Terrà

Parla il ricercatore marketing del CoRFiLaC
L’effetto smile della pasta: quando il cibo diventa emozione e memoria

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di Catia Pasta*

Che il mio cognome fosse italianissimo non avevo dubbi, ma che addirittura fosse così importante da rendere felici le persone non avrei mai preteso tanto. Partiamo da un dato economico: in Italia, il consumo pro-capite di pasta è il più alto al mondo, attestandosi a circa 23 kg all’anno. L’Italia produce oltre 3 milioni di tonnellate di pasta annui, di cui una parte significativa viene esportata. Un dato che dimostra come gli italiani amino la pasta, un alimento sempre presente nella loro dieta e fondamentale, per il quale il nostro paese detiene il primato, seguito dalla Tunisia, Venezuela e Grecia. Anche la frequenza di consumo degli italiani è abbastanza elevata se si pensa che va dalle 4 alle 5 volte a settimana. Cambia il modo del consumo nel tempo dove aspetti salutistici così come la sostenibilità ambientale e la qualità delle materie prime diventano determinanti nella modalità di consumo.

La pasta e le emozioni positive

Questo oggi può essere spiegato attraverso una nuova scoperta scientifica, il consumo così elevato è spiegato dalle emozioni che questo prodotto genera nei consumatori. Uno studio del “Behavior & Brain Lab” dell’Università IULM di Milano denominato “Pasta Experience – Neuromarketing Analysis”, commissionato da Unione Italiana Food, ha dimostrato che un piatto di pasta può effettivamente rendere felici. La ricerca ha evidenziato come il consumo di pasta attivi emozioni positive nel cervello, paragonabili a quelle provocate da un ricordo felice o da un evento piacevole. Ricerca effettuata con tecniche neuroscientifiche per studiare l’impatto emotivo della pasta sul cervello, rilevando un’attivazione positiva delle aree legate al piacere e al benessere.

L’effetto smile e il ruolo sociale

Infatti lo studio del prof. Vincenzo Russo, ha analizzato i meccanismi cerebrali legati al consumo di pasta, scoprendo che l’esperienza “pasta” attiva la memoria emotiva e genera un senso di benessere e felicità. Questo effetto, chiamato “effetto smile”, non è legato unicamente all’atto del consumo, ma tende a persistere nel tempo. La pasta sembra attivare processi mnestici e di coinvolgimento, con un “Happiness Index”, indice della felicità, che raggiunge il 76%. Lo studio ha riscontrato che mangiare la “pasta” con altri commensali favorisce la socialità e la convivialità rafforzandone i legami sociali. Questo tende a confermare il ruolo di questo alimento tutto italiano, sinonimo di condivisione. La pasta non è solo cibo, ma un vero e proprio catalizzatore di emozioni positive e relazioni sociali.

Ricordi, tradizioni e comfort food

Molti associano la pasta a momenti felici trascorsi in famiglia, ricordi d’infanzia e tradizioni culinarie tramandate nel tempo. Si pensi ad esempio ad un palermitano, il ricordo della pasta al forno con gli anelletti è un must, così come nella provincia di Ragusa i ravioli di ricotta al sugo di maiale, con la diatriba tra chi li preferisce dolci e chi invece salati sono il piatto tipico che ricorda casa, domenica, nonna, mamma, famiglia e festa. La pasta viene associata a ricordi felici, soprattutto quelli legati alla famiglia, e viene considerata un “comfort food” dalla maggioranza dei partecipanti. Questo alimento in una scala da 0 a 1, per quanto concerne la parte cognitiva e quindi i processi di memorizzazione ottiene un punteggio pari a 0,87 superiore allo sport (0.02) e alla musica (0,43) e al pari di questi suscita emozioni positive.

Socialità e neuromarketing

Ma la pasta spinge alla socialità, per la prima volta, è stato indagato e misurato scientificamente. La ricerca scientifica grazie all’uso di strumenti di neuromarketing, ha dimostrato che il consumo condiviso di pasta genera convivialità, emozioni positive e rafforza i legami sociali in misura maggiore rispetto ad altre attività sociali comuni. Condividere un pasto semplice come un piatto di pasta è un modo per connettere emotivamente persone anche sconosciute tra loro e diverse. Il consumo di questo alimento va a toccare una delle emozioni più importanti per noi: la felicità. L’emozione è uno stato affettivo più intenso dell’umore, una reazione molto intensa, improvvisa, purtroppo di breve durata. Sono reazioni che partono dall’ambiente che hanno un ruolo di guida nei comportamenti. Così come l’emozione è strettamente correlata alla memorizzazione di fatti episodi e persone.

Le emozioni universali e il cervello

Molteplici sono gli studi sulle emozioni, qui facciamo cenno a quello di Ekman che propone sei emozioni di base: rabbia, disgusto, paura, gioia, tristezza, e sorpresa. Tali emozioni sono ritenute universali, non legate a specifiche culture. Studi condotti da Paul Ekman e Wallace V. Friesen, esperti in mimica facciale, hanno portato alla conclusione che particolari espressioni facciali sono associate universalmente a particolari emozioni, confermando così la teoria di Darwin. Ekman condusse delle ricerche nelle quali chiedeva di riconoscere l’emozione provata dal soggetto in esame al momento dell’osservazione, individuando le contrazioni dei muscoli facciali, singolarmente o combinate con altri muscoli. Così nel 1978 Ekman e Friesen elaborarono un sistema di codifica della mimica facciale denominato Facial Action Coding System o FACS. Il metodo si basa appunto sulla scoperta dell’universalità dell’espressione emotiva in risposta alle emozioni primarie indicate in precedenza.

Logicamente dobbiamo anche accennare alla teoria neuroculturale, dove oltre alla universalità dell’espressioni emotive, esistono le display rules, ovvero regole sociali di espressione delle emozioni, culturalmente apprese, che determinano il controllo e la modificazione delle espressioni emozionali a seconda della circostanza sociale. A questo sistema di rilevazione, oggi ampiamente utilizzato attraverso tools informatici, si associano le attivazioni celebrali.

Davidson parla di stili emozionali, vale a dire il modo in cui un soggetto risponde alle diverse esperienze della vita. In uno dei suoi studi del 2012, ha dimostrato una forte correlazione tra lo stile emotivo e l’attivazione di una specifica area cerebrale legando il modo in cui rispondiamo alla vita a come si attivano i processi cerebrali. Ora tenendo conto di quanto detto sulla pasta, se alla sensibilità al contesto si ha un’attivazione della corteccia prefrontale e l’ippocampo, una connessione tra queste due aree consente una maggiore attenzione e adeguatezza con un intervento sulla memoria, il ricordo nel tempo. Così come l’intuizione sociale viene correlata all’attivazione del giro fusiforme e all’amigdala, che se fortemente attivati, ne riducono la forza, innescando l’ossitocina, ormone della fiducia (così definito da Zak nel 2005) che porta a ridurre l’azione dell’amigdala facilitando così comportamenti di unione e relazione, implicando calma e contentezza.

Ecco in qualche modo che la pasta, creando un contesto conviviale porta a rendere le persone contente, creando relazioni di fiducia e contribuendo a costruire i cassetti della memoria nel tempo.

*Ricercatore marketing CoRFiLaC

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