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Le servitù irregolari, autonomia privata e sfruttamento delle utilità fondiarie

di Mariangela Miceli

La “Giustizia” risponde è una rubrica curata dall’avv. Mari Miceli al fine di offrire dei contributi dal mondo del diritto sia agli imprenditori agricoli, sia a associazioni di categoria nonché professionisti. In tal senso, potete porre i vostri interrogativi o temi per un confronto inviando a redazioneterra@psrsicilia.it

Il principio dell’autonomia negoziale di cui all’art. 1322 c.c. (che si pone anche in rapporto al principio posto dall’art. 41 Cost., secondo cui l’iniziativa economica privata è libera) consente alle persone fisiche e agli enti (riconosciuti e non) di regolare i propri interessi relativi allo sfruttamento delle utilità fondiarie, evitando sostanzialmente il rigore della tipicità dei diritti reali su cose altrui, attraverso la costituzione di rapporti meramente obbligatori. A questo riguardo, l’attuale facoltà attribuita, come conferma la giurisprudenza, all’ordinamento trova ampio riscontro nella prassi negoziale romana, che non si limitava a seguire gli schemi elaborati dai giuristi con riguardo al concetto di ius in re aliena.

Si tendeva, infatti, a configurare negozialmente i rapporti per rispondere a esigenze concrete, moltiplicando i contenuti delle servitù latamente intese; la giurisprudenza romana provvedeva, poi, di volta in volta, ad accogliere il rapporto pratico nello schema dello ius predii (servitù prediale: D. 8, 3, 3) o a porlo fra i rapporti obbligatori (D. 8, 4, 13 pr.; D. 33, 1, 12) oppure entro un diverso schema reale, come l’usufrutto o l’uso (D. 8, 3, 6 pr.; D. 7, 1, 32). Anche secondo l’ordinamento vigente, in cui, senz’altro per i diritti reali, un’opera di discernimento è posta in essere grazie all’intervento professionale del notaio, è possibile — invece di prevedere l’imposizione di un peso su un fondo (servente) per l’utilità di un altro (dominante), in una relazione di asservimento (che si configura come una qualitas fundi) del primo al secondo — stabilire un obbligo personale, avente natura di servitù irregolare, configurabile quando il diritto attribuito sia previsto per un vantaggio della persona o delle persone indicate nel relativo atto costitutivo, senza alcuna funzione di utilità fondiaria. Si pone, in tal modo, la questione delle servitù irregolari, che si presenta nel nostro ordinamento a partire dal codice abrogato.

Servitù irregolari e atti di destinazione ex art. 2645 ter c.c.

Da ultimo, la questione delle servitù irregolari è stata ripresa con riguardo all’introduzione nell’ordinamento dell’art. 2645 ter c.c., secondo il quale gli atti in forma pubblica, con cui beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri, vengono destinati, per un periodo non superiore a novanta anni o per la durata della vita della persona fisica beneficiata, alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela (art. 1322, comma 2, c.c.), riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche, possono essere trascritti al fine di rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione. Sempre tale norma prevede, inoltre, che i beni conferiti e i loro frutti possono essere impiegati solo per la realizzazione del fine di destinazione.

Si è osservato che “il diritto a favore del beneficiario presenta notevoli punti di contatto con altre situazioni soggettive di diritto sostanziale rapportabili in qualche modo ai diritti reali”, anche se si rileva che “sembra perlomeno strano rapportare a un diritto reale una situazione soggettiva, quella del beneficiario, dove il godimento del bene può avere una durata di gran lunga superiore a quella massima dell’usufruttuario ed è una facoltà del tutto speciale in quanto costituisce il riflesso di un impegno volto a realizzare (non a rispettare, si badi, come nell’usufrutto) una destinazione impressa, destinazione che il conferente deve positivamente mantenere”.

In ogni caso, “non può negarsi che il meccanismo del vincolo possa essere adottato per ‘imitare’ qualche singolo diritto reale, per ottenere risultati ulteriori (magari in violazione) rispetto al diritto reale tipico”, per cui il principio dell’art. 2645 ter c.c. presenta un “non disprezzabile significato nel superare certe attuali carenze riguardanti i diritti reali di godimento” e, in particolare, la norma menzionata viene proposta in relazione al disposto dell’art. 1028 c.c., riguardante la destinazione industriale del fondo. Si ritiene, infatti, che possa essere utilizzato per realizzare una fattispecie rapportabile alla servitù aziendale. La ratio del vincolo viene individuata nella possibilità di circolazione del diritto insieme con l’azienda, poiché la persona fisica beneficiaria appare tale anche per il suo collegamento con l’impresa.

In tale fattispecie, la circolazione è, comunque, sempre collegata alla determinabilità di un certo beneficiario. “Ovviamente sarà l’autonomia privata che dovrà chiarire il punto (anche per quanto concerne la cedibilità per consenso anticipato del costituente il vincolo) e, sempre ovviamente, la trasmissibilità sarà apprezzata sotto il profilo del ‘meritevole'”. In altre parole, il costituente il vincolo può prevedere che la destinazione di un bene sia correlata ai bisogni di ‘quel’ beneficiario come fine primario e in questi casi, salvo eccezioni, la regola sarà l’incedibilità. Ma può essere che la ragione del vincolo consista, invece, nell’esaltare gli aspetti valoristici di un bene (ad esempio quando il vincolo concerne un’azienda) in quanto collegato ad un soggetto che si vuole favorire e, in questi casi, mi sembra, la soluzione dovrà intendersi rovesciata e ben potrà ritenersi cedibile la posizione soggettiva, ad esempio, a favore del nuovo titolare dell’azienda.

Servitù irregolari e numero chiuso dei diritti reali: le servitù prediali soggettivamente atipiche e l’orientamento comune

Secondo quanto comunemente si ritiene, la limitazione (consistente in uno speciale servizio o una particolare utilità) del diritto di proprietà, che gravi su un fondo a vantaggio (non di un altro fondo, ma) della persona del singolo proprietario del fondo finitimo oppure di un soggetto terzo, non dà luogo alla costituzione del diritto reale di servitù prediale. La servitù prediale, infatti, viene definita dall’art. 1027 c.c. come il peso imposto sopra un fondo per l’utilità di un altro fondo appartenente a un diverso proprietario. Il concetto di utilitas, intesa questa come elemento costitutivo delle servitù prediali, non si riferisce ad elementi soggettivi ed estrinseci relativi all’attività personale svolta dal proprietario del fondo dominante, ma va ricondotto al solo fondamento obiettivo e “reale” dell’utilità stessa, sia dal lato attivo sia da quello passivo.

L’utilitas costituisce, infatti, un vantaggio diretto del fondo dominante come mezzo per la sua migliore utilizzazione. Per il principio (non espresso, ma comunemente ritenuto sottostante all’ordinamento) del numerus clausus dei diritti reali, una situazione giuridica “reale-personale”, che attribuisce il godimento di servizi o utilità, che potrebbero essere il contenuto di servitù prediali, a un soggetto, indipendentemente da un’utilità fondiaria, non appare potersi costituire con un negozio giuridico, poiché la servitù prediale irregolare non sembra autonomamente configurabile nell’ordinamento vigente. In particolare, non appare potersi fare riferimento all’art. 1063 c.c., secondo cui l’estensione e l’esercizio della servitù sono regolati dal titolo e, solo se questo manca, dalle disposizioni di cui agli artt. 1064 ss. c.c.

Le facoltà attribuite all’autonomia negoziale dalla norma menzionata, infatti, devono comunque inquadrarsi nella definizione di servitù prediale contenuta nell’art. 1027 c.c. Il termine irregolare, viene usato per contrapporre il diritto in esame alle posizioni “regolari” e tipiche, le quali ultime richiedono l’utilità e normalmente la vicinanza del fondo dominante, che invece non sono considerati nella servitù irregolare. In base a tale schema bipartito, costituisce una servitù regolare quella di passaggio su un fondo a favore di un diverso fondo, mentre è irregolare, poiché differente dalla servitù prediale nominata (individuata dall’art. 1027 c.c.), quella che attribuisce ad un soggetto il diritto di passare sul fondo altrui al fine di esercitarvi la caccia o la pesca.

La tesi dell’ammissibilità di alcune servitù prediali soggettivamente atipiche (servitus personae)

Argomento fondamentale per escludere la possibilità delle servitù prediali costituite a favore di una persona è la mancanza di un tale istituto nel diritto romano, le cui linee vengono richiamate dal legislatore e dalla dottrina per giustificare l’assetto dato al diritto reale in esame. A fronte di quest’orientamento maggioritario, si ha comunque la diversa tesi secondo cui si deve riconoscere anche la servitus personae o hominis, che si distingue dalla servitù prediale (perché è attribuita ad una singola e determinata persona), come dall’usufrutto e dall’uso (poiché attribuisce non un godimento generale, ma solo singole e determinate facoltà sul fondo altrui e poiché si può costituire solo a favore di una persona, in quanto sia proprietaria di un fondo — D. 34, 1, 14, 3: est servitus personae, tamen ei qui vicinus non est inutiliter relinquitur).

Si tratta, dunque, di un diritto reale (D. 8, 3, 5 pr. accorda la vindicatio), che ha il contenuto di una servitù prediale ed è costituito sempre a carico di un fondo e a favore di un fondo, quantunque limitatamente ad una determinata persona; ma presenta affinità con l’usufrutto, poiché la sua durata è collegata alla vita del titolare. Tale diritto reale potrebbe non essere escluso anche nell’attuale ordinamento, poiché “non esorbita dalla nozione di servitù prediale fissata dalla legge, giacché la servitus personae viene ad essere costituita sempre a vantaggio di un fondo. Si noti che nel nostro Codice manca la dichiarazione che si trova nel Codice Napoleonico, il quale esclude ogni servitù ni à la personne, ni à faveur de la personne, mais seulement à un fond et pour un fond”.

In definitiva, si giunge alla conclusione che le attuali disposizioni “consentono la possibilità di una servitù prediale a favore di una determinata persona”, che presenta “a suo favore la autorità della pura tradizione romanistica”. A nostro avviso, gli effetti giuridici di una servitus personae non divergono da quelli di una servitù prediale a termine (ove la durata è individuata con quella della vita del beneficiario), che viene comunemente ammessa. A questo riguardo, si è, ad esempio, deciso che un diritto di passaggio può ritenersi di natura personale (a contenuto obbligatorio), e non reale (servitù prediale), solo in quanto sia previsto esclusivamente per un vantaggio delle persone indicate nel relativo atto costitutivo ed inoltre senza alcuna funzione di utilità fondiaria; la natura personale del diritto non è desumibile unicamente dalla sua costituzione a favore di un soggetto determinato e dei suoi eredi, essendo ravvisabile in questo riferimento soggettivo semplicemente un termine finale (incerto), compatibile con la struttura della servitù.

Mariangela Miceli

Avvocato del Foro di Trapani, dottoressa di ricerca in diritto commerciale, è consulente tecnico per il Fondo FEASR presso l´assessorato dell´Agricoltura, dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea della Regione siciliana. Autrice di pubblicazioni scientifiche. Contributor per il blog Econopoly24 del Sole24ore. Collaboratrice per il Vol. “L´interpretazione del diritto” a cura di F. Caringella ed. Dike; co - autrice del testo edito da Giuffrè “Criptoattività, criptovalute e bitcoin”, a cura di Stefano Capaccioli. E. tra le altre cose, curatrice e relatrice del Convegno “un’altra vita: dal codice rosso alla rete sociale”, patrocinato dall´Unesco.

Mariangela Miceli

Avvocato del Foro di Trapani, dottoressa di ricerca in diritto commerciale, è consulente tecnico per il Fondo FEASR presso l´assessorato dell´Agricoltura, dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea della Regione siciliana. Autrice di pubblicazioni scientifiche. Contributor per il blog Econopoly24 del Sole24ore. Collaboratrice per il Vol. “L´interpretazione del diritto” a cura di F. Caringella ed. Dike; co - autrice del testo edito da Giuffrè “Criptoattività, criptovalute e bitcoin”, a cura di Stefano Capaccioli. E. tra le altre cose, curatrice e relatrice del Convegno “un’altra vita: dal codice rosso alla rete sociale”, patrocinato dall´Unesco.

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