Riapre la riserva di Monte Cofano: speleologia, uccelli ed endemismi botanici
Riapre la riserva di Monte Cofano, in località Macari nel Trapanese, chiusa da 6 anni. Tornano a essere fruibili per escursionisti e visitatori i sentieri vista mare del sito naturalistico al termine dei lavori progettati dal Comune di Custonaci, in collaborazione con il dipartimento regionale Sviluppo rurale e territoriale, ente gestore della riserva naturale, e finanziati dall’ufficio del Commissario contro il dissesto idrogeologico. La Riserva Naturale Orientata di Monte Cofano che si trova in provincia di Trapani nel comune di Custonaci e si estende per un totale di 537,5 ettari.
“Abbiamo reso fruibile un pezzo di territorio straordinario, la riserva di Monte Cofano, uno dei luoghi più belli in assoluto della costa, dove si può sviluppare turismo naturalistico, fonte di sviluppo socio-economico per l’intero territorio – dice l’assessore regionale all’Agricoltura, allo Sviluppo Rurale e alla Pesca mediterranea, Toni Scilla – tutto questo grazie al lavoro sinergico fatto insieme ai sindaci del Comuni limitrofi, a cominciare dal Comune di Custonaci che ha redatto il progetto, insieme all’ufficio del Commissario contro il dissesto idrogeologico e al dipartimento regionale Sviluppo rurale e territoriale. Grazie all’intervento di messa in sicurezza, per un valore di 1,4 milioni di euro – aggiunge il rappresentante del governo Musumeci – è stata assicurata la mitigazione del rischio da dissesto idrogeologico, così da consentire la ripresa della fruizione della riserva dopo l’interdizione avvenuta a seguito del distacco di un grosso masso nel 2017”.
Gli interventi di messa in sicurezza, non invasivi e rispettosi della naturalità dei luoghi, sono partiti la scorsa primavera e si sono conclusi con il posizionamento delle reti protettive per impedire il rotolamento dei massi nei vari punti a rischio, consentendo così la messa in sicurezza del costone; contestualmente i lavori sono stati rispettosi dell’ambiente e, in particolare, delle specie botaniche presenti in questa area. Sono state anche riaperte le due torri saracene che nelle prossime settimane a lavori ultimati diverranno musei, riattivato il biglietto di ingresso con la possibilità di fare un ticket unico per la visita di entrambi i siti naturalistici, le riserve di Monte Cofano e dello Zingaro.
L’itinerario costiero, rimasto a lungo off limits, tornerà così ad essere battuto dagli amanti del trekking e della natura. Si tratta di uno dei percorsi panoramici più interessanti dal punto di vista naturalistico che gira attorno al promontorio e per il quale si impiegano circa 3 ore di cammino: il sentiero parte da Piano Alastre e consente di arrivare fino alla vetta. Lungo il percorso sono conservate diverse specie caratteristiche della flora mediterranea, fra cui palme nane e di ampelodesma, e ancora esemplari di carrubo, sughera, corbezzolo, mirto e alcune specie particolarmente rare, come l’erica sicula. Nella parte nord-ovest si trovano alberi di olivastro e, ormai naturalizzate, l’agave americana e l’opuntia ficus indica. Stesso intervento di messa in sicurezza è stato programmato anche nella limitrofa riserva dello Zingaro, grazie al protocollo d’intesa sottoscritto tra il Comune di San Vito Lo Capo e il dipartimento regionale dello Sviluppo rurale e territoriale.
Monte Cofano: tra speleologia, uccelli ed endemismi botanici
Monte Cofano è un promontorio formatosi grazie al sollevamento di imponenti depositi calcarei marini nel periodo del Triassico: i numerosi fossili di animali che hanno contribuito a costituire l’impalcatura di questa montagna alta 659 m s.l.m.. Sona rocce carbonatiche (calciti, aragoniti e dolomie) tipicamente carsiche. Monte Cofano, infatti, presenta rilevanti tracce di modellamento dell’acqua non solo sulla sua superficie (scanalature, karren, vaschette di corrosione e solchi di dimensioni varie, doline e inghiottitoi nei tavolati calcarei), ma anche in profondità: nella sola area di Custonaci, infatti, sono state studiate ben sedici cavita che si presentano ricche di concrezioni, di depositi e con speleotemi (figure bizzarre create dalla deposi zione del calcare) di varie forme e colori.
Tre sono gli abissi più significativi della riserva: I’Abisso del Purgatorio, I’Abisso delle Gole (al suo interno la Saletta dei Funghi mostra concrezioni calcaree a forma di fungo e piccole vaschette contenenti cristalli di calcite) e la Grotta di Monte Cofano I (profonda 140 m, interessanti le formazioni calcaree presenti nella Sala del Fantasma). La natura calcarea del monte determina tutta la sua morfologia: le guglie rocciose delle aree più elevate, i ripidi muraglioni costieri, le pendici meridionali che, sbrecciandosi, danno origine ad una spessa coltre di sedimenti che si accumula alla base del monte formando i cosiddetti ambienti di breccia. Su Monte Cofano distinguiamo diversi ambienti naturali: quello rupestre, la prateria ad ampelodesma, la gariga con predominanza di palma nana o di euforbia arborea. E poi qualche raro lembo di vegetazione arborea a leccio sui brecciai; una piccola area umida stagionale e infine una forra torrentizia.
La vegetazione non è quella che spontaneamente secoli fa ricopriva queste aree: se così fosse, sulle pendici del monte dovrebbero esserci molte aree boscate con lecceta e quercia castagnara (Quercus virgiliana), ma I ‘opera di disboscamento ed incendio ha mutato l’aspetto di quest’area, portandola ad avere una gran quantità di “disa” (name locale dell’ampelodesma, robusta graminacea cespugliosa di grandi dimensioni) e di “giummara” (palma nana): piante che resistono all’incendio cacciando nuovi getti, preziose per l’economia locale, poiché vengono impiegate nell’artigianato (per lavori d’intreccio o sfibrate per ii crine vegetale) e nella pastorizia. Della palma nana, sino a tempi non lontani, si mangiavano anche i frutti, il midollo (curina) e le radici. L’uomo aveva tutto l’interesse, quindi, a mantenere questo tipo di vegetazione.
Dal punto di vista botanico, la vera peculiarità della riserva è rappresentata dall’ambiente rupestre, che accoglie molte piante endemiche di cui alcune esclusive della zona: si tratta per lo più di erbacee adattate ad ambienti estremi tra cui spiccano per impo1tanza lo sparviere del cofano, l’erica siciliana, il cavolo trapanese, il cavolo di Bivona, il fiordaliso delle scogliere e i perpetuini di Monte Cofano. Qui nidificano e stazionano molti uccelli, tra cui ii falco pellegrino, velocissimo ed abilissimo predatore di uccelli, e la rarissima aquila di Bonelli. È l’habitat ideale anche dei corvi imperiali e delle tre specie di rondoni (comune, pallido e maggiore). Sulle scogliere svernano i cormorani e le sule, mentre il martin pescatore e diverse specie di grandi trampolieri sostano di passaggio durante le migrazioni. Molte piccole specie arboricole, come le irrequiete cince o i fringillidi, il pigliamosche e i piccoli mammiferi come l’arvicola di Savi (roditore scavatore che richiede suoli profondi e soffici) o il topo selvatico trovano rifugio nelle boscaglie di leccio insieme al topo quercino che, sorprendentemente, si adatta a vivere anche in piccole cavità rocciose.
Le aree aride e aperte sono il regno dell’istrice, grosso roditore la cui presenza si rileva dagli aculei abbandonati sul terreno; nelle praterie e fra la gariga arbustiva non e difficile scovare li coniglio, preda prediletta dell’aquila di Bonelli, ma anche della piccola donnola (che lo assale nonostante la mole più grande della sua preda) e dall’opportunista volpe che non disdegna una dieta onnivora, preferendo raccogliere “quel che c’è”: frutti o grossi insetti in mancanza di prede più grosse. Le rocce che affiorano tra le praterie o l’arbusteto rappresentano ottimi posatoi per uccelli, come ii codirosso spazzacamino, la passera lagia o ii passero solitario. Nelle zone arbustive, frequentate da piccoli roditori, si notano molti uccelli di macchia tra cui l’immancabile occhiocotto. Mentre nelle aree più pianeggianti si può osservare la sterpazzolina, in quelle più collinari e montane si trova la rara coturnice di Sicilia che, grazie all’istituzione dell’area protetta, qui è in aumento.
Nelle zone in cui la gariga si dirada con qualche raro albero, ecco una presenza eccezionale: I’averla capirossa, uccelletto che ha l’abitudine di infilzare le sue prede (insetti) sulle spine di certi cespugli, in modo da avere una “dispensa” sempre pronta. Presenze comuni ed ubiquitarie sono i corvidi come taccole e gazze, che nidificano là dove sopravvivono gli alberi di leccio o sulle colture agricole arboree. Tra i migratori che transitano, ricordiamo anche varie specie d’anatra, gabbiani (soprattutto i “comuni”) e due specie di falconiformi: ii falco di palude e il pecchiaiolo, divoratore d’api. Un cenno a parte va fatto per l’ambiente umido effimero: la pozza che si trova alla base del versante sud orientale di Monte Cofano, all’altezza di 247 m s.l.m.. Si tratta di una piccola depressione carsica che si riempie periodicamente d’acqua: in primavera la sua superficie si colora delle bianche corolle del ranuncolo di Baudot, mentre in estate, quando il livello si è abbassato di molto, la lenticchia d’acqua prende il predo minio, ammantando di verde la sua superficie.
Sui margini esterni sono presenti i rizomi del gramignone natante. Sulle pietraie e sui pendii ripidi e scoscesi molte piccole specie di rettili (lucertola siciliana, ramarro, geco, emidattilo, gongilo ocellato) e serpenti come ii biacco e la vipera. Molte le orchidee, sia ofridi, i cui petali richiamano alla vista forme d’insetto, che orchidi dalle fioriture più fragili e meno vistose. E infine un accenno ai rapaci notturni, animali comuni in questa riserva: mentre assiolo e civetta nidificano e cacciano tra gli arboreti e i frutteti, l’allocco e il barbagianni scelgono le cavita rocciose fra le pareti. Fatto, quest’ultimo, che risulta particolarmente interessante nell’allocco, che da frequentatore di boschi si adatta all’ambiente roccioso. La ricchezza in prede (piccoli roditori) permette a questi uccelli di permanere con tranquillità: il cibo assicurato val bene uno sforzo d’adattamento.
La storia, il paesaggio e l’uomo
Pochi elementi sembrano testimoniare la presenza dell’uomo, il paesaggio appare deserto e desolato ma chi arriva sin qui e subito compensato da uno splendido mare incontaminato, nelle cui acque la leggenda racconta che Enea ed i suoi compagni, profughi Troiani, si sfidassero in gare di nuoto tra la costa ed uno scoglio antistante (lo Scialandro), poco lontano dal massiccio del Cofano. Un visitatore attento e curioso però non si lascia prendere dalla prima impressione e si accorge delle numerose orme lasciate dall’uomo nel passato, che si inseguono per tutto il litorale sul quale s’innalza una maestosa torre di guardia. Le notizie storiche sull’area della riserva non sono numerose, poiché non sono state approfondite le ricerche effettuate tra la fine dell’Ottocento, gli inizi del Novecento e negli anni ’80.
Questi luoghi comunque devono essere stati abitati sin dal Paleolitico Superiore (12.000 a.C. circa) ed è probabile che quello che e stato detto per lo sviluppo della vita umana nella grotta dell’Uzzo, allo Zingaro, possa essere ripetuto anche per gli insediamenti di Monte Cofano. Si potrebbe anche ipotizzare l’influenza dagli Elimi, insediati nei dintorni, ma le tracce evidenti, che sono state individuate sul pendio settentrionale del Cofano, sono frammenti di ceramica databili dal V sec. a.C. al V-VI sec. d.C., oltre ai resti murari punico-romani. Chi avesse voglia ed interesse di arrampicarsi sul monte, a mezza costa troverà una grande cisterna per la raccolta delle piogge, alla quale si arriva da scalini delimitati da pareti intonacate; sul fianco opposto invece, potrà osservare un muro, forse parte della fortificazione di un insediamento, ma di “questi edifici ancora non ci sono notizie certe.
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