Riconoscimento della razza
“Cornuta di Caltanissetta” è pronta per il ministero
di Giuseppe Calafiore*
La Cornuta di Caltanissetta è una antica razza avicola siciliana che insieme alla Bruna delle Madonie e la gallina Val Platani costituiscono le antiche razze siciliane le cui origini si perdono nei millenni. Sono infatti documentate fin dai tempi dei greci e dei romani e sono state nel tempo esportate anche all’estero. Il termine “razza” si riferisce a particolari gruppi in cui possono essere suddivise alcune specie biologiche. Il termine è di uso zootecnico e non zoologico in quanto non identifica un’unità o categoria tassonomica, ma un gruppo animale creato artificialmente e appartenente agli animali domesticati dall’uomo. Il termine non è utilizzato in biologia per la classificazione tassonomica, ma in zootecnica, e si applica soltanto agli animali domesticati: cani, gatti, cavalli ed altri animali domestici, da reddito o compagnia, mentre per gli animali da esperimento come le cavie e altri organismi modello vengono utilizzati i termini “ceppo”.
Ne esistono nel territorio nisseno circa 400 esemplari, ereditati, affidati ed allevati in purezza da alcuni vecchi allevatori
Il termine corrispondente in agraria, per il regno vegetale, è cultivar e riguarda anche in questo caso solo le piante coltivate. Uno dei principali studiosi della gallina Cornuta di Caltanissetta è il dottore di Ricerca in produzioni animali e biotecnologie veterinarie, Alessio Zanon. Il medico veterinario, inoltre, gestisce allevamenti bovini, equini, suini, ovini, caprini, ungulati selvatici autoctoni ed avicoli delle province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Ferrara, Como e Milano. Ed è anche un appassionato di razze rare, autoctone e in pericolo di estinzione. La razza della Cornuta di Caltanissetta è molto documentata e l’Associazione tutela razze siciliane (TRS) si è occupata della ricerca documentale e della verifica delle caratteristiche dell’animale. E proprio l’associazione TRS, in autunno, parteciperà ad un tavolo tecnico presso il Dipartimento regionale dell’Agricoltura alla presenza del Dirigente Generale per stabilire la procedura per il riconoscimento della razza presso i ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali.
La carta d’identità
La Cornuta di Caltanissetta è una razza rustica e nel suo standard viene così descritta: “razza campagnola e ha un aspetto molto selvatico e spesso la postura è alta specie se è in allerta. Il gallo e la gallina per la presenza del dimorfismo sessuale sono diversi, il gallo è rosso nero e la gallina è simile alla pernice. La colorazione nelle nomenclature corrisponde alla selvatica, molte hanno la testa di moro, cioè nera. Il peso non supera i 2 kg per la gallina e 2,5 per il gallo. La forma preferita è quella ‘a corna di bue’. L’orecchione è rosso con tollerato il bianco. I tarsi sono verde salice e la pelle è morata e non gialla”. Il nome Cornuta è dovuto alla forma della cresta “a corna di bue”. Per la forma della cresta – è la caratteristica peculiare – ha avuto notevole risonanza nel mondo dell’allevamento amatoriale.
STANDARD
Aspetto generale e caratteristiche della razza.
FORMA
Tronco: moderatamente lungo.
Testa: di media grandezza e lunghezza, abbastanza profonda.
Becco: forte, di media lunghezza. Color corno chiaro con narici cavernose ampie.
Occhi: rotondi e prominenti. Rosso brunastri.
Cresta: rossa e di tessitura fine; a forma di corna di bue, ben posizionata sulla testa e mai con cornetti all’indietro. Nella parte iniziale sono ammesse escrescenze carnose.
Bargigli: rossi, media lunghezza, sottili, ben arrotondati senza pieghe. Nella gallina, moderatamente piccoli.
Faccia: rossa; liscia, di tessitura fine e morbida.
Orecchioni: rossi; media grandezza, piatti, lisci ben aderenti alla testa con ammesso una punta di bianco al centro.
Collo: abbastanza lungo, ben arcuato. Mantellina abbondante.
Spalle: larghe.
Dorso: lungo, mai largo e dritto, inclinato verso la groppa, poi risale leggermente con una rapida curva alla coda. Nella gallina lungo e moderatamente largo.
Ali: larghe, ben chiuse e portate serrate al corpo. Remiganti primarie e secondarie larghe e ben soprammesse in ordine naturale quando l’ala è chiusa.
Coda: moderatamente larga, ben aperta, portata con un angolo alto superiore ai 60° con l’orizzontale, timoniere lunghe, falciformi lunghe e ben ricurve, abbondanti copritrici. Nella gallina portata alta con un angolo superiore 60° con l’orizzontale.
Petto: largo, pieno e prominente.
Zampe: media lunghezza ben divaricate e dritte quando viste di fronte, tarsi di media lunghezza. Quattro dita di media lunghezza e ben aperte.
Ventre: moderatamente sviluppato.
PESI
Gallo Kg. 1,6 – 2,0
Gallina Kg. 1,1 – 1,8
PIUMAGGIO
Conformazione: aderente al corpo e molto fitto.
COLORAZIONI
La colorazione è vista come un carattere secondario. Sono ammessi le varianti del selvatico.
UOVO
Peso minimo g 45
DIFETTI GRAVI
Orecchioni più di un terzo bianchi.
Cresta piccole dimensioni, cornetti poco sviluppati.
La storia
Per parlare dell’antica razza Cornuta di Caltanissetta non si può fare a meno di rivolgersi al presidente dell’associazione TRS, Giovanni Cirasa, al quale merita una riconoscenza speciale perché fautore della riscoperta di questa straordinaria tipologia di avicoli, conservata grazie ad una tradizione che l’ha protetta per secoli.
Nipote di nonni appartenenti alla Congregazione di San Michele, che hanno tramandato oralmente il racconto della tradizione, grazie al quale si è potuti risalire alla riscoperta della razza “cornuta” attraverso il contatto con un parroco di zona le cui indicazioni hanno aiutato lo stesso Cirasa e Angela Cugino e Salvo Amico (questi due ultimi, rispettivamente vicepresidente e segretario dell’associazione TSR) ad effettuare le giuste ricerche, per le campagne e i numerosi pollai, con l’intento, poi premiato, di ritrovare alcuni esemplari di questa rarissima gallina con la cresta cornuta (una vera impresa, se si pensa che per portarla a compimento sono stati necessari circa 10 anni di lavoro!). È stato grazie ai racconti dei nonni che narravano della presenza di questo animale quasi leggendario in occasione della tradizionale festa della Congregazione di San Michele che si è attivato il desiderio di ritrovarlo, pur consapevoli e preoccupati di una già probabile estinzione della razza. In passato, la Cornuta di Caltanissetta veniva benedetta sin dal 1625, proprio in occasione della festa del Santo Patrono, che si festeggia ogni anno con la processione l’8 maggio. Ma questo rituale della benedizione degli avicoli, purtroppo è andato perduto.
La leggenda
“Come tutti sappiamo, Lucifero fu cacciato dal paradiso perché voleva farsi simile a Dio. E il Padreterno mandò l’Arcangelo Michele a combattere lo spirito ribelle: ed ecco i due iniziare, così, un incredibile duello nei cieli, all’insegna del motto del Principe celeste “Quis ut Deus” (“Chi come Dio?”). Il diavolo vola veloce da una nuvola all’altra, tenta di sfuggire all’Arcangelo che ad un certo punto sta per raggiungerlo e afferrarlo: ma Lucifero, con un balzo portentoso, riesce a scansarlo ed eccolo piombarsi in Sicilia, ove tenta di trovare rifugio all’interno del Mongibello, cioè a dire l’Etna. Lì si raggomitola a mo’ di serpente, ma è talmente lungo che il vulcano non può accoglierlo tutto e così la testa gli rimane fuori del cratere. A quel punto San Michele, accortosi di ciò, spicca anch’egli un prodigioso salto e raggiunto il vulcano con un colpo della sua spada fiammeggiante tronca di netto un corno del demonio.
Vuole la leggenda che questo corno, con una lunghissima parabola, finisca addirittura nei pressi di Mazzara e che si trovi ancora lì, al chiuso di una grotta, dove nessuno può entrare a meno che non voglia andare incontro a morte sicura. Il diavolo allora, fremente di rabbia per aver perduto un corno, lancia un lungo e terribile urlo, tanto da far tremare tutta la terra: e dato che si vede ormai perduto, con un altro prodigioso balzo sbuca fuori dal Mongibello, che prende a vomitare fuoco: e con un impeto di vendetta, si scaglia contro San Michele, riesce ad addentare la penna di un’ala dell’Arcangelo e a staccargliela di netto.
Contento e baldanzoso per quella preda – una penna che, secondo la tradizione, è tutta adorna di preziosissime perle – il diavolo vola via, ma ecco che ad un tratto gli sfugge di bocca per cadere proprio a Caltanissetta. Ed è una popolazione pervasa da una grande gioia quella che accoglie la celestiale reliquia – il cui arrivo è preceduto da un chiarore soprannaturale – non potendo sperare in un dono migliore dal Cielo.
Processioni e preghiere di ringraziamento si susseguono in città, dove si organizzano feste straordinarie e si decide l’erezione di una chiesa a memoria del prodigioso evento, con un grande tabernacolo tutto d’oro ove custodire la penna. Ma questa che fine ha fatto, visto che poi se n’è persa ogni traccia? Così conclude la leggenda: pare che, proprio a causa dei troppi peccati della popolazione nissena, se ne sia volata – sdegnata – nuovamente in cielo per ritornare all’Arcangelo. L’Arcangelo Michele allora affidò ai pastori un compito molto difficile; per riscattare l’onore dei nisseni affidò loro un animale che racchiudeva in se quel corno perduto e quella penna, chiedendogli di conservare l’animale e di cederlo solo a persone affidabili, persone che abbiano dimostrato in vita di essere oneste e corrette. Esiste poi un’altra leggenda che lega le corna a quelle del bue e al fatto che siano nate per il desiderio della gallina di avere le corna come lui.”
Giovanni Cirasa racconta: “Grazie a questa tradizione la Cornuta di Caltanissetta si è potuta conservare in purezza e oggi possiamo ammirare questo spettacolo della natura. Secondo la vecchia tradizione tramandata, questi esemplari Cornuti endemici non devono mai uscire delle campagne del territorio nisseno e dei vicini paesi dell’hinterland dove si sono creati diversi secoli fa, ma si possono solo affidare gratis alcune coppie, ad alcuni parenti ed amici del luogo ritenuti affidabili, per conservarli ed allevarli per se stessi a scopo amatoriale, è stata da sempre vietata qualsiasi forma di speculazione, come vendere esemplari o uova, altrimenti (secondo la tradizione), porta maledizione e dannazione eterna a chi vende o si prende soldi. Ne esistono nel territorio nisseno circa 400 esemplari, ereditati, affidati ed allevati in purezza da alcuni vecchi allevatori, e questi esemplari non hanno mai avuto problemi di consanguineità.”
*Dirigente del Servizio 8 Ispettorato provinciale dell’Agricoltura
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Vuoi ricevere gli aggiornamenti di Terrà per email?
Post a Comment
Devi essere connesso per inviare un commento.