Terrà

Innovazione e business
L’oro siciliano torna a brillare: il riso e la rivoluzione della filiera corta

di Dario Cataldo

La storia del riso in Sicilia è radicata e profonda e oggi torna protagonista, unendo tradizione e innovazione. Dopo secoli di alti e bassi, l’Isola scommette su un prodotto millenario che oggi si coltiva in modo biologico, grazie a terreni mai stanchi. Risultato? La domanda supera l’offerta, i prezzi tengono e gli agricoltori ci credono. In sostanza, in una storia che profuma di riscoperta. Le radici affondano lontano. Diodoro Siculo lo citava già nel I secolo a.C., ma furono gli Arabi, nell’VIII secolo, a trasformarlo in oro per l’economia siciliana. Tassato nel 875 d.C, descritto nei trattati del XII secolo, il riso era un pilastro.

Sebastiano Conti e il padre Giovanni

Poi il declino: nel 1912 si contavano ancora 527 ettari tra Siracusa e Catania, ma le scelte dello Stato unitario lo spiazzarono, favorendo il Nord. A frenare la ripresa, finora, la filiera zoppa: il riso viaggiava oltre lo Stretto, fino a Sibari o al Piemonte, per essere lavorato. Costi alti, tempi lunghi, competitività zero. Ma la svolta è arrivata con un imprenditore catanese che ha detto basta. Nella sua Catania, Nello Conti, ha costruito un impianto dove il cereale nasce, si trasforma e si confeziona. Tutto in casa, tutto siciliano. E così ora il riso dell’Isola non è solo un prodotto ma è anche un simbolo: biologico, sostenibile, richiesto.

“Tutto è iniziato nel 2016 – racconta a Terrà Conti – con un test su una superficie di 6 ettari, grazie a un progetto sviluppato in collaborazione con l’Università di Catania, in particolare con Salvatore Luciano Cosentino, direttore del Dipartimento di Agricoltura, coadiuvato da Paolo Guarnaccia e Paolo Caruso. Grazie alla nostra tecnica agronomica, il test è andato benissimo, e da lì è nata la decisione di proseguire. Oggi coltiviamo circa 150 ettari a riso”.

Quella che sembrava una scommessa azzardata si è rivelata una scelta vincente. La Sicilia, con il suo clima caldo e i terreni fertili, offre le condizioni ideali per questa coltura. La domanda supera l’offerta, i prezzi restano stabili e il prodotto siciliano è sempre più richiesto, soprattutto per la sua qualità biologica. La vera sfida, però, è stata l’acqua, una risorsa sempre più scarsa nell’Isola.

“Nel 2024 – aggiunge l’imprenditore etneo – abbiamo avuto grosse difficoltà a causa della siccità che ha colpito la Sicilia. Nonostante tutto, siamo riusciti a coltivare 60 ettari di riso, grazie a una dotazione idrica ben strutturata. Il nostro fondo agricolo dispone di una rete di adduzione del Consorzio di Bonifica, un pozzo trivellato con una portata di 60 litri al secondo e cinque invasi artificiali realizzati in terra battuta, capaci di raccogliere circa 400.000 metri cubi d’acqua”. Ma il progetto non si ferma alla coltivazione. L’obiettivo è chiudere l’intera filiera, dalla produzione alla trasformazione, fino alla creazione di prodotti finiti che valorizzino al massimo il riso siciliano.

“Il mese prossimo – annuncia – Conti completeremo la nostra linea di trasformazione del riso. Finalmente chiuderemo la filiera: coltivazione, essiccazione e trasformazione. Ma vogliamo andare oltre, creando un prodotto simbolo della nostra terra: un arancino 100% siciliano, realizzato con materie prime biologiche e locali”. Le potenzialità del riso in Sicilia sono enormi. La pianta si adatta bene ai terreni di medio impasto, ben livellati e con una buona disponibilità idrica. “Se coltivato nelle giuste condizioni – conclude Conti – il riso può rappresentare un’ottima alternativa alle colture primaverili-estive dal minor reddito”.

I numeri confermano questa visione. Con una domanda in crescita, il settore potrebbe espandersi ulteriormente, offrendo nuove opportunità economiche e occupazionali. La riscoperta del riso siciliano non è solo un fenomeno agricolo, ma un simbolo di un’isola che valorizza la sua storia e investe nel futuro. Con un prodotto sostenibile, biologico e a filiera corta, la Sicilia si riprende un pezzo della sua identità agricola, dimostrando che anche nelle terre più aride si può coltivare prosperità.

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