
Sicilia, il tempo delle alleanze: come le Organizzazioni di produttori stanno scrivendo la nuova economia dell’isola
di Dario Cataldo
In Sicilia, in un mercato globale sempre più agguerrito, le Organizzazioni di Produttori stanno emergendo come un pilastro strategico per il futuro dell’agricoltura isolana. Superando difficoltà e individualismi, questi consorzi consentono ai produttori di aumentare il loro potere contrattuale, migliorare la qualità di prodotti che spaziano dagli agrumi al lattiero-caseario, e garantire tracciabilità e stabilità economica. Sebbene ancora lontane dal pieno potenziale, le cifre testimoniano un movimento deciso verso un sistema agricolo più organizzato e resiliente, capace di guardare oltre le crisi e puntare a un rilancio concreto dell’isola. E questo nonostante gli imprenditori affrontano spesso un percorso ad ostacoli per la realizzazione di una OP.
Di certo, nel panorama agricolo europeo e nazionale, le Organizzazioni di Produttori (OP) e le Associazioni di Organizzazioni di Produttori (AOP) rappresentano strumenti chiave per dare forza ai piccoli e medi imprenditori agricoli. Nati per rispondere a una necessità di aggregazione e di maggiore competitività sui mercati, questi organismi sono regolamentati da un articolato quadro normativo europeo, che trova applicazione diretta nelle Regioni, in questo caso in Sicilia.
L’isola, con il suo mosaico di produzioni che spaziano dagli agrumi alla zootecnia, dall’ortofrutta al lattiero-caseario, sta vivendo una stagione di graduale crescita nel numero di OP riconosciute. Un processo che non è esente da difficoltà, ma che allo stesso tempo si sta rivelando fondamentale per dare stabilità e prospettive di sviluppo al comparto agricolo.
Un quadro normativo rigoroso
Il riconoscimento delle OP non è un passaggio formale, ma un percorso complesso e articolato. Le regole di riferimento sono fissate a livello europeo, con il Regolamento (UE) n. 1308/2013 sull’organizzazione comune dei mercati agricoli, affiancato dal Regolamento (UE) n. 2017/2393 e, più di recente, dal Regolamento (UE) 2021/2115 che disciplina i Piani Strategici della PAC per il 2023-2027.
A questi si aggiungono disposizioni nazionali specifiche, come il D.M. n. 525633/2023 per il settore ortofrutticolo, o il D.M. n. 387/2016 e il D.M. n. 1108/2019 per comparti come quello bovino e lattiero-caseario. Il risultato è un impianto regolamentare rigoroso che obbliga le OP a rispettare parametri stringenti, tra cui: il Valore della Produzione Commercializzabile (VPC) minimo richiesto, la definizione di Statuti conformi, la verifica dei fascicoli aziendali dei soci e l’adozione di disciplinari di produzione. La Regione Siciliana, insieme al MASAF e alla Commissione Europea, ha il compito di monitorare il rispetto delle regole, con la possibilità di applicare sanzioni, sospensioni o revoche in caso di inadempienze.
Il caso Sicilia: tra dinamismo e complessità
Il comparto ortofrutticolo e agrumicolo è certamente quello in cui le OP hanno trovato maggiore terreno fertile. Basti citare due esempi emblematici:
A.O.P. “Val di Noto”: riconosciuta nel luglio 2024, nasce dall’aggregazione tra OP ABIOMED e OP OPI SICULA. Insieme hanno raggiunto un VPC di oltre 146 milioni di euro nel 2023, un dato che va ben oltre i requisiti minimi previsti. L’AOP ragusana raggruppa una gamma estesa di produzioni, dagli agrumi (arance, limoni, clementine, mandarini) a frutta e ortaggi come albicocche, pomodori, uva da tavola, melanzane e zucchine. Un segnale forte di come l’aggregazione possa diventare volano per valorizzare la varietà produttiva siciliana;
O.P. “Rossa di Sicilia”: nata nel 1997, rappresenta una delle realtà più solide e longeve nel settore agrumicolo. L’organizzazione ha saputo investire su qualità, monitoraggio tecnico costante e piani di produzione certificati, diventando un punto di riferimento per l’intero comparto. La sua missione va oltre la commercializzazione: lavora per promuovere il brand Sicilia sui mercati internazionali, rafforzando la reputazione delle produzioni locali.
Ma le OP non si limitano al mondo degli agrumi. Anche altri comparti hanno cominciato a strutturarsi:
– O.P. Sicilia SCARL (Gangi, PA), unica OP riconosciuta per il comparto bovino, conta 16 soci produttori, oltre 2.100 capi e un VPC di 3,4 milioni di euro. Ha registrato il marchio “Carni di Sicilia”, che certifica origine e qualità, garantendo al consumatore una carne interamente prodotta sul territorio;
– Latterie Ragusane Soc. Coop. Agricola, riconosciuta nel settore lattiero-caseario bovino e ovino, rappresenta un tentativo concreto di dare voce e organizzazione a un comparto centrale per l’economia rurale ragusana.
Innovazione e sperimentazione
Accanto alle attività classiche di commercializzazione, alcune OP e associazioni di produttori hanno avviato progetti innovativi che mostrano il potenziale della collaborazione. È il caso del progetto IN.PO.S.A. (INnovazione nel POmodoro e Sostenibilità in Agricoltura), promosso dall’Associazione Produttori Agricoli Sicilia. Grazie all’integrazione tra produttori, trasformatori e centri di ricerca, è nato il “Pomodoro Pelato Dorato”, frutto di un processo brevettato che combina cucina molecolare e innovazione colturale. Questo prodotto, pensato per mercati gourmet e funzionali, ha permesso di:
– ridurre gli scarti dal 30% al 15%;
– aumentare le rese dell’8-9%;
– anticipare la raccolta con benefici ambientali e minore consumo idrico;
– proporre un prodotto più sano, con 60% di sale in meno e senza zuccheri aggiunti.
Un esempio concreto di come l’aggregazione possa diventare strumento di sperimentazione e innovazione, oltre che di semplice commercializzazione.
Le difficoltà del percorso
Nonostante i casi di successo, il percorso per costituire una OP in Sicilia resta irto di ostacoli. Le difficoltà principali possono essere sintetizzate in tre categorie:
– burocrazia: il percorso di riconoscimento è lungo, complesso e richiede una capacità amministrativa non sempre alla portata delle piccole realtà agricole;
– costi iniziali: costituire una OP implica risorse economiche per la gestione, la consulenza tecnica e la conformità ai requisiti normativi;
– diffidenza culturale: forse la barriera più difficile da superare. In Sicilia, la tradizione agricola è stata a lungo individualista; convincere i produttori a unirsi, condividere strategie e rinunciare a parte della propria autonomia è una sfida culturale, ancor prima che organizzativa.
Queste criticità emergono con forza nel comparto del pomodoro da industria, dove la riduzione delle superfici coltivate è legata non solo a difficoltà di mercato, ma anche a problemi fitosanitari, gestione delle risorse idriche e costi di produzione crescenti. In questo scenario, l’aggregazione diventa una necessità per sopravvivere, più che una semplice opportunità.
Il futuro dell’agricoltura isolana passa inevitabilmente dalla capacità dei produttori di superare individualismi e diffidenze, per abbracciare un modello che in altre regioni d’Italia ha già dato risultati importanti. In questo senso, le OP non sono solo uno strumento amministrativo, ma una vera e propria chiave di sopravvivenza e rilancio per il comparto agricolo siciliano.
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