Terrà

Lo scenario del comparto
Sicilia, crolla la produzione di pasta secca. La svolta? Qualità certificata e no ai “prezzi bassi”

di Bernardo Messina*

La statistica ci dice che i consumi di pasta nell’ultimo decennio sono quasi raddoppiati, con una produzione mondiale che per l’IPO (International Pasta Organisation) nel 2019 ha raggiunto circa 16,5 milioni di tonnellate. L’Italia con 3,5 milioni di tonnellate annue, circa il 20% del totale, è il principale produttore a livello mondiale, ma è anche il paese dove si mangia più pasta con un consumo pro-capite pari a 23,1 kg, a fronte dei 17 kg della Tunisia e dei 12 kg del Venezuela. A fronte di un consenso sempre maggiore per il prodotto pasta a livello mondiale assistiamo invece in Sicilia, a un indebolimento strutturale della filiera del grano duro, fotografato dai censimenti che il Consorzio di Ricerca Ballatore ha realizzato nel 2003 e 2013.

In Sicilia, dal 2003 a oggi, gli impianti di produzione di pasta secca industriale, sono passati da 19 a 4. Serve una svolta, puntare su produzioni di qualità certificata

I numeri della filiera, riferiti al 2013, rilevano nell’isola la presenza di 114 centri di stoccaggio del grano duro, 41 ditte sementiere, 103 molini e 6 pastifici industriali. Nel corso degli anni abbiamo registrato una lieve riduzione dei centri di stoccaggio, dei sementifici e dei molini, mentre drastica è stata, invece, la riduzione degli impianti di produzione di pasta secca industriale, che dal 2003 a oggi si sono ridotti del 79% passando da 19 a 4. Non riuscendo a reggere la competizione con i marchi nazionali, che nella nostra regione adottano una politica molto aggressiva sul versante dei prezzi, mediamente ogni anno un pastificio siciliano ha smesso di produrre.

La riduzione degli impianti di trasformazione indebolisce la filiera regionale nel suo insieme, con forti ripercussioni sulla produzione agricola che è costretta sempre di più a guardare ai mercati extraregionali per posizionare le eccedenze di produzione rispetto alle esigenze delle aziende di trasformazione regionali, condizione che a causa dei costi di trasporto riduce la redditività della coltivazione del grano duro. Qualche segnale positivo si riscontra con l’aumento dei piccoli impianti che si dedicano alla produzione di pasta artigianale come quella delle varietà da conservazione, comunemente chiamate “grani antichi”, i quali negli ultimi anni, anche se con numeri contenuti, si sono posizionati su mercati a elevato valore commerciale, sfuggendo alle logiche delle commodities.

Segnale positivo si riscontra, invece, con l’aumento dei piccoli impianti per la produzione di pasta artigianale

In questo contesto per tornare a produrre pasta in Sicilia risulta fondamentale modificare la strategia, puntando su produzioni di qualità certificata che escano fuori dalla logica dei “prezzi bassi”. Un’opportunità sulla quale scommettere è rappresentata dal marchio regionale “Qualità Sicura – Garantita dalla Regione Siciliana”, che per la pasta punta, in particolare, sugli aspetti salutistici riguardanti l’assenza di glifosate ed il rispetto per le micotossine dei limiti normativi previsti per gli alimenti destinati ai bambini. La competitività della filiera passa anche dagli accordi di filiera, strumento fondamentale per organizzare e programmare al meglio la produzione e trasformazione, oltre ad assicurare trasparenza nella gestione dei rapporti tra le varia fasi della filiera, a garanzia di tutte le componenti dal produttore agricolo al trasformatore finale.

*Ricercatore del Consorzio di Ricerca G.P. Ballatore

dinomessina@ilgranoduro.it

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