Terrà

Immagine home di kamchatka su Freepik

Il rapporto Icc
Clima estremo e economia globale: 4.000 eventi e 2 mila miliardi di dollari il costo della crisi in 10 anni

Secondo un recente rapporto pubblicato mentre i leader mondiali si riuniscono per il vertice COP29 in Azerbaigian, l’economia globale ha subito perdite superiori ai 2 trilioni di dollari negli ultimi dieci anni a causa degli eventi meteorologici estremi legati al cambiamento climatico. Gli Stati Uniti si confermano come la nazione più colpita, con perdite per 934,7 miliardi di dollari. Seguono la Cina, con 267,9 miliardi, e l’India, con 112 miliardi di dollari.

Perché è importante

Il rapporto, realizzato dalla società di consulenza Oxera per la Camera di Commercio Internazionale (ICC), mostra che l’impatto economico dei disastri naturali tra il 2014 e il 2023 è paragonabile alla crisi finanziaria globale del 2008. Questa somma di perdite ci ricorda l’urgenza di un’azione immediata. John Denton, segretario generale dell’ICC, ha affermato che “l’impatto economico del cambiamento climatico” richiede una risposta altrettanto rapida e decisa. La comunità internazionale, a partire dai partecipanti della COP29, deve agire in modo determinato per evitare che i danni aumentino ulteriormente.

I numeri: uno scenario preoccupante

Il rapporto ha analizzato quasi 4.000 eventi estremi in tutto il mondo che hanno coinvolto 1,6 miliardi di persone. Negli ultimi due anni completi esaminati, i danni economici globali hanno raggiunto i 451 miliardi di dollari, con un aumento del 19% rispetto ai precedenti otto anni. Questo incremento mostra una chiara tendenza al peggioramento, e sottolinea come gli eventi climatici estremi stiano diventando sempre più distruttivi e frequenti.

Dati sorprendenti: impatti pro capite

Alcuni dei dati pro capite sono ancora più sorprendenti. La parte francese dell’isola di Saint Martin ha registrato il costo più elevato per persona, con un valore medio di 158.886 dollari per abitante. Anche Porto Rico, ancora segnato dall’uragano Maria del 2017, ha subito danni ingenti ed è tra i territori più colpiti a livello pro capite, evidenziando l’importanza di un piano globale di recupero che includa le aree vulnerabili e i territori insulari.

Minaccia per le economie in via di sviluppo

Il rapporto sottolinea come le economie in via di sviluppo siano particolarmente vulnerabili: spesso i costi degli eventi estremi superano il PIL annuale di questi Paesi. Ciò rende difficile per le nazioni meno ricche risollevarsi dopo un disastro e aumenta la disparità economica a livello globale. Denton avverte che il cambiamento climatico non è un problema futuro, ma una realtà che sta già causando perdite di produttività significative in molte economie, con impatti tangibili nelle comunità povere e nelle aree più vulnerabili.

Tra le righe: l’impatto nelle comunità vulnerabili

Ilan Noy, economista specializzato nei disastri dell’Università di Victoria a Wellington, ha confermato che questi dati sono coerenti con studi precedenti, sottolineando però che le stime economiche spesso non riescono a catturare l’impatto reale sui paesi e le comunità vulnerabili. Secondo Noy, la devastazione provocata dal cambiamento climatico in queste aree viene spesso sottovalutata, rendendo ancora più pressante l’urgenza di includere i Paesi poveri nelle strategie di resilienza.

Il cambiamento climatico è oggi una minaccia per la stabilità economica globale. I dati presentati alla COP29 dimostrano come le perdite economiche siano già enormi e, se non si adottano misure drastiche e immediate, continueranno a crescere. La comunità internazionale è chiamata ad agire in modo coordinato e responsabile: solo così sarà possibile evitare che il costo della crisi climatica gravi ulteriormente sulle generazioni future.

©RIPRODUZIONE RISERVATA





Vuoi ricevere gli aggiornamenti di Terrà per email?

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

Post a Comment