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La nostra sopravvivenza legata alla salute del suolo. Fao: il 70% non è in buone condizioni

Guardare alla salute del suolo è alla base delle politiche internazionali di contrasto al cambiamento climatico. L’impatto ambientale che hanno attualmente le produzioni agricole, va infatti accompagnato in un percorso di razionalizzazione, con la messa in atto di strategie che permettano di portare avanti la produzione alimentare e al contempo riescano a ridurre le emissioni globali. Per riuscire a centrare questo obiettivo, bisogna guardare alla salute del suolo che, attualmente, a causa di politiche certamente discutibili e tra inquinamento e urbanizzazione, risulta in profonda crisi.

Secondo i dati della Fao (l’organizzazione delle Nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura), oltre il 70% dei terreni non è in buone condizioni. E un suolo in salute, in 25 anni, può “catturare” dall’aria circa 20 PgC di carbonio (petagrammi, ovvero gigatonnellate). Una quantità pari al 10% di quella che viene generata dalle attività umane. La gestione della salute del suolo diventa quindi un fattore prioritario in ognuna delle campagne di salvaguardia della nostra sopravvivenza, con strategie che vanno messe in atto con la collaborazione diretta di chi si occupa delle produzioni agricole. Una situazione da risolvere senza più procrastinare, perché il suolo svolge non una, ma diverse funzioni fondamentali per la nostra sopravvivenza.

La salubrità di un suolo garantisce infatti la biodiversità, la sopravvivenza di interi ecosistemi, la sicurezza dei cibi, ma soprattutto, solo il suo buono stato permette di mitigare gli effetti del cambiamento climatico. Come? Grazie a una gestione ottimale dei terreni, infatti, il carbonio presente in natura, viene assorbito e restituito sotto forma di ossigeno, nel frattempo grazie a un sistema naturale di cattura e stoccaggio, diventa nutrimento. Quando questo circolo virtuoso, detto ciclo del carbonio, non funziona più, nell’aria viene immessa anidride carbonica (CO2) con il conseguente e immediato innalzamento del livello dei gas serra. L’Europa, cosa ha fatto, invece, per dirne una?

Negli anni Ottanta, Bruxelles aveva messo in atto il cosiddetto “set-aside”, un regime agricolo appartenente alla politica agricola comune (Pac), secondo il quale una parte dei terreni doveva essere lasciata incolta, per periodi lunghi anche fino a 20 anni, prevedendo un contributo economico per i proprietari dei fondi costretti a tenere incolti i loro terreni. Come dire, l’Europa paga gli agricoltori per non coltivare. Mentre, in realtà, la coltivazione sostenibile dei suoli può far aumentare la produzione alimentare e ridurre parallelamente le emissioni di gas serra come ha affermato proprio recentemente il World Economic Forum (WEF), analizzando l’impatto delle strategie di intervento alla luce dell’obiettivo irrinunciabile della sicurezza alimentare.

Strategie del Crea da mettere in atto

gestione del suolo

ammendanti e fertilizzanti

tecniche agronomiche

protezione delle colture

gestione delle risorse idriche

ingegneria, digitalizzazione e formazione

tecniche innovative di allevamento e benessere animale

In sostanza, un suolo sano rappresenta il principale deposito di carbonio del pianeta che svolge una funzione essenziale nel processo di mitigazione del cambiamento climatico, poiché è in grado di immagazzinare il carbonio attraverso un processo chiamato sequestro del carbonio, diminuendo così le emissioni di gas serra nell’atmosfera. Al contrario, una cattiva gestione del terreno e il ricorso a pratiche agricole non sostenibili fanno sì che il carbonio presente nel suolo venga rilasciato nell’atmosfera sotto forma di emissioni di anidride carbonica (CO2), le quali contribuiscono ad aggravare il cambiamento climatico.
Va sempre ricordato che l’agricoltura ha una peculiarità: può sperimentare al contempo un aumento della produzione alimentare e una riduzione dell’impatto ambientale. Quindi, le aziende agricole ricoprono un ruolo chiave in questo processo che mira a preservare gli equilibri ambientali e la vita sul pianeta. Ed è proprio a loro è rivolto il rapporto Crea 2023 su i cambiamenti climatici in agricoltura, che ha individuato una serie di strategie da mettere in atto. In sostanza, l’impatto di un’azione corretta da parte di chi lavora con i terreni sarebbe importantissimo. E per meglio avere una dimensione, solo restando nel nostro Paese, gli agricoltori detengono il 65% della superficie agricola.

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