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La nocciola siciliana alza la voce: produttori uniti alla conquista del marchio Igp. Parte la battaglia

La nocciola siciliana alza la voce. Dai Nebrodi parte un appello che sa di ultimatum: il riconoscimento dell’Indicazione Geografica Protetta (IGP) non è più rinviabile. I produttori, riuniti in un evento organizzato dal GAL Nebrodi Plus, hanno messo sul tavolo numeri, idee e una rabbia accumulata da anni. “Non è solo una questione di mercato, è una questione di sopravvivenza”, afferma Giuseppe, corilicoltore di Ucria. “Non è un capriccio, è una questione di vita o di morte per il nostro lavoro”, dice Giuseppe, 58 anni.

L’obiettivo è chiaro: costituire il “Gruppo dei produttori proponenti l’IGP per la nocciola di Sicilia”. Un passo burocratico, certo, ma fondamentale per avviare l’iter previsto dal Regolamento UE 2024/1143. Le firme si accumulano rapide su un tavolo, il disciplinare di produzione prende. Non sono casi isolati, noccioleti devastati dai ghiri. Cimiciato, mal dello stacco, oidio, maiali selvatici, la lista delle piaghe che affliggono il comparto.

Eppure, il potenziale c’è ed è enorme. La Sicilia produce il 13% delle nocciole italiane, un tesoro che potrebbe fare la differenza in un mercato globale sempre più attento alla qualità e all’origine. A Raccuja si sogna in grande: uno snack nutraceutico a base di nocciole locali, proposto in collaborazione con il Presidio Slow Food “Pasta reale di Tortorici”. “Immaginate: uno spuntino sano, siciliano al 100%, sugli scaffali di tutto il mondo. Ma senza investimenti, resta un sogno”, spiega Antonio, tecnico del GAL, snocciolando dati: il comparto potrebbe generare centinaia di posti di lavoro, rilanciare l’economia rurale, attirare turisti. Ma serve una spinta.

Il messaggio che parte da Raccuja è un siluro diretto a Palermo, all’assessorato regionale all’Agricoltura. Salvatore, 52 anni, di San Piero Patti, ricorda quando, da ragazzo, i noccioleti erano il vanto della zona. Oggi, molti appezzamenti sono abbandonati, soffocati dalle erbacce e dalle difficoltà. L’IGP, per i produttori, non è solo un bollino: è un’ancora di salvezza, un modo per richiamare l’attenzione di una politica che sembra aver dimenticato le colline nebroidee.

“Se ci aiutano a qualificare il prodotto, possiamo farcela. Ma da soli non ce la facciamo più”, aggiunge Maria, con un misto di rabbia e speranza. Il percorso, però, non si ferma qui. Nelle prossime settimane, il testimone passerà ai territori corilicoli dell’Ennese e del Catanese. L’idea è ambiziosa: unire tutte le realtà siciliane in un unico Gruppo dei produttori, una voce sola per dare peso alla richiesta IGP e costruire un’identità forte attorno alla nocciola di Sicilia.

Non è certo una questione soltanto di Nebrodi, è una battaglia regionale quella che hanno messo in campo i produttori. E l’evento di Raccuja, è solo l’inizio di un mosaico più grande. La nocciola siciliana non intende più aspettare Dai pendii dei Nebrodi al cuore dell’isola, i produttori sono pronti a fare rete, a mettere da parte le rivalità locali per un bene comune. Ma ora tocca alla politica. E il tempo stringe.

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