Terrà

L’Ova murina e le Cucchitedde, tra leggenda e fede due dolci saccensi

I due ambienti dove nacque la tradizione dolciaria siciliana furono la famiglia contadina e i monasteri. A Sciacca un tempo vi furono ben quattro monasteri, di cui il Monastero di Santa Maria dell’Itria, detto Badia Grande, ebbe grande importanza nel panorama monastico dell’Isola. A questo monastero sono legate due produzioni dolciarie tipiche saccensi: l’Ova murina e le Cucchitedde. Al di là delle leggende o della storia di tali dolci, essi furono, come accadeva sovente in altri monasteri della Sicilia, mezzo di comunicazione tra chi dentro produceva i dolci e chi fuori li acquistava attraverso la “ruota”. Il valore del prodotto identitario, ed è il caso dei prodotti De.Co. sta nella storia  o nella leggenda narrante della tradizione identitaria, diversamente si tratta solo un mero prodotto commerciale, (tipico) ottimo, ma senza ne anima, ne storia, senza Genius Loci.

Con questi presupposti è nato il percorso Borghi GeniusLoci De.Co, elaborato dalla Libera università rurale dei saperi e dei sapori onlus, inserito tra gli esempi virtuosi del Forum italiano dei movimenti per la terra e il paesaggio e presentato al Poster Session del Forum Pa di Roma, all’Expo di Milano. Un percorso che prevede un modello di De.Co dove gli elementi essenziali di relazionalità sono territorio-tradizioni-tipicità-tracciabilità-trasparenza che rappresentano la vera componente innovativa, ma soprattutto rispettose delle direttive nazionali e comunitarie in materia. Va ricordato che i siciliani hanno avuto storicamente una propensione al consumo di dolci, tanto che in nessun’altra regione ne fu mai inventata, creata, realizzata un così grande quantità. L’abbondanza in fatto di dolci è legata alla ricchezza di prodotti che ci offre il territorio: farina, mandorla, pistacchio, miele, ricotta, e via dicendo. Tutti prodotti che rappresentano gli elementi principali nella preparazione di molti dolci siciliani.

Alcuni di questi prodotti sono stati introdotti in Sicilia dagli Arabi. Il primo ambiente in cui nasce la tradizione dolciaria siciliana è la famiglia contadina. Un’altra fonte di ispirazione dei dolci siciliani è l’ambiente monastico. Anticamente nei monasteri siciliani, di cui 21 nella sola Palermo, venivano preparate le specialità chiamate li cusi duci di li batii specialità tutt’oggi apprezzate e ricercate e che ora vengono prodotte dalle famiglie e dalle abili mani dei pasticceri. L’ambiente monastico, luogo di silenzio, dove le suore si dedicavano alla preghiera e alla contemplazione, era anche luogo dove le suore, in particolare quelle di clausura, si dedicavano alla preparazione di dolci, delle cui ricette erano alquanto gelose, tanto che molte di esse sono andate perdute. In Sicilia ogni festa ha il suo peculiare aspetto gastronomico.

Dagli Arabi, infatti, l’arte di preparare dolci si è trasferita nei conventi, dove è stata portata avanti con entusiasmo, talvolta anche eccessivo: è storico il provvedimento del Sinodo Diocesano di Mazara del Vallo che nel 1575 proibì la preparazione di dolci nei conventi, per non distrarre le monache dalle pratiche religiose durante la Settimana Santa. Nella città di Sciacca vi erano i monasteri dove le suore di clausura erano solite preparare dolci: il Monastero della Badia Grande, il Monastero di Santa Caterina, il Monastero delle Giummare e il Monastero della Chiesa di Loreto (o Badia Piccola). Tra i principali dolci, simbolo della pasticceria saccense, vi sono Ova murine e Cucchitedde.

Le ova murina

Le ova murina sono a base di uova, cacao amaro, mandorle tostate e poi schiaccciate con il matterello: nella preparazione veniva fatta come una frittatina, simile alla crepes, in cui le mandorle schiacciate appaiono come macchie bianche nel composto scuro, ricordando così il pesce murina da cui appunto il dolce prende il nome. Queste frittatine poi, arrotolate come un cannellone, vengono farcite con una crema al latte, comunemente chiamato biancomangiare aromatizzato con cannella e zuccata e pezzetti di cioccolato fondente.

Le cucchitedde

Anche le cucchitedde sono a base di mandorle sgusciate e spellate, dopo essere fatte asciugare per oltre 24 ore in modo da perdere tutta l’umidità. Il tempo dunque era elemento importante, oltre l’amore nel realizzarle. Le mandorle ben asciutte poi venivano macinate e cucinate nello zucchero fatto sciogliere e portato alla cotture del filo grosso, cioè fatto sciogliere con cottura di pochi minuti e successivamente si stendeva su un piano di lavoro di marmo, non appena tiepidi si iniziava a lavorare l’impasto con la spatola di legno. La pasta di mandorla, dopo essere stata impastata e lasciata raffreddata, si prende a palline e schiacciandola con le mani si riempie di zuccata di zucca bianca, ovvero quella di tenerume come viene chiamata nel linguaggio comune. Racchiusa questa cucchitella, le si dà una forma ovale a cucchiaio.

In alcune versioni si parla di dolce a cui la forma veniva data con due cucchiai, ma le monache di clausura facevano anche delle forme a cuoricini quando erano richieste dai fidanzati. La ghiaccia reale o velata veniva posta sopra i cucchitelli, un’altra versione è quella con lo zucchero a velo e un’altra ancora è la cucchitella nera, preparata con cacao. Dopo il 1860, con l’incorporazione dei beni ecclesiastici da parte dello Stato, la preparazione dei dolci e la vendita divenne l’unica fonte di sostentamento per le suore e alcune di esse continuarono vita monacale fuori dai conventi, in abitazione private.

©RIPRODUZIONE RISERVATA





Vuoi ricevere gli aggiornamenti di Terrà per email?

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

Post a Comment