Terrà

Il progetto Innovameat
La carne di bufala si fa sistema: il progetto Innovameat presenta la nuova visione agroalimentare

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di Dario Cataldo

C’è un’immagine, più delle altre, che restituisce l’essenza del progetto Innovameat: quella di una filiera che ricuce i legami tra agricoltura, ambiente e salute, trasformando ciò che prima era considerato un rifiuto – la sansa d’oliva – in un elemento nobile di un sistema alimentare nuovo. Un’immagine che si è fatta concretezza grazie a un’idea tanto semplice quanto ambiziosa: nutrire i bufali siciliani destinati alla produzione di carne con mangimi arricchiti da sottoprodotti dell’industria olivicola locale.

E dimostrare, dati alla mano, che da quella scelta è possibile ottenere una carne più sostenibile, più sana e più vicina al territorio. Finanziato dal PSR Sicilia 2014–2022, nell’ambito della Misura 16.1 dedicata ai Gruppi Operativi del Partenariato Europeo per l’Innovazione, il progetto ha avuto una durata di 11 mesi e ha visto il coinvolgimento di università, aziende agricole, centri di ricerca e imprese del settore agroalimentare, coordinati dalla cooperativa Masserie del Sole. L’obiettivo era duplice: da un lato, sperimentare nuove pratiche alimentari nel ciclo di ingrasso dei bufali maschi di razza Mediterranea Italiana; dall’altro, costruire un modello replicabile di economia circolare, capace di generare valore aggiunto lungo tutta la filiera.

La sansa – il residuo della lavorazione delle olive – è diventata così il fulcro di una strategia alimentare innovativa, in grado di migliorare la salute animale, la qualità del prodotto finale e l’impatto ambientale del processo produttivo. “Il progetto Innovameat si conclude con risultati tangibili e facilmente replicabili, contribuendo in modo significativo alla costruzione di una filiera integrata, basata su principi di sostenibilità ambientale, sicurezza alimentare e benessere animale”, dichiara Danilo Scalone, Innovation Broker del progetto e referente scientifico. Una dichiarazione che fa da sintesi perfetta a quanto emerso nei mesi di ricerca, sperimentazione sul campo e analisi scientifica.

I risultati della ricerca

Il cuore dello studio ha coinvolto 60 bufali suddivisi in tre gruppi omogenei, di cui due alimentati con mangimi contenenti il 7% di sansa denocciolata ed essiccata. I risultati sono eloquenti: il gruppo alimentato con sansa ha evidenziato una maggiore resa alla macellazione (261 kg di carcassa contro i 239 kg del gruppo di controllo) e un contenuto significativamente più alto di polifenoli totali nella carne (164,13 mg/kg contro 86,85). Anche sul piano nutrizionale, il profilo lipidico si è rivelato più favorevole: aumento degli acidi grassi insaturi (MUFA e PUFA) e diminuzione di quelli saturi (SFA), con un miglioramento degli indici di rischio cardiovascolare, sia aterogenico che trombogenico.

Ma Innovameat non si è limitato ad analizzare i benefici nutrizionali. Il progetto ha abbracciato l’intero ciclo produttivo, integrando strumenti di valutazione ambientale come l’analisi del ciclo di vita (LCA), che ha evidenziato un’importante riduzione delle emissioni di gas serra e un miglior utilizzo delle risorse. L’uso della sansa, infatti, ha ridotto la dipendenza da mangimi importati ad alto impatto ambientale, promuovendo ingredienti locali a basso costo e alta efficienza. Non solo: ha trasformato un potenziale rifiuto in una risorsa, abbattendo i costi di smaltimento e rafforzando l’identità territoriale della filiera bufalina siciliana.

Innovazione nei processi di trasformazione

L’approccio di Innovameat ha coinvolto anche la fase di trasformazione della carne, con la produzione di salumi fermentati arricchiti da colture starter microbiche funzionali, selezionate per la loro capacità di sintetizzare acido linoleico coniugato (CLA), noto per i suoi effetti benefici sulla salute umana.

I test microbiologici hanno confermato la sicurezza dei prodotti, mentre le valutazioni sensoriali hanno dimostrato un’ottima accettabilità da parte dei consumatori. Il tutto, senza trascurare l’attenzione al benessere animale, garantito da sistemi di allevamento più liberi e da un’alimentazione naturale, conforme ai principi del disciplinare QS Sicilia – marchio di qualità regionale verso il quale il progetto ha contribuito in modo decisivo.

Il nuovo disciplinare e la valorizzazione della filiera

Proprio l’elaborazione di un nuovo disciplinare rappresenta uno degli esiti più strategici del progetto. Un insieme di regole tecniche, scientificamente fondate, che definiscono requisiti qualitativi, ambientali e di tracciabilità per la produzione di carne bufalina siciliana. Un passo importante verso la certificazione di un prodotto che, fino a poco tempo fa, rischiava di rimanere nell’ombra della ben più nota filiera lattiero-casearia. Oggi, grazie a Innovameat, la carne di bufalo si candida a diventare un simbolo di innovazione agroalimentare siciliana: un prodotto sano, sostenibile e fortemente identitario.

I benefici si misurano a più livelli: economico, per le aziende che possono ridurre i costi e differenziare l’offerta; ambientale, per l’effettiva riduzione dell’impronta ecologica dell’allevamento; sociale, per il rafforzamento delle sinergie tra settori e territori. Il valore della ricerca scientifica, in questo contesto, non è fine a sé stesso, ma si traduce in strumenti concreti per migliorare le produzioni, rispondere alla domanda di qualità e aprire nuovi spazi di mercato, anche internazionali.

Un modello esportabile dalla Sicilia

In una regione come la Sicilia, dove coesistono vocazioni agricole millenarie e un bisogno sempre più pressante di modernizzazione sostenibile, Innovameat rappresenta un caso di scuola. Un modello esportabile, capace di integrare esigenze ambientali, istanze nutrizionali e opportunità economiche. Un progetto che ha avuto il coraggio di ripensare l’intera filiera, riscrivendone i paradigmi a partire da un semplice gesto: cambiare ciò che si mette nella mangiatoia.

È da lì che comincia la rivoluzione silenziosa della carne bufalina siciliana. Una rivoluzione che parla di scarti che diventano risorse, di animali più sani, di carni più buone e tracciabili. Una rivoluzione che non resta sulla carta, ma che – come dimostra Innovameat – si può fare davvero, qui e ora.

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