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Zootecnia
Emergenza Peste Suina Africana, il virus non si arresta. Ecco perché la suinicoltura in Sicilia è a rischio

di Sergio Migliore

Dal 2014, in alcuni paesi dell’Est Europa, si registrano epidemie di PSA che, negli anni successivi, hanno interessato diversi Stati Membri, tra cui l’Italia nel gennaio del 2022, con il primo caso in un cinghiale rinvenuto morto in provincia di Alessandria. Oggi il virus è in continua espansione e nuovi casi, limitatamente al cinghiale, continuano a registrarsi in Piemonte, Liguria e più recentemente nel Lazio, dove sono stati riportati anche due casi nel suino domestico. In passato, la malattia era confinata in Sardegna, dove misure di controllo e prevenzione hanno permesso un netto miglioramento della situazione epidemiologica. Tuttavia, il virus identificato in Italia risulta essere di nuova introduzione (genotipo II) e geneticamente diverso da quello circolante in Sardegna (genotipo I).

La PSA è una malattia virale tipica dei suidi, non trasmissibile all’uomo, caratterizzata da elevata morbilità e mortalità

La PSA è una malattia virale tipica dei suidi, non trasmissibile all’uomo, caratterizzata da elevata morbilità e mortalità. La PSA causa ingenti danni all’allevamento suino, sia direttamente per via dell’alta mortalità che indirettamente per le restrizioni al commercio nazionale e internazionale di suini e prodotti derivati. Per questa malattia non esiste a oggi terapia o vaccino. Non sono solo la severità dei sintomi e la contagiosità a rendere il virus della PSA così temibile, ma anche la sua straordinaria resistenza ambientale. Il virus può infatti resistere fino a 15 settimane a temperatura ambiente, mesi negli insaccati e indefinitamente nelle carni surgelate.

Inoltre, il virus è in grado di rimanere attivo su svariate superfici (coltelli, vestiti, scarti di cucina contaminati, terreno, suole di calzature e pneumatici) che rappresentano i più subdoli mezzi di propagazione che consentono al virus di diffondersi su lunghissime distanze, superando anche le barriere naturali. In Italia, sono in atto dal 2020 piani di sorveglianza: in seguito all’ingresso del virus nel territorio nazionale, sono state disposte misure urgenti per arrestare la diffusione della PSA in tutte le Regioni, Sicilia compresa. In Sicilia, il cinghiale si è estinto intorno alla fine del XIX° secolo a causa della caccia incontrollata. Gli esemplari presenti attualmente originano da incroci tra cinghiali reintrodotti nelle aree delle Madonie e dei Nebrodi intorno negli anni ’70 e suini domestici, allevati tradizionalmente allo stato brado in alcune aree della Sicilia.

L’incrocio tra sottospecie selvatiche e domestiche ha creato l’attuale popolazione di suidi selvatici, caratterizzata dall’assenza di legami ecologici con l’ambiente e da una più elevata prolificità rispetto ai cinghiali. L’allevamento brado del suino in Sicilia affonda le sue radici nell’epoca Cartaginese. L’allevamento del Nero Siciliano era ampiamente diffuso fino alla metà del Novecento e i Neri siciliani assumevano nomi diversi nelle diverse aree geografiche di allevamento (Nero dei Nebrodi, Nero delle Madonie e Nero dell’Etna). I successivi cambiamenti socio economici hanno determinato la forzata delimitazione dell’areale d’allevamento ai rilievi boschivi della Sicilia Nord orientale e in particolare nell’area dei Nebrodi.

Pur non essendo vocata alla suinicoltura intensiva, la Sicilia risulta la prima regione in Italia per l’allevamento allo stato semi-brado. Ciò espone maggiormente i suini domestici e, in particolare, il Nero Siciliano, al contatto con suidi selvatici, tra cui i cinghiali, ovvero i maggiori responsabili della trasmissione e diffusione delle malattie infettive negli allevamenti. Fino a oggi, la PSA non è presente in Sicilia. Tuttavia, l’elevata resistenza ambientale del virus, la facilità di diffusione e di superamento delle barriere naturali, unitamente alle caratteristiche dell’allevamento semi-brado, fanno della PSA un rischio temibile e non sottovalutabile per la suinicoltura siciliana che, peraltro, negli ultimi anni vive un crescente interesse da parte dei consumatori, grazie agli straordinari prodotti di Nero Siciliano, sempre più apprezzati anche oltre i confini dell’isola.

Sergio Migliore

Medico veterinario, specializzato in sanità animale, da oltre 15 anni si occupa di sanità animale e pubblica. Ha collaborato con l’Istituto Superiore di Sanità continuando, successivamente, la sua attività di ricerca sulle TSE e la diagnostica delle malattie infettive animali presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia, dove presta oggi il suo servizio come ricercatore sanitario. Autore di numerose pubblicazioni scientifiche internazionali, ricopre anche il ruolo di “Topical Advisory Member” e “Guest Editor” per la rivista “Animals” ed è responsabile scientifico di un progetto di ricerca sulla sorveglianza sanitaria dei suidi selvatici in Sicilia.

Sergio Migliore

Medico veterinario, specializzato in sanità animale, da oltre 15 anni si occupa di sanità animale e pubblica. Ha collaborato con l’Istituto Superiore di Sanità continuando, successivamente, la sua attività di ricerca sulle TSE e la diagnostica delle malattie infettive animali presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia, dove presta oggi il suo servizio come ricercatore sanitario. Autore di numerose pubblicazioni scientifiche internazionali, ricopre anche il ruolo di “Topical Advisory Member” e “Guest Editor” per la rivista “Animals” ed è responsabile scientifico di un progetto di ricerca sulla sorveglianza sanitaria dei suidi selvatici in Sicilia.

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