
Il progetto InnoNDA
Tradizione in anfora, innovazione nel bicchiere: il Nero d’Avola si rinnova con meno alcol e più sostenibilità
Unire tradizione e innovazione per affrontare le sfide del cambiamento climatico, rispondere alle nuove esigenze dei consumatori e valorizzare il territorio: con questo obiettivo nasce InnoNDA, il progetto di ricerca applicata che mira a rivoluzionare – in chiave sostenibile e scientifica – il processo produttivo del Nero d’Avola, il vitigno simbolo della Sicilia.
Finanziato dal PSR Sicilia 2014-2022 (sottomisura 16.1) e promosso dall’Assessorato Regionale dell’Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea, InnoNDA è acronimo di Strategie Enologiche per la Produzione Sostenibile ed Innovativa del Nero D’Avola. Un progetto ambizioso, avviato nell’aprile 2024, che mette insieme competenze multidisciplinari e attori di primo piano del settore vitivinicolo: Assovini Sicilia, l’Università degli Studi di Milano, il laboratorio ISVEA e le aziende Dimore di Giurfo, Feudi del Pisciotto, Tenuta Rapitalà e Tenute Lombardo.
Verso un Nero d’Avola più sostenibile, leggero e contemporaneo
Al centro di InnoNDA c’è la volontà di ridurre il grado alcolico del Nero d’Avola, mantenendone però inalterate le caratteristiche sensoriali che lo rendono unico: il colore intenso, i profumi fruttati e speziati, la struttura avvolgente. Un obiettivo ambizioso, reso possibile da nuove tecniche enologiche e da una sperimentazione a tutto campo, che comprende anche l’uso di anfore di terracotta per la macerazione e l’affinamento del vino.
La riduzione dell’alcol – spinta anche da una domanda crescente del mercato – diventa così un terreno su cui testare l’adattabilità del vitigno e il suo potenziale espressivo in nuove condizioni di vinificazione. Non si tratta soltanto di innovare, ma anche di preservare la tipicità e rafforzare la resilienza della produzione alle mutate condizioni climatiche.
L’anfora: tradizione antica, approccio moderno
Sebbene l’uso dell’anfora risalga all’antichità, nel caso del Nero d’Avola non esistevano precedenti scientifici che ne indagassero l’impatto sulla qualità del vino. InnoNDA ha colmato questa lacuna, mettendo in luce come questa tecnica possa esaltare le note fruttate del vitigno e offrire una diversificazione produttiva in grado di rispondere ai gusti evolutivi del consumatore contemporaneo.
La sperimentazione in anfora rappresenta anche un ponte ideale tra passato e futuro, tra identità territoriale e innovazione tecnologica.
La variabilità territoriale del Nero d’Avola: un patrimonio da conoscere
Un ulteriore asse del progetto riguarda lo studio delle differenze enologiche legate al terroir e all’età dei vigneti. In particolare, si è voluto comprendere come queste variabili influenzino la composizione dei mosti e, di conseguenza, le proprietà organolettiche del vino.
“Le differenze riscontrate nella composizione dei mosti ottenuti da vigneti di età diversa e situati in territori differenti sembrano evidenziare l’influenza sia del terroir che dell’età del vigneto sulla qualità delle uve, dei mosti e, di conseguenza, dei vini prodotti” – spiega a Terrà la professoressa Daniela Fracassetti, referente scientifico del progetto e docente del Dipartimento di Scienze per Alimenti, la Nutrizione e l’Ambiente dell’Università degli Studi di Milano (DeFENS).
Una strategia concreta contro il cambiamento climatico
Ma l’innovazione proposta da InnoNDA non si ferma al bicchiere. Ridurre il contenuto alcolico dei vini, migliorare la qualità sensoriale attraverso tecniche naturali e rafforzare l’identità del Nero d’Avola sono anche strategie efficaci per affrontare gli effetti del cambiamento climatico sulla viticoltura.
“Il progetto InnoNDA – aggiunge la professoressa Fracassetti – ha dimostrato concretamente la fattibilità della rimozione dell’etanolo da un vino ricco di composti fenolici, rispondendo così alla crescente domanda dei consumatori per vini a ridotto tenore alcolico. Questa pratica rappresenta una delle possibili strategie con cui il settore vitivinicolo può affrontare gli effetti del cambiamento climatico, contribuendo a rendere la produzione più sostenibile e resiliente”.
Una nuova identità per il Nero d’Avola
In poco più di un anno, InnoNDA ha offerto risultati promettenti: ha contribuito a ridefinire il profilo qualitativo del Nero d’Avola, ha introdotto nuove tecnologie e processi, e ha arricchito la conoscenza scientifica su uno dei simboli della viticoltura siciliana.
“In virtù dei risultati ottenuti – conclude Fracassetti – sarebbe auspicabile proseguire gli studi e le sperimentazioni, al fine di approfondire, validare e consolidare le evidenze emerse”.
L’auspicio è che il Nero d’Avola del futuro non sia solo un vino eccellente, ma anche un modello di sostenibilità, innovazione e valorizzazione del territorio, in grado di competere sui mercati internazionali senza perdere la propria anima mediterranea.
© RIPRODUZIONE RISERVATA