”. Tuttavia, per l’innovation broker, “il cambio di rotta è ancora possibile e improrogabile”, ricordando che è già cambiata la figura dell’agricoltore, bistrattato un tempo mentre oggi ha ripreso lentamente la dignità di custode della terra. A tesmoniare un reale cambiamento, presenti all’incontro due partner del progetto Giuseppe Li Rosi (Az. Agr. Terre Frumentarie di Giuseppe Li Rosi) e Giovanni Dara Guccione (Az. Dara Guccione Biofarm), intervenuti assieme a Matteo Petitti di Rete Semi Rurali, Giorgio Testa, docente Unict.
Il metodo di lavoro, nei tre anni di progetto, si basa sul trasferire e moltiplicare il nuovo miscuglio, dall’azienda-madre a 5 aziende-figlie per ogni macro area, in modo da avere semente adattata a livello locale da distribuire ad una rete di agricoltori sempre più interessati. I cambiamenti promossi dal progetto avranno diversi impatti, dal livello aziendale a quello del consumo dei prodotti finali, interessando agricoltori e tutto il comparto cerealicolo biologico. Partener di progetto anche le aziende: Agricola Cavalli, Green Bio di Terre di Sant’Agata, Società Agricola di Pietro e Filippo Riolo, Antichi Granai dei f.lli Mirella Santa e Salvatore Passamonte, il mulino Quaglia, e la Rete Semi Rurali, associazione di secondo livello, vera eccellenza in Europa, in materia di semi, registrazione sementiera e ricerca.
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