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Quando la Sicilia diventa tropicale: la storia di un agricoltore che ha imparato a coltivare papaya e caffè guardando YouTube
di Dario Cataldo
Che cosa significa davvero agricoltura biologica senza agenti chimici? È possibile coltivare frutti tropicali in Sicilia? La risposta si trova a pochi chilometri da Palermo, tra le colline di Terrasini, dove sorge l’Orto di Rosolino, un’azienda agricola che da oltre trent’anni unisce tradizione contadina, sperimentazione e rispetto per la natura.
Una storia di famiglia lunga quasi quarant’anni
L’azienda nasce nel 1986 grazie a Nino Palazzolo, che avvia una coltivazione agrumicola già allora fortemente legata al territorio. Nel 1994 arriva la grande svolta: la conversione al biologico, tra le prime esperienze di questo tipo in Sicilia. È in quegli anni che il giovane Rosolino, spinto dal padre ad affiancarlo in campagna, inizia a coltivare una passione che oggi è diventata professione e missione di vita.
Oggi Rosolino guida l’azienda con lo stesso spirito pionieristico paterno, ampliando la gamma colturale e sperimentando varietà che fino a qualche anno fa sembravano impensabili sotto il cielo siciliano. Con oltre 25 anni di esperienza nel settore biologico, 6mila mq di serre moderne, 2mila mq di tunnel per ortaggi e 15 ettari di frutteti a pieno campo, inclusi quelli tropicali, l’azienda vanta una consolidata esperienza nel settore. Nell’Orto di Rosolino non entrano pesticidi o concimi chimici. La fertilità del terreno è custodita attraverso rotazione delle colture, pacciamatura con erbe falciate, preparati biologici e fermentati naturali, fino alle pratiche di agro-omeopatia. Si tratta di un modello produttivo che tutela la biodiversità e preserva la qualità dei prodotti, mantenendo intatti i sapori autentici della terra.
Le sfide della sperimentazione
Dietro questa realtà non ci sono solo numeri e innovazione, ma anni di tentativi, difficoltà e intuizioni. Lo racconta lo stesso Rosolino Palazzolo: “Le difficoltà che ho avuto per trasformare tutto questo in un’’oasi’, soprattutto con i frutti esotici, sono state tante. All’inizio non avevo nessuno a cui chiedere consiglio: qui non c’erano coltivatori di questi prodotti”. Così Rosolino ho iniziato a documentarsi, a viaggiare.
“Qualcosa poi mi ha aiutato l’università – aggiunge – ma all’inizio ero solo io, tra successi e insuccessi. Per esempio, quando provai con il caffè, non sapevo che servisse un mese e mezzo per far germogliare la pianta: abituato agli ortaggi, dopo una settimana pensavo fosse tutto inutile. Poi ho scoperto che ci voleva pazienza. Altri frutti invece richiedevano impollinazioni manuali, da fare la sera, quando i fiori si aprivano. Pian piano, tra errori e nuove esperienze, sono arrivato a creare quello che oggi sembra normale, come coltivare papaya e mango, ma vi assicuro che non è stato così semplice”.
Rosolino spiega come anche strumenti inaspettati lo abbiano aiutato: “YouTube mi è stato utilissimo: guardavo video di ragazzi che coltivavano nei paesi di origine. Molti erano in spagnolo, lingua che capivo un po’ anche grazie alle somiglianze col siciliano. Poi ci sono stati i viaggi: Tenerife, Costa Rica, Repubblica Dominicana. Sono diventati viaggi di lavoro, per vedere coltivazioni che per noi sono straordinarie, ma lì sono la normalità. Non tutte le mie prove hanno avuto successo: col cacao, per esempio, una gelata mi ha bruciato la pianta. Ma continuo a sperimentare, ora anche con la vaniglia. È un lavoro complesso, ma le soddisfazioni sono tante”.
Dal maracujello al rosso caffè
Accanto alla produzione primaria, l’azienda ha intrapreso anche un percorso di trasformazione che ha già portato a prodotti unici. “Non facciamo solo frutta: abbiamo due liquori, il più noto è il Maracujello, ma da poco produciamo anche il ‘Rosso Caffè’, fatto con la cascara di caffè, cioè la buccia delle ciliegie di caffè. Non esiste nulla di simile sul mercato: chi lo ha assaggiato lo giudica superiore al Maracujello stesso. Poi ci sono le composte, dove litigo sempre col laboratorio perché voglio più frutta possibile”. La papaya, che è la meno ricca, come sottolinea l’imprenditore, arriva all’86% di frutta.
“Usiamo zucchero d’uva brevettato a Mazara e in alcuni casi niente zucchero del tutto, come nelle composte di susine. Tutto viene lavorato sotto vuoto, a 45°, per mantenere integre le proprietà nutrizionali”. L’elenco continua con nettari e spremute, sperimentazioni che vanno dalla papaya all’albicocca, fino a combinazioni come pesca e mango o pesca e passion fruit. “Anche se è faticoso, il mercato reagisce bene – prosegue Rosolino – soprattutto all’estero, in Germania, Spagna e Francia, dove i nostri prodotti vengono apprezzati proprio per la loro autenticità. Chi li assaggia riconosce che dentro c’è solo frutta, senza aromi o additivi. È lì che facciamo la differenza”.
L’Orto di Rosolino non è solo produzione, ma anche esperienza. A Terrasini, in Contrada Pizzo Tondo, i visitatori possono vivere la “Tour Experience”: un percorso tra i campi, degustazioni di frutti tropicali e racconti della vita contadina dalla voce dello stesso Rosolino. L’esperienza, pensata per singoli e gruppi, è stata adattata anche a eventi aziendali, team building, feste private e momenti speciali.
Un modello per il futuro dell’agricoltura siciliana
Oggi l’Orto di Rosolino rappresenta un’eccellenza nel panorama agricolo regionale e nazionale: una realtà che ha saputo trasformare la tradizione familiare in un laboratorio di biodiversità e innovazione. “Il futuro dell’agricoltura – ribadisce Rosolino – è scritto nel rispetto della natura e nella capacità di osare. Qui in Sicilia possiamo fare cose che sembravano impossibili”.
Con il suo lavoro, Palazzolo non solo ha dimostrato che i tropici possono vivere all’ombra della Conca d’Oro, ma ha anche aperto una strada nuova per l’agricoltura siciliana: un’agricoltura che osa, innova e, soprattutto, racconta.
L’orto di Rosolino
Contrada Pizzo Tondo, Terrasini Favarotta (Palermo)
Mobile:
(+39) 3483113365
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