Fattorie sociali, scelte di vita di piccoli imprenditori agricoli
di Salvatore Cacciola
Un bancario che si licenza per dedicarsi all’apicoltura e, dopo l’incontro con un salesiano, apre la sua azienda a tossicodipendenti in terapia, insegnando loro i rudimenti del processo di produzione del miele. Un sindaco che riconquista alla legalità ettari di boschi comunali che per anni erano stati usati da mafiosi per arricchirsi con i fondi europei. E’ bastato chiedere alla prefettura le “interdittive antimafia” e si sono accorti che una buona parte degli affittuari non avevano il diritto alla concessione a stare su un bosco che è un bene comune. Adesso hanno intrapreso un’azione di antimafia sociale finalizzata a creare posti di lavoro e a promuovere sviluppo sostenibile: la chiamano “legalità di razza” perché i nuovi ospiti dell’azienda silvo-pastorale del comune di Troina sono gli asini.
Una cooperativa sociale, in un bene confiscato alla mafia, che con il coinvolgimento di giovani autistici trasforma il seme di canapa in olio e farina e produce, con l’aiuto delle api, miele e pappa reale. Il vivaio “il Melograno” sorto dentro una comunità alloggio per soggetti con disagio psichico, in collaborazione con il DSM locale, è diventata la finestra sul mondo di persone che adesso lavorano l’orto, vendono le uova delle galline e gestiscono un uliveto in un terreno confiscato a Mazara del Vallo. Sono ormai tante le storie di successo raccontate da giovani operatori sociali e sanitari che hanno intrapreso una strada nuova: fare inclusione sociale in un’azienda agricola e delle cooperative sociali di tipo b, lavorando la terra e accettando le sfide e i rischi di un’impresa sociale.
Sono queste le buone pratiche che promuovono benessere nella comunità e diventano luoghi della possibile rigenerazione del welfare e dell’intera comunità. Le fattorie sociali in Sicilia non sono nate perché c’era un bando pubblico o una legge regionale da utilizzare, sono il risultato di scelte di vita di piccoli imprenditori agricoli che già avevano scelto di praticare l’agricoltura biologica, che hanno aperto le porte delle loro aziende a soggetti svantaggiati, a progetti di educazione ambientale, a “prestazioni e servizi che affiancano e supportano le terapie mediche, psicologiche e riabilitative finalizzate a migliorare le condizioni di salute e le funzioni sociali, emotive e cognitive dei soggetti interessati anche attraverso l’ausilio di animali allevati e la coltivazione delle piante” (art. 2 Legge 141/2015).
Sono scelte di imprese agricole, prevalentemente a conduzione familiare e bio, che si sono messe in gioco e si aprono al territorio. La “Rete Fattorie Sociali Sicilia” nata nel 2011 come associazione di promozione sociale, ha avuto il merito di intuire la portata del fenomeno nella regione e di dare un supporto organizzativo, formativo e progettuale che è diventato l’elemento catalizzatore per la crescita dell’agricoltura sociale nell’isola. La scelta prioritaria delle aziende è stata quella di puntare sulle loro risorse e di condividere una progettazione comune. I progetti finanziati hanno visto coinvolte le aziende agro-sociali che hanno potuto usufruire di percorsi formativi, di consulenza organizzativa ma soprattutto di concrete occasioni di apprendimento e per sperimentare nuove pratiche di inclusione. L’inserimento socio-lavorativo, il “dopo di noi”, i percorsi abilitanti e di capacitazione finalizzati all’autonomia e alla vita quotidiana di soggetti fragili.
Presidente Rete Fattorie Sociali Sicilia – BioAS
fattoriesocialisicilia@gmail.com
www.fattoriesocialisicilia.it
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