
Fattorie sociali, scelte di vita di piccoli imprenditori agricoli
di Salvatore Cacciola
Un bancario che si licenza per dedicarsi all’apicoltura e, dopo l’incontro con un salesiano, apre la sua azienda a tossicodipendenti in terapia, insegnando loro i rudimenti del processo di produzione del miele. Un sindaco che riconquista alla legalità ettari di boschi comunali che per anni erano stati usati da mafiosi per arricchirsi con i fondi europei. E’ bastato chiedere alla prefettura le “interdittive antimafia” e si sono accorti che una buona parte degli affittuari non avevano il diritto alla concessione a stare su un bosco che è un bene comune. Adesso hanno intrapreso un’azione di antimafia sociale finalizzata a creare posti di lavoro e a promuovere sviluppo sostenibile: la chiamano “legalità di razza” perché i nuovi ospiti dell’azienda silvo-pastorale del comune di Troina sono gli asini.

Una cooperativa sociale, in un bene confiscato alla mafia, che con il coinvolgimento di giovani autistici trasforma il seme di canapa in olio e farina e produce, con l’aiuto delle api, miele e pappa reale. Il vivaio “il Melograno” sorto dentro una comunità alloggio per soggetti con disagio psichico, in collaborazione con il DSM locale, è diventata la finestra sul mondo di persone che adesso lavorano l’orto, vendono le uova delle galline e gestiscono un uliveto in un terreno confiscato a Mazara del Vallo. Sono ormai tante le storie di successo raccontate da giovani operatori sociali e sanitari che hanno intrapreso una strada nuova: fare inclusione sociale in un’azienda agricola e delle cooperative sociali di tipo b, lavorando la terra e accettando le sfide e i rischi di un’impresa sociale.